Il presente testo è tratto da:
James Jeans, The Stars in their courses, Cambridge University Press, 1931, pp. 44-47
«Non appena osserviamo il mutevole panorama del cielo, di un tempo qualcosa come due o tre miliardi di anni orsono, notiamo una stella che gradualmente aumenta in brillantezza sino a che sorpassa in splendore tutte le altre stelle e finalmente incomparabilmente più brillante di come è Sirio oggi.
Essa appare splendente perché molto vicina, piuttosto che per la sua intrinseca brillanza; in effetti si è avvicinata in modo straordinario al Sole. E come osserviamo, essa diventa sempre più vicina; sta puntando direttamente verso il Sole. Non è più un semplice punto di luce. La vediamo come un grande disco. Ed ora è giunta così vicino che i suoi effetti meccanici iniziano a mostrarsi.
Come la Luna, per la sua vicinanza alla Terra solleva maree nel nostro oceano, così questo corpo enormemente massiccio, per la sua vicinanza, sta sollevando maree nella infiammata atmosfera del Sole. Poiché esso è molto più massiccio della Luna, queste maree sono incomparabilmente più grandi di quelle che la Luna alza sulla Terra.
Esse divengono così grandi che, in un punto subito sotto la stella, l’atmosfera del Sole è tratta su a formare un’immensa montagna alta parecchie migliaia di chilometri. Questa montagna viaggia lungo la superficie del Sole, mantenendosi sempre sotto la stella che la origina, quando quest’ultima si muove sulla sua traiettoria attraverso lo spazio. All’antipodo della superficie solare, un’altra montagna (ma più piccola) si mantiene sempre opposta alla prima. Non appena la stella si avvicina sempre di più, queste montagne di marea continuano ad aumentare in altezza, fino a che finalmente, quando l’altra stella è così vicina da riempire una gran parte del cielo, interviene un nuovo scenario. Così la trazione dovuta alla gravitazione è divenuta tale da tirare su la sommità della montagna più grande opponendosi all’attrazione gravitazionale propria del Sole.
Ora la seconda stella viene così vicina che il bilanciamento tra le due attrazioni bruscamente scivola nell’altro senso, la seconda stella sorpassa il Sole nel tiro gravitazionale e la sommità della montagna si slancia verso di essa. Come questa fa diminuire la pressione sulle parti più basse della montagna queste anche si slanciano verso l’alto, e poi le parti sotto esse e così via, cosicché una completa corrente di materia si slancia via dal Sole verso la seconda stella.
Se questa ultima viene continuamente più vicina al Sole, l’estremità del getto di materia la potrebbe raggiungere in un certo tempo e la sostanza del getto unirebbe le due stelle insieme come la barra di un manubrio. Effettivamente l’altra stella non è puntata direttamente verso il Sole; dopo essere venuta invero molto vicina, essa finalmente passa via seguendo la sua traiettoria senza effettiva collisione. Non appena si allontana il suo tiro mareale diminuisce. Non più materia viene estratta dal Sole e il getto che è già venuto fuori forma un lungo filamento di gas caldo sospeso nello spazio.
Come forma esso è piuttosto quasi un sigaro appuntato alle due estremità. Il punto che è più lontano ora dal Sole era in origine il picco della montagna mareale. La spessa parte mediana del sigaro consiste di materia che venne via copiosamente quando la stella era più vicina e il suo tiro mareale più forte.
Finalmente l’estremità appuntita vicino al Sole è formata dall’ultimo sottile sgocciolio di materia, che venne fuori appena prima che il tiro mareale diventasse troppo debole per estrarre altra materia dal Sole. Anche se osserviamo questo filamento a forma di sigaro come uno spruzzo infuocato, esso gradualmente raffredda e si condensa e, non appena fa ciò, si raggruma in gocce d’acqua.
Queste gocce, come il filamento stesso, sono strutture colossali; la loro dimensione è su scala astronomica. Naturalmente esse sono più grandi vicino al centro del sigaro, dove la materia del filamento era più abbondante, e sono più piccole alle due estremità. Finalmente queste gocce di materia staccate cominciano a muoversi circolando nello spazio come corpi separati. Essi non cadono indietro nel Sole perché il tiro della Stella predatrice, che ora vediamo in allontanamento, li ha posti in moto, a meno che ad essi accada di muoversi direttamente verso il Sole, essi non vi cadranno dentro ma descriveranno orbite intorno ad esso.
Questa è una diretta conseguenza della legge di gravitazione, che è la stessa miliardi di anni fa come adesso. Alcune di queste orbite possono essere quasi circolari, mentre altre saranno grandemente allungate. Come osserviamo le orbite per milioni e milioni di anni, vediamo che esse gradualmente e molto lentamente cambiano la loro forma.
I blocchi di materia condensata non si muovono in un percorso non impedito, perché il grande cataclisma cui abbiamo appena assistito ha lasciato lo spazio messo in disordine con i suoi frammenti. Le grandi rocce devono farsi strada attraverso questo ambito e, non appena fanno ciò, le loro orbite gradualmente cambiano, fino a che alla fine, dopo miliardi di anni, essi muovono attorno al Sole in orbite quasi circolari, proprio come i pianeti oggi. E, in effetti, questi corpi sono i pianeti; lo spettacolo drammatico al quale si è appena assistito […] è un avvenimento che inevitabilmente accade in Natura ogniqualvolta una stella si avvicina abbastanza al Sole.
L’esito finale è così esattamente come il Sistema solare, poiché abbiamo ogni ragione di supporre che questo sia effettivamente il modo nel quale i pianeti vengono formati. Per quanto possiamo giudicare dal loro presente assetto con relativi movimenti, sembra molto probabile che essi furono strappati via dalla superficie del Sole dal tiro mareale di una stella passante a cui accadde di passare, in modo del tutto straordinario, vicino ad esso, alcuni miliardi di anni orsono.»
James Jeans
Tratto da: The Stars in their courses, Cambridge University Press, 1931, pp. 44-47
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© Pubblicato sul n° 16 di Emmeciquadro