Per verificare se la velocità della luce dipende dal sistema di riferimento e quindi per evidenziare un moto relativo all’etere fu ideato un esperimento sulla Terra (il cui moto varia direzione nel corso dell’anno) che avrebbe dovuto permettere di verificare questo moto relativo, registrando una variazione della velocità della luce.




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Il metodo scelto, per misurare piccolissime differenze di cammino ottico della luce era quello interferenziale.
L’interferometro di Michelson (immagine qui sotto a sinistra) è composto da una lamina M semitrasparente, posta a 45° rispetto alla direzione della luce incidente, e da due specchi M1 e M2, in direzione perpendicolare come in figura, e alla stessa distanza l rispetto al centro della lamina.
In questo interferometro la luce proveniente da una sorgente S incide sulla lamina semitrasparente M, e quindi segue due percorsi: la metà riflessa viene ulteriormente riflessa dallo specchio M2, riattraversa la lamina e arriva in T; la metà rifratta viene riflessa dallo specchio M1 e, ulteriormente riflessa dalla lamina M, arriva anch’essa in T.
Se l’interferometro è fermo rispetto all’etere i due percorsi sono assolutamente equivalenti ed escludendo i tratti attraverso la lamina, e il tratto MT anch’essi equivalenti, il tempo impiegato è per entrambi i fasci di luce (c è la velocità della luce):



t = 2l / c

I due fasci, avendo compiuto lo stesso cammino ottico, non hanno subito alcuno sfasamento e quindi non presentano alcuna interferenza.
Se ora teniamo presente che l’interferometro è in un laboratorio sulla Terra, e che la Terra si muove durante l’anno in tutte le direzioni, compiendo un giro intorno al Sole, dovrebbe verificarsi prima o poi un moto rispetto all’etere, che supponiamo verso destra con velocità v.
In questa situazione i due percorsi, per la meccanica classica, non sono più equivalenti. Ciò è evidenziato dal calcolo dei tempi di percorrenza per un osservatore solidale con l’etere.
Nel braccio orizzontale abbiamo (posto l = MM1)



Per quello che riguarda il braccio verticale, tenuto conto del movimento della Terra, il percorso è quello evidenziato nell’immagine a destra; posto s = AS, si ha:

Da cui si ricava:

I tempi sono ovviamente diversi.
Si dovrebbe quindi osservare una interferenza tra i due fasci; gli accorgimenti usati per aumentare la sensibilità dello strumento sono sufficienti per osservarla, nonostante la enorme differenza tra la velocità della luce e quella della Terra.
Tuttavia l’esito dell’esperimento è negativo!
Tale esito invece è perfettamente coerente con i postulati della relatività ristretta, come si mostra di seguito.
Un osservatore O solidale con l’interferometro potrà ritenersi «fermo» e quindi per lui i due percorsi sono equivalenti e il tempo risulta t = 2l/c
Non esiste più l’osservatore «fermo» rispetto all’etere, ma possiamo sempre considerare un osservatore O’ rispetto al quale O è in moto verso destra con velocità v; per O’, ricordiamolo, la velocità della luce è sempre c: O’ vedrà sul braccio verticale ancora il tempo tv, cioè il tempo t dilatato di un fattore γ; il calcolo sul braccio orizzontale sarà diverso rispetto al caso prima considerato perché la lunghezza l, che è posta nella direzione del moto relativo (nelle trasformazioni galileiane di valore indipendente dal moto) è ora contratta di un fattore γ, per cui al posto di l dovremo inserire l’; per cui si ha:

Con questa modifica i due tempi, dilatati rispetto all’osservatore O (come previsto dalla relatività) sono però identici fra loro!
Nessun osservatore, comunque in moto, potrà osservare una differenza di cammino fra i due fasci, coerentemente con il principio di relatività.

Lorenzo Mazzoni
(già docente di matematica e fisica al liceo scientifico, autore di libri di testo)

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© Pubblicato sul n° 44 di Emmeciquadro