Quando il giovane e promettente fisico Victor Weiskopff si presentò all’Università di Zurigo per iniziare a lavorare col premio Nobel Wolfgang Pauli, ricevette un chiaro suggerimento: “Non diventare mai un esperto, e questo per due ragioni: in primo luogo, se sei un esperto, diventi un virtuoso del formalismo e dimentichi la natura vera; in secondo luogo, finisci col rischiare di non lavorare più a qualcosa di veramente interessante”.
Il consiglio può benissimo essere applicato, in analogia, anche agli insegnanti di materie scientifiche e agli studenti. Perché infatti proporre lo studio delle scienze naturali se non per invitare gli studenti ad entrare sempre più profondamente in rapporto con la realtà, a cercare di penetrarne la «natura vera»?
Ma siamo proprio sicuri che i nostri studenti, mentre si sforzano di capire le equazioni di Maxwell o di imparare i meccanismi delle ossidoriduzioni o di ricordare la basi che compongono l’architettura del DNA, si rendano conto che stanno trattando con qualcosa di «reale»?
E sarà un’impresa ardua suscitare il loro interesse se non li si mette nelle condizioni di accorgersi dell’interesse (dal latino «essere-tra») che le cose studiate possono avere, cioè che gli oggetti di cui le scienze si occupano fanno parte della realtà incontrata e incontrabile nel corso dell’esperienza umana. Questa appartenenza non sempre è immediatamente evidente e facilmente riconoscibile; ma non deve essere nascosta, né tanto meno messa in dubbio, a causa dell’astrattezza dei modelli adottati dagli scienziati per descrivere i fenomeni e neppure prendendo pretesto dai paradossi e dai vicoli ciechi nei quali alcune discipline si sono imbattute.
Si comprende così come il rapporto «scienza – realtà» non sia solo un argomento «caldo» dell’attuale ricerca epistemologica ma rappresenti un nodo fondamentale della comunicazione scientifica e della didattica in modo speciale. Gli articoli presentati in questo numero lo documentano ampiamente.
Mettere a tema il binomio «scienza – realtà» porta facilmente alla ribalta altri binomi, attorno ai quali si gioca buona parte del dibattito scientifico e filosofico: «uomo – mondo», «soggetto – oggetto», «mente – cervello», «spirito – materia» … Anche questi dibattiti non sono privi di ricadute sulla pratica quotidiana della ricerca e dell’insegnamento.
Da questo punto di vista, non dovrebbe sfuggire ad un’osservazione attenta quello che si sta manifestando come il fenomeno culturale più impressionante: la progressiva dissoluzione di molti binomi e la loro «evaporazione» in un indistinto «tutto» senza confini. È una tendenza che ha preso avvio negli anni ruggenti della fisica quantistica e che oggi ben si sposa con le visioni panteistiche ed olistiche del tipo New Age.
È un modo di concepire la realtà e di relazionarsi con essa che i ragazzi respirano, anche se non è oggetti di un’adesione esplicita o di un approfondimento concettuale.
Ciò non può non preoccupare chi ha a cuore la crescita umana degli studenti e vede nella scienza uno strumento per questo cammino.



Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)

© Publicato sul n° 06 di Emmeciquadro


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