Nell’insegnamento della fisica è sempre più diffusa l’abitudine a considerare separati il momento della comprensione e quello dell’applicazione.
Al contrario il «problema» può essere un’occasione importante sia per un’acquisizione consapevole delle procedure logico-concettuali sia per una più profonda comprensione del nesso tra il quadro teorico in cui si opera e la situazione fenomenologica particolare che è stata modellizzata.
Una modalità di lavoro ben lontana dalla pura enunciazione lineare di contenuti rigidamente formalizzati.



A chi si occupa dell’insegnamento della fisica, è cosa nota, non solo in Italia ma in tutto il mondo, quanto siano importanti i problemi. Mentre però in Italia questi vengono utilizzati generalmente come strumento di verifica o come esercizi di semplice applicazione di quanto studiato, all’estero se ne fa spesso un uso molto più esteso come fondamentale strumento didattico.
Essere in grado di risolvere problemi interessanti può diventare per gli studenti fonte di motivazione al lavoro scolastico e contribuire a far loro acquisire sicurezza e fiducia in se stessi. Richard Feynman, già nella Prefazione a Lectures on Physics (giugno 1963) dichiarava: «Penso che per dare una mano agli studenti bisognerebbe mettere più impegno nell’inventare problemi che chiariscano i concetti presentati a lezione. Esercizi e problemi forniscono una buona opportunità di completare l’argomento e rendere più reali, più complete, più salde nella mente le idee.»1
Fin da quando cominciai a insegnare fisica nella scuola secondaria superiore, qualche decennio fa, ho sempre ritenuto che dare l’opportunità allo studente di affrontare e risolvere problemi potesse essere essenziale per l’apprendimento della fisica, motivante nello studio e promotore di capacità utilizzabili in altri ambiti sia scolastici che extrascolastici.
Le mie difficoltà nascevano invece dalla carenza di materiale esistente a questo riguardo. Anche se alcuni problemi erano presenti nei libri di testo, essi rappresentavano un puro strumento di esercitazione e non se ne sottolineava l’essenziale aspetto formativo. Di qui la necessità di ricavare spunti da testi universitari, dopo aver provveduto a una rielaborazione per renderli idonei al livello degli studenti e, in seguito, a far riferimento alla letteratura straniera già orientata in questa direzione con il sorgere di nuovi progetti didattici.



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Curzia Marchi Trevisi
(Insegnante di fisica dal 1962, ha lavorato nelle sperimentazioni didattico disciplinari fin dalle prime classi pilota del PSSC e attualmente partecipa al Progetto Scuola-Ospedale, presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna. È stata presidente dell’AIF dal 1984 al 1988 e attualmente ne è socio onorario)

Note

  1. Cfr: R.P. Feynman, Sei pezzi facili, Adelphi, Milano 2000.

© Pubblicato sul n° 14 di Emmeciquadro

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