Si conclude il percorso che ha evidenziato la necessità di individuare nuovi strumenti della razionalità scientifica di fronte ai problemi posti dalla ricerca contemporanea. I due termini della filosofia aristotelica, analogia e astrazione, sono stati pienamente utilizzati dall’autore, facendo riferimento a un tema di grande attualità: la modellizzazione del processo conoscitivo di astrazione e il problema della sua riproducibilità con le tecniche dell’intelligenza artificiale.



Abbiamo parlato, nel primo di questa serie di tre articoli, di due parole chiave, analogia e astrazione, che servivano a identificare due teorie fondamentali del pensiero antico, in particolare nella visione aristotelico-tomista della realtà, e sono poi state come messe da parte, o almeno ridotte, con l’avvento e lo sviluppo della modernità.
Ci siamo soffermati, nel secondo articolo, sulla questione dell’analogia, cercando di mettere in evidenza come l’esigenza, o almeno lo spazio, per elaborare una teoria scientifica dell’analogia stia emergendo dall’interno stesso delle ricerche scientifiche più avanzate.
Non è un caso che, da parte di alcuni scienziati, si stia riprendendo anche l’uso della parola stessa, in un senso che non è poi molto lontano da quello classico, anche se non è ancora tecnicamente formulato.
Questo avviene in particolar modo nell’ambito di quelle che oggi si chiamano «scienze cognitive». Con tale dizione si intende, normalmente, quel settore disciplinare sorto, quasi contemporaneamente, in due campi di ricerca: quello dell’«intelligenza artificiale», orientato a simulare per quanto possibile i comportamenti della mente dell’uomo e quello dell’«intelligenza naturale» che coinvolge insieme lo studio della fisiologia del cervello e della psicologia dei processi di apprendimento nell’uomo.
Nel primo settore d’indagine, da un lato, si sta cercando di oltrepassare la concezione riduttiva che vede l’intelligenza come un puro meccanismo di processi di calcolo, o come la semplice ricerca veloce di dati immagazzinati in un database, che la macchina non ha alcun problema a eseguire con maggiore efficienza dell’uomo. E ci si chiede se e come la macchina possa essere addestrata a compiere quelle associazioni mentali che vengono chiamate «analogie».
Dall’altro lato si pone il problema, in qualche modo inevitabile, di introdurre nella memoria della macchina l’equivalente di quello che nella mente umana sono i «concetti», cioè informazioni di carattere universale che non costringano a immagazzinare miliardi e miliardi di informazioni particolari per poter riconoscere degli «oggetti» di qualsiasi natura essi siano (forme geometriche, voci, parole, eccetera).
Ecco che si pone la seconda grande questione, quella dell’astrazione. Analogia e astrazione rappresentano, anche dal punto di vista dell’efficienza e dell’economia di un processo conoscitivo, due strategie che ormai appaiono irrinunciabili e che l’intelligenza umana ha in dotazione stabile.
A questo punto, dopo i primi più o meno incerti tentativi, ci si è resi conto che occorre far riferimento a una teoria dell’astrazione nel processo conoscitivo umano per cercare, in qualche modo, di simularlo. I tentativi di basarsi su una nozione di astrazione non ben formulata, come del resto è successo per l’analogia, non ha dato seguito a risultati veramente significativi.



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Alberto Strumia
(Docente di Meccanica razionale – Università di Bari)

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La crisi del Riduzionismo. Analogia e Astrazione nelle Scienze

Verso una Teoria dell’Analogia. Analogia e Astrazione nelle Scienze

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