Il volto delle nostre scuole sta diventando ogni giorno più tecnologico: le aule, sotto gli auspici del Ministero, si riempiono di computer, le antenne paraboliche portano in classe le immagini della CNN e i presidi devono diramare circolari che vietano l’uso dei telefonini durante le lezioni. È forte tuttavia la sensazione che, in realtà, si tratti solo di un’operazione di «rinnovo arredi», di un tardivo adeguamento all’ineluttabile deriva della modernità. A meno che non si decida di considerare la questione più a fondo. Si scoprirebbe in tal caso che l’ingresso massiccio della tecnologia nella scuola pone anzitutto un urgente problema educativo, riassumibile in due interrogativi: come utilizzare i nuovi strumenti per favorire e incrementare il processo di crescita degli studenti? Come educare i giovani (cioè gli utenti della tecnologia del 2000) a vivere in un mondo sempre più artefatto, simulato, mediato?
La questione riguarda tutto il sistema scolastico, ma si fa acuta per chi insegna materie scientifiche. Anche perché il confine tra scienza e tecnologia, già confuso agli occhi dei più e fonte di non pochi equivoci, si fa ora mobile e sfumato. Non può quindi essere rinviata una seria riflessione sulla tecnologia, sui suoi rapporti con la scienza e sulle relazioni dell’una e dell’altra con la cultura in genere. In caso contrario, il pericolo maggiore è quello di proporre un approccio riduttivo a entrambe, smarrendo la specificità, e quindi la ricchezza educativa, sia del fare scienza che del fare tecnologia e perdendo la possibilità di una costruttiva interazione tra due dimensioni costitutive dell’umano.
Dalla gabbia del riduzionismo si esce se si pone al centro di ogni disciplina l’uomo nella sua integralità e nel suo irriducibile desiderio di un rapporto pieno con tutti gli aspetti del reale. È quanto fanno in queste pagine, pur da angolature e con accenti diversi, gli autori degli articoli dedicati alla tecnologia. Ed è ciò che suggerisce la recente enciclica Fides et Ratio, individuando l’orizzonte adeguato di ogni attività umana nella «dimensione sapienziale oggi tanto più indispensabile in quanto l’immensa crescita del potere tecnico dell’umanità richiede una rinnovata e acuta conoscenza dei valori ultimi.
Se questi mezzi tecnici dovessero mancare dell’ordinamento ad un fine non meramente utilitaristico, potrebbero presto rivelarsi disumani ed anzi trasformarsi in potenziali distruttori del genere umano.»
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 04 di Emmeciquadro