A circa una settimana di distanza dall’ultima tragedia che ha coinvolto l’Emilia-Romagna – al centro della seconda distruttiva alluvione nell’arco di poco più di un anno – tra il conteggio dei danni e la caccia delle responsabilità (che ha portato, come da copione, all’ennesimo scontro tra Governo e Regione) arriva l’indiscrezione sull’apertura di una possibile inchiesta che definirà chiaramente chi ha reso il territorio emiliano così tanto fragile: dietro – rivela il quotidiano La Verità – potrebbe esserci il Pm ravvenate Francesco Coco che ha deciso di partire da un sopralluogo nelle aree di Traversara (vicino a Bagnacavallo) soggette all’esondazione del Lamone.



Una (per ora, è bene dirlo, ipotetica) inchiesta che si unirebbe a quella già aperta dopo i fatti tragici che hanno coinvolto l’Emilia-Romagna lo scorso maggio e che costarono la vita a ben sette persone disperse nell’impeto e nella furia di piogge e fiumi; ma è interessante soffermarci proprio sul fatto che Coco sia partito da Traversara e dal Lamone – peraltro esondato anche in parte a causa dei lavori di messa in sicurezza che hanno portato all’abbandonano di centinaia di tronchi che hanno formato una sorta di diga durante l’alluvione dei giorni scorsi -, già oggetto di un piano di bonifica avviato ben prima del maggio dello scorso anno.



I tagli Dem alle opere urgenti in Emilia-Romagna: l’esondazione del Lamone e del Sillaro si poteva evitare

Verrà da chiedersi: ma se il Lamone era stato messo in sicurezza, perché oggi ne parliamo come di uno dei ‘responsabili’ delle esondazioni in Emilia-Romagna? La risposta è semplice e a darcela è – ancora una volta – il quotidiano La Verità che ha scoperto l’esistenza di alcune carte con cui l’amministrazione Dem regionale avrebbe disposto lo scorso febbraio 2023 il rinvio dell’opera già avviata; il tutto – quasi ironicamente – per stanziare parte dei fondi già collocati sulla messa in sicurezza del nodo idrico tra Parma e Colorno.



Inizialmente per la bonifica del Lamone l’Emilia-Romagna aveva disposto qualcosa come 1,2 milioni di euro che a febbraio sono stati ridotti a poco più di 300mila euro del tutto inadatti ad un lavoro di tale entità (e qui potremmo anche rispondere alla sottintesa domanda sul perché quei tronchi non siano stati rimossi dopo l’abbattimento); ma come se non fosse già abbastanza il Lamone non è stato l’unico protagonista dei tagli operati dai Dem per salvare – almeno con successo – il nodo idrico di Parma, perché lo stesso identico copione si ripete anche sul torrente Sillaro.

Quest’ultimo scorre nell’area bolognese dell’Emilia-Romagna e – neanche a dirlo – qualche giorno fa è esondato lasciando parzialmente al buio e bloccato il capoluogo emiliano: in questo caso i soldi collocati inizialmente dei Dem capitanati (all’epoca) da Bonaccini erano circa 3 milioni che furono tagliati a poco più di 600mila euro per rimpolpare le casse del progetto Parma-Colorno (che contò la bellezza di 3,2 milioni grazie ai tagli); ma resta da capire perché a fronte di miliardi di euro di fondi emergenziali mai utilizzati, l’Emilia-Romagna ‘rossa’ non abbia provveduto alla riprogrammazione di due interventi che avrebbero potuto salvare sia Traversara che Bologna.