Il dibattito sulle applicazioni biotecnologiche occupa sempre più spazio sui giornali e alla televisione.
Troppo spesso le informazioni sull’argomento vengono date con una sorta di «certezza » che la scienza risolverà al più presto tutti i problemi ancora aperti.

Vale la pena di ripercorrere le tappe che hanno condotto ad applicare all’uomo, nella cura delle malattie, le conquiste dell’ingegneria genetica.
Per riscoprire come gli scienziati si sono posti di fronte alle loro scoperte e ai criteri con cui utilizzarle per migliorare la salute dell’uomo.



A un convegno tenuto a Milano nel gennaio di quest’anno, Giorgio Poli1, affermava che «l’ingegneria genetica, oltre a rappresentare la tecnica più affascinante, pare essere la più promettente per i mezzi che sta offrendo per risolvere alcuni dei problemi che assillano l’umanità e, in particolare, quelli relativi alla diagnosi, terapia e prevenzione delle malattie dell’uomo e degli animali, alla produzione di alimenti di origine vegetale e animale, migliorati per produttività, qualità e salubrità, che promettono soluzioni anche per i Paesi più poveri, o al disinquinamento ambientale e allo sviluppo di nuove fonti energetiche.»
Su diverse riviste «scientifiche» possiamo trovare «informazioni » relative a questi argomenti, ma spesso presentate in modo estremamente schematizzato, come una serie di tecniche già ampiamente sperimentate con cui l’uomo può manipolare a suo piacere gli esseri viventi.2
Solo in alcuni casi (cfr. Le Scienze n. 349, settembre 1997 o La Récherche n. 315, dicembre 1998) lo stato della ricerca viene presentato in termini problematici, come effettivamente è, e come riconoscono i protagonisti della vicenda.
Come sottolineava ancora Poli, occorre conoscere gli scopi delle biotecnologie, gli strumenti di lavoro e le metodiche impiegate nell’ingegneria genetica per seguire il dibattito attualmente in corso e, aggiungiamo noi, per pensare di comunicarlo a livello didattico.
Per questo riprendiamo l’itinerario di sviluppo delle biotecnologie nel corso degli ultimi vent’anni: un percorso che intreccia conquiste nel campo della biologia molecolare e storie personali di ricercatori; una serie di avvenimenti che si sono succeduti a ritmi incalzanti portando nel 1990 alla prima terapia genica sull’uomo e aprendo giorno dopo giorno nuove e imprevedibili prospettive.



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Maria Cristina Speciani
(Docente di Scienze Naturali nei Licei, autore di libri di testo. Membro della Redazione della rivista Emmeciquadro)

Note

  1. Ordinario di Microbiologia e Immunologia Veterinaria, Docente di Immunologia del Corso di Laurea in Biotecnologie, Università di Milano.

  2. Cfr.: C.Serra, F. Capelli, Gli architetti della vita, in: Newton n. 10, ottobre 1998

© Pubblicato sul n° 05 di Emmeciquadro

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