C’è grande confusione e soprattutto allarme, come non accadeva da tempo, dopo l’episodio di terrorismo di marca jhadista accaduto a Londra. Ne fanno le spese i media, che forse dovrebbero distinguere meglio le notizie in questione rischiando di generare un clima di paura. La notizia diffusa nelle ultime ore per cui l’Italia sarebbe nel mirino del terrorismo jihadista insieme ad altri paesi europei, con allarme per possibili attentati a stazioni di rifornimento benzina e luoghi pubblici, ci spiega Stefano Piazza, esperto di terrorismo e sicurezza, in realtà è un comunicato risalente a qualche tempo fa e già verificato dalla nostra intelligence. In Italia non c’è un allarme terrorismo. Ma è anche vero, ci dice, che siamo ancora in pieno clima di attacchi, nonostante si sia pensato che il peggio è passato. Cade anche la vecchia teoria dei “lupi solitari”, personaggi spesso con disturbi mentali che subiscono la propaganda islamista e da soli si lanciano a fare stragi. Il protagonista di Londra infatti ha una lunga storia alle spalle e soprattutto faceva parte di una cellula con più componenti, spiega Stefano Piazza, nota alla polizia. “Conosco Usman Khan, l’attentatore del London Bridge, è nel mio database di  migliaia di possibili terroristi. Sospettato di far parte di gruppi islamisti radicali già nel 2010, era stato arrestato nel 2013 perché appartenente a una cellula di nove persone che stavano progettando piani importanti, come una attentato alla borsa di Londra, l’omicidio dell’allora sindaco di Londra Boris Johnson, far saltare in aria delle sinagoghe. A 17 anni era già nei radar dell’antiterrorismo. Una volta in carcere, come succede sempre, si era radicalizzato ancora di più e quindi è uscito dopo aver scontato solo metà della pena, pochi anni”. Facciamo notare a Piazza che Khan aveva un braccialetto elettronico, dunque era monitorato dalla polizia, ma questo non gli ha impedito di tentare una strage: una falla dei servizi di sicurezza inglese? Anche Boris Johnson lo ha detto: “Il killer di London Bridge, Usman Khan, aveva scontato solo metà della sua pena, è chiaro che il sistema non funziona”. 



“IMPOSSIBILE MONITORARE TUTTI I SOSPETTI TERRORISTI”

Ci risponde Piazza che “è impossibile monitorare i loro spostamenti, i sospetti o i condannati come Khan in Inghilterra sono tantissimi, sono migliaia. Sono originari del Pakistan, dell’India, del Bangladesh. Per monitorare una persona 24 ore su 24 ci vogliono 20 agenti. Negli ultimi tempi la polizia inglese ha subito il taglio di almeno 20mila agenti per via della spending review, non sono in grado di controllarli tutti”. Un’altra cosa drammatica, ci dice ancora, è che Usman Khan faceva parte della prima ondata di terrorismo islamico, quella ancora appartenente ad al Qaeda, non allo stato islamico. “Adesso faremo i conti con l’ondata dello stato islamico. Sono usciti i primi condannati come Khan e considerando che le carceri sono una fabbrica di jihadisti, ben presto avremo in giro una secondo ondata di potenziali terroristi. È un quadro allarmante”. L’Italia però ha dimostrato che è possibile reagire, ogni volta che un sospetto terrorista è stato arrestato, è stato espulso: “L’Italia infatti è all’avanguardia in Europa. Quando viene fermata una persona con la cosiddetta binazionalità, in questo caso un inglese con passaporto pachistano, viene immediatamente rimandato al suo paese d’origine. È quanto è stato inserito nel secondo decreto sicurezza e che paesi come Belgio, Germania e Olanda ci stanno copiando. È l’unico modo per difendersi”. Concludendo l’episodio di Londra ha colpito la reazione dei cittadini inglesi, che hanno fermato e disarmato il terrorista prima dell’arrivo della polizia: “La gente ne ha abbastanza, è stufa di essere minacciata e aggredita, stufa di vivere in un clima di terrore. Anche rischiando la vita, la gente comincia a reagire”.



 

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