“for the discovery
and development of
conductive polymers”
La Reale Accademia delle Scienze Svedese ha attribuito il premio Nobel per la chimica a un americano, A.J. Heeger, un neozelandese, A.G. MacDiarmid e un giapponese, H.Shirakawa, per i risultati ottenuti, in circa venticinque anni di ricerche, nella sintesi di materiali conduttori e semiconduttori organici.
Nella prima metà degli anni Settanta circolava un certo interesse verso la possibilità di sintetizzare nuovi materiali in grado di condurre elettricamente; ci si aspettava che dovessero essere polimeri ad alto grado di polimerizzazione con numerosi legami p coniugati.
[A sinistra: Alan J. Heeger (1936-…) – Laureato all’Università di Berkley, dove attualmente lavora. È presidente della Uniax, società che sviluppa applicazioni dei polimeri semiconduttori alla costruzione di schermi a LED]
All’Università di Filadelfia, A.J. Heeger e A.G. MacDiarmid lavoravano su un polimero di zolfo e azoto (SN)x allora molto in auge, nonostante la sua elevata tendenza a esplodere, perché a temperature inferiori a 1 K era addirittura superconduttore.
Contemporaneamente il chimico giapponese H. Shirakawa usava i catalizzatori Ziegler-Natta per controllare la proporzione tra conformazioni cis e trans nella sintesi del poliacetilene, un polimero (CH)x in cui si alternano legami C-C semplici e doppi, quando, in seguito a un errore di dosaggio, ottenne un polimero dall’aspetto metallico.
Durante un incontro casuale ne parlò con MacDiarmid, che lo invitò all’Università di Pennsylvania a Filadelfia e insieme si misero a modificare il poliacetilene, ossidandolo con vapori di iodio, finché ottennero un materiale dieci milioni di volte più conduttore.
[A destra: Hideki Shirakawa (1936-…) – Ha studiato in Giappone e attualmente lavora all’Università di Tsukuba]
Questo è stato l’inizio dello sviluppo di numerosi polimeri organici, come politiofeni e polipirroli che, opportunamente drogati, presentano caratteristiche di conduttività che vanno dai valori tipici dei semiconduttori fino ad arrivare vicino a quelli del rame e dell’argento.
Numerose applicazioni, come la protezione antistatica, sono già largamente diffuse; basta pensare a quei sacchetti leggermente lucenti in cui sono confezionati i componenti dei computer o agli schermi protettivi per i monitor.
[A sinistra: Alan G. MacDiarmid (1927-…) – Ha studiato in Nuova Zelanda, negli USA e a Cambridge. Dal 1955 lavora all’Università della Pennsylvania]
Materiali e dispositivi diversi sono già sul punto di fare la loro comparsa: schermi elettroluminescenti, generatori fotovoltaici, circuiti integrati depositati direttamente su fogli di plastica, sono i progetti, spesso già a livello di prototipi, a cui stanno attivamente lavorando grandi gruppi industriali come Bayer, Kodak e Philips o società più piccole ma molto agguerrite nella ricerca come la Uniax di cui è presidente Heeger stesso.
Anche se le prestazioni di tali materiali non arrivano ad uguagliare quelle del rame o del silicio, nelle applicazioni più esigenti, tuttavia essi presentano il vantaggio di richiedere condizioni di lavorazione più blande, e quindi meno costose, e di poter costruire apparati con caratteristiche uniche come flessibilità e leggerezza e spesso anche trasparenti.
Emanuele Ortoleva
(Docente di Chimica – Fisica all’Università degli Studi di Milano)
© Pubblicato sul n° 10 di Emmeciquadro