Alcuni argomenti degli ordinari programmi di Scienze, tipico quello sull’origine dell’uomo, rischiano per loro natura di provocare disorientamento negli alunni dal punto di vista della Fede senza una particolare attenzione anche da parte dell’insegnante di religione. Essi sono spesso anche strumentalizzati in senso ideologico ed è necessario che siano trattati da quest’ultimo con piena coscienza del loro aspetto scientifico e non solo da un punto di vista catechetico, se si vuole evitare che il racconto biblico sia recepito come assurdo e irrilevante.
Data l’ispirazione della Rivista Emmeciquadro mi sembra giusto anche parlare del rapporto tra l’insegnamento delle Scienze e quello della Religione.
Esistono argomenti negli ordinari programmi di Scienze o addirittura di Storia che, se non affiancati da una avveduta e cosciente presentazione di alcune pagine bibliche e articoli di fede, rischiano di provocare disorientamento tra gli alunni.
É tipico tra questo tipo di argomenti quello dell’origine dell’uomo che non è opportuno l’insegnante di religione tratti soltanto da un punto di vista catechetico, ignorando quanto il ragazzo riceve da altre parti. Il racconto dei sette giorni della creazione o quello di Adamo ed Eva, se non opportunamente introdotti (per esempio, ricorrendo a un’analogia con quello delle parabole evangeliche per comprendere correttamente il senso e la portata che noi diamo ad essi) rischiano di essere recepiti come belle favolette con nessun rapporto con la realtà, che saranno nel successivo sviluppo del ragazzo, semplicemente dismessi come assurdi e irrilevanti, se non intervengono altri tipi di sostegno.
Va inoltre rilevato che argomenti di questo tipo sono spesso strumentalizzati in senso ideologico e presentati come in contrasto con la fede da insegnanti o testi di particolari orientamenti. Non ho in materia esempi specifici nel caso di libri per le elementari. Posso però citarne uno tratto da un libro di Scienze per la Scuola Media pubblicato da un editore molto noto e benemerito per l’editoria scientifica, ma di orientazione ideologica chiaramente materialista.
Nel libro in questione, in un’appendice storica alla parte disciplinare veniva disinvoltamente identificata la scienza medievale con la Scolastica e questa veniva presentata in questo modo:
- Dopo la crisi seguita alla caduta dell’impero romano d’occidente […] le uniche scuole furono quelle […] tenute nella sede di un vescovo.
Attorno all’anno mille, in queste scuole nacque una scienza chiamata scolastica. - Per la Scolastica l’unica verità è quella rivelata da Dio attraverso le sacre Scritture e le interpretazioni della Chiesa. […]
[…] i ragionamenti degli scolastici poggiano sulle autoritates, […] le affermazioni di un testo sacro, di un concilio, di un santo […] - Gli scolastici derivarono le loro conoscenze dagli antichi pensatori greci […] Fecero delle aggiunte per mettere d’accordo […] con le sacre scritture […]. Ecco un esempio. Alla domanda:
«Da dove nascono i nervi?» […] gli scolastici rispondevano: «Nascono dal cuore: lo ha scritto Aristotele». Se poi qualcuno aprendo un cadavere […] mostrava che i nervi partono dal cervello […] obiettavano: «La vostra dimostrazione è talmente convincente che bisognerebbe credervi, se non fosse che Aristotele lo nega» - Che fine fece il libero pensiero? […] tanta gente accettò di non pensare: fu educata a non farlo.
- La Scolastica fu imposta anche con l’inquisizione […]
- Galileo Galilei […] fu educato alla scolastica. All’inizio ne fu seguace […] Poi il suo spirito critico lo portò a rifiutare la scolastica e inventare un metodo nuovo.
Delle quattro pagine dedicate a Galileo due sono dedica al processo e all’abiura.
Spiccano tra le altre due illustrazioni con le seguenti didascalie:
Rogo. Chi rifiutava di credere alla Scolastica poteva essere bruciato sul rogo come eretico.
Sala di tortura dell’inquisizione. Portato davanti a strumenti come questi Galileo rinunciò alle sue idee e pronunciò la sua famosa abiura.
In una precedente edizione del libro (passo sparito in edizioni successive) a proposito dell’evoluzione dei viventi si leggeva esplicitamente che questa smentiva la Bibbia, che ci sono sì tentativi di interpretazione per riconciliare le cose ma che questi non stanno in piedi.
La caricatura del pensiero scolastico insito nei commenti precedenti e la tendenziosità di tutta l’argomentazione non credo richiedano commenti.
Atteggiamenti del genere sono in ovvio contrasto con tutta un’autorevolissima corrente storiografica che vede proprio nella filosofia e nella teologia medievali, sviluppatesi a partire dal XI secolo, il costituirsi delle premesse per la nascita nell’Europa cristiana e solo in Europa della scienza moderna.
A questa corrente inaugurata forse dal fisico ed epistemologo francese Pierre Duhem, vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, appartiene tra l’altro il notissimo studioso dei fondamenti della Matematica Alfred N. Whitehead, che così si esprime in materia nel suo libretto Il mondo moderno e la Scienza (1925; ediz. it. a cura di Banfi, Boringhieri, 1979):
«Intendo parlare della fede inespugnabile che ogni evento particolare può essere correlato, in modo perfettamente definito, ai suoi antecedenti e fungere d’esempio a principi generali. Senza questa fede l’enorme lavoro degli scienziati sarebbe disperato […] Se paragoniamo il tono del pensiero europeo con l’atteggiamento di altre civiltà abbiamo la sicura impressione che il primo sia originato da una sola fonte, non può infatti provenire che dalla concezione medievale che insisteva sulla razionalità di Dio al quale era attribuita l’energia personale di Javè e la razionalità di un filosofo greco. Ogni particolare era controllato e ordinato: le ricerche sulla natura non potevano sfociare che nella giustificazione della fede nella razionalità […]. La mia tesi è che la fede nelle possibilità della scienza, nata prima dello sviluppo della teoria scientifica moderna, è un derivato inconsapevole delle teologia medievale.»
È comunque grave a mio parere che gli argomenti del tipo in questione siano spesso completamente ignorati dagli insegnanti di Religione per privilegiare eventualmente, come ho detto, una semplice catechesi.
Per quel che riguarda il rapporto tra l’insegnamento delle Scienze e quello della Religione è a mio parere molto importante che l’insegnante di religione non si chiuda in una torre di avorio dietro formule stereotipate, prescindendo da quanto i ragazzi apprendono nella altre discipline, ma si preoccupi attivamente di porre nel giusto rapporto Scienza e Religione e di far scoprire proprio nella Natura l’impronta del creatore.
È vero, purtroppo a questo proposito che a tali insegnanti manca spesso la preparazione per affrontare questo tipo di problemi e affrontarlo con ragazzi di quella età e su questo andrebbe fatto un discorso con i vari Istituti per le Scienze Religiose che appunto ne curano la formazione.
Giovanni Maria Prosperi
(Già Ordinario di Fisica Teorica presso l’Università degli Studi di Milano)
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© Pubblicato sul n° 45 di Emmeciquadro