“Detesto l’idea di sopravvivere, ho sempre voluto vivere, appassionatamente. Oggi sono una donna innamorata, un’attrice, ma anche una madre di tre figli e perfino una nonna”. Periodo ricco di impegni per Emmanuelle Béart, che ai microfoni della Stampa ha ripercorso la sua carriera, che l’ha visto protagonista tra Stati Uniti ed Europa, al fianco dei più grandi maestri di cinema.



In particolare Emmanuelle Béart si è soffermata sull’esperienza in Mission Impossible: “E’ stato molto divertente lavorare in ‘Mission: Impossibile’, ero poco più che una ragazzina, mi piaceva moltissimo. Poi sono andata a Los Angeles per il lancio del film e ho cominciato a sentire il desiderio forte di tornare a casa, stavo male, non ero pronta a lasciare il mio Paese, i miei film francesi, anche quelli d’autore, difficili da mettere in piedi finanziariamente”.



L’intervista a Emmanuelle Béart

Emmanuelle Béart ha poi parlato dell’esperienza in Italia, ne “Il viaggio di Capitan Fracassa” di Ettore Scola, a metà strada tra l’incubo e l’avventura: “Era veramente un gran casino, non avevo mai lavorato prima con italiani, e ho capito che si può anche impazzire. Se chiedevo qualcosa mi rispondevano tutti ‘ma sì, che bello, facciamo così’, e poi non succedeva niente”. L’attrice transalpina ha ricordato le assenza di Scola perché impegnato nelle riunioni del Partito Comunista: “Così il direttore della fotografia Luciano Tovoli, io e anche Marcello Mastroianni eravamo lì che aspettavamo per ore. C’era anche Ornella Muti, una vera diva, non capisco come facesse a essere così paziente”. E Emmanuelle Béart arrivò alla ribellione: “Io non ne potevo più, un giorno sono fuggita dal set, con addosso gli abiti di scena, con quei tempi di lavorazione pensavo che non sarei mai riuscita a tornare a casa. Però, in quelle riprese, c’era anche una magia infinita, i costumi, le scenografie, tutto magnifico”.

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