Jean Perrin
Gli Atomi
Editori Riuniti, Roma 1980
Pagine 159 – Fuori catalogo
Raramente un programma di ricerca è stato sintetizzato in modo così semplice e chiaro, come riesce Jean Perrin nelle prime pagine di questo libro pubblicato nel 1913 e di cui Editori Riuniti tradusse la riedizione del 1970.
Perrin riporta in modo organico tutti i risultati sperimentali e teorici che in qualche modo contengono l’indicazione di una struttura discontinua della materia: dalle leggi di Proust e di Dalton all’ipotesi di Avogadro, dalla teoria cinetica dei gas alla teoria di Einstein della diffusione, passando per i propri lavori sul moto browniano e fino alla teoria del corpo nero e alla radioattività naturale.
La lettura del testo, testimonianza esemplare del metodo scientifico e miniera di materiali per un percorso tematico sull’ipotesi atomica, è innanzitutto un incontro con un maestro del pensiero.
L’osservazione appassionata dei fenomeni, il ragionamento rigoroso, la capacità di comunicare con vivide immagini le proprie intuizioni fanno dire a Carlo Bernardini nell’Introduzione: «quest’opera è una summa di quello che la nostra scuola non dà. È una mentalità che ci manca, un rigore che coincide con l’amore per la realtà: il pensiero deve saper essere sovrano, non può esprimersi contro le cose e i fatti.»
Cuore del libro sono i paragrafi in cui Perrin riferisce i suoi esperimenti sul moto browniano, condotti osservando l’equilibrio di emulsioni: sono descritti i diversi metodi per determinarne la densità e il volume delle sferette di gommagutta, lasciandoci intravedere quale grande pazienza e abilità fossero necessari per ottenere risultati di straordinaria bontà in un’epoca in cui lo sperimentatore doveva produrre da sé tutti o quasi gli strumenti del suo lavoro.
Infine ci comunica «la viva emozione» che provò quando ottenne una stima del numero di Avogadro eccezionalmente vicina a quella della teoria cinetica, concordanza decisiva «che non può lasciare alcun dubbio sull’origine del moto browniano ».
A proposito degli atomi, Mach era solito dire: «Chi li ha mai visti?» Perrin non li vide, ma li contò «rendendo difficile negare la realtà oggettiva delle molecole».
Recensione di Giorgio Guidi
(Docente di Matematica e Fisica nei Licei)
© Pubblicato sul n° 12 di Emmeciquadro