La giunta regionale dell’Emilia Romagna, guidata dal Dem Stefano Bonaccini, ha approvato per il 2024 un nuovo “incentivo” per l’agricoltura, che persegue l’obiettivo di diminuire l’impatto del cambiamento climatico. Il sussidio, però, non consiste in incentivi all’acquisto, per esempio, di macchine agricole non inquinanti, o per la produzione energetica tramite fonti rinnovabili, ma per interrompere per 20 anni la produzione. Un testo, quello dell’Emilia Romagna, fortunatamente unico sul territorio italiano (e forse europeo), che è stato inserito dalla giunta di Bonaccini all’interno dei progetti green dell’Ue, secondo alcuni per cavalcare l’onda ambientalista in vista delle ormai prossime elezioni europee.
L’Emilia Romagna e i fondi per interrompere l’agricoltura
Procediamo, però, per ordine, comprendendo in cosa concretamente consista il testo green sull’agricoltura approvato in Emilia Romagna e che dovrebbe entrare in vigore all’inizio di questo 2024. Tramite un bando pubblicato online ed inserito nel contesto dello “Sviluppo rurale”, si chiede agli agricoltori il “ritiro dei seminativi dalla produzione”, in cambio di una cifra annuale tra i 500 (in collina) e i 1.500 (in pianura) euro ad ettaro non coltivato, con una durata di almeno 20 anni, che allo stato attuale non è chiaro se sarà prorogabile.
Insomma, agli agricoltori dell’Emilia Romagna è stato chiesto di abbandonare in toto i loro campi per i prossimi 20 anni, in cambio dell’irrisoria cifra di 500/1.500 euro ad ettaro annuali. Nel bando, tra le ragioni vengono citate le classiche questioni green, tra cambiamento climatico, emissioni di gas serra e sviluppo sostenibile. Tuttavia, sono parecchi i critici al testo che evidenziano, oltre agli evidenti danni in cui incapperebbero gli agricoltori dell’Emilia Romagna, anche il fatto che la produzione agricola negli ultimi anni è già diminuita in modo considerevole. Infatti, secondo un report locale, nel 2020 si contavano solamente 53mila aziende agricole, meno di un terzo delle 170mila che si registrarono nel 1982. Diminuzione che si è accompagnata anche a quella dell’effettivo suolo coltivabile, che rispetto allo stesso anno è calato del 25% (o del 18% considerando quella effettivamente utilizzata).