Emilio Fede ha da poco perso sua moglie, Diana De Feo. L’uomo, novant’anni da poco compiuti, ha preso parte ai funerali della moglie nei giorni scorsi e sulle colonne del quotidiano “Il Dubbio” ha manifestato tutto il suo profondo dolore per il lutto subìto. L’ex direttore del Tg4 si è detto impegnato nella ricerca di un se stesso perduto, in quanto il vuoto lasciato dalla sua consorte è incolmabile, aggiungendo che piangerà la sua scomparsa fino alla fine della mia vita. Un piccolo conforto, però, deriva “dalle parole nobili che sono state spese nei suoi confronti nel ricordarla il giorno del funerale. Diana è stata una donna straordinaria da un punto di vista umano e professionale”.
Fede sta attualmente scontando una pena di quattro anni e sette mesi per il suo coinvolgimento nel caso Ruby e, in questo suo “percorso”, ha rivelato di avere conosciuto una “donna straordinaria”, la dottoressa Panariello: “Quando sono finito anche io nel calderone dei domiciliari, mi ha convocato. Mi ha parlato per mezz’ora e mi ha detto delle cose di grande affetto ed effetto. Evidentemente ha sempre portato sotto la toga un cuore e non soltanto un codice penale. Ha fatto molto per la giustizia e per coloro che si sono imbattuti nella giustizia non sempre senza sofferenze”.
EMILIO FEDE: “LA GIUSTIZIA MI HA COLPITO, MA NON FERITO”
Emilio Fede, a “Il Dubbio”, ha confessato che la giustizia lo ha colpito, ma senza ferirlo. Sia ben chiaro che anche in questo settore “ci sono tanti professionisti che meritano rispetto”, ma sia altrettanto chiaro che in alcune situazioni è stata fatta “una mortificazione terrificante dell’essere umano”. Tuttavia, secondo l’ex direttore del Tg4 la legge per affermarsi non deve subire gli sprechi dell’onestà: “Quando si va in tribunale e si guardano le persone in toga, ci si deve ricordare delle persone che hanno difeso la giustizia sacrificando la propria vita. Come del resto accaduto per tanti giornalisti”.
Emilio Fede crede ancora nella giustizia, ma ritiene che debba rispettare i condannati, intesi come essere umani. Le riflessioni sulla detenzione si fanno sempre più profonde. “Penso alla vita di chi in cella vede trascorrere gli anni della propria vita con grande sofferenza fisica. Ho sempre cercato di capire che la giustizia si deve affermare, ma non sacrificando la vita delle persone”. Insomma, secondo il giornalista la giustizia è tale quando, prima di tutto, rispetta se stessa e deve avere un volto umano, non dimenticandosi di chi in carcere soffre, condannati o in attesa di giudizio.