Michael Polanyi

Conoscere ed Essere

Armando Editore, Roma 1988

Pagine 288 – Euro 17,50

La lettura dei saggi di questa raccolta è utile a chi è interessato a incontrare la scienza come esperienza umana.
Il grande chimico fisico ungherese (1891-1976) propone una visione sconcertante per chi sostiene che «la scienza è un sapere privo di soggetto» e vede la razionalità scientifica caratterizzata da un «metodo» fatto di regole e procedimenti così chiari da produrre una verità totalmente esplicita.
Contro le posizioni positiviste e neopositiviste che purtroppo, ingenuamente o coscientemente, influenzano in larga misura la concezione comune di scienza, egli parla di conoscenza personale e irresponsabilità dello scienziato come centro dell’epistemologia.
Il fenomeno della scoperta, la parola problema, la funzione dell’intuizione in quella che suggestivamente egli chiama «conoscenza tacita», sono al centro della sua concezione dell’elemento inesplicabile della scienza.
Concezione che si percepisce originata dall’esperienza vissuta di scienziato, di cui dà una commovente ed indimenticabile testimonianza nel saggio: Il tempo in cui lavoravo sui raggi X ed i cristalli (1962).
Probabilmente per la sua esperienza di medico, oltre che di fisico, egli è in grado di teorizzare la funzione conoscitiva della percezione, come precedente all’induzione dalle osservazioni e alla deduzione dalle regole.
«Nessuna regola può rendere conto del modo in cui una buona idea viene trovata per avviare una ricerca. […] La scoperta scientifica non può essere conseguita mediante inferenza esplicita, nè le sue pretese di verità possono essere stabilite esplicitamente. Si deve arrivare alla scoperta con i poteri taciti della mente ed il suo contenuto, finchè è indeterminato, può essere conosciuto solo in modo tacito» (p. 174).
L’osservazione scientifica non è neutra fotografia di fatti, di dati, ma raccolta di indizi, il cui significato si rende palese solo per l’intervento di quelle facoltà che nessuna regola deduttiva può codificare: l’intuizione anticipatoria e l’intuizione finale.
Di straordinario interesse il saggio: Dare senso e leggere il senso (1967), nel quale espone le basi di una concezione di conoscenza e di razionalità non deterministica, dalla quale esce rinforzata la concezione di un insegnamento delle scienze che parta dai presupposti, come più volte in questa Rivista ci siamo sforzati di proporre.



Recensione di Raffaella Manara
(Docente di Matematica nelle Scuole Superiori – Redazione Emmeciquadro)

© Publicato sul n° 06 di Emmeciquadro


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