Una lezione dialogata in cui, a partire da una riflessione sul laboratorio, si è costruito un percorso di apprendimento. L’insegnante ha spiegato tornando e ritornando a motivare i passi che si stavano compiendo e gli alunni lo hanno descritto con le loro parole, dimostrando che la «teoria» può essere fatta propria e reinventata.
Un «rapporto di lavoro» che propone un confronto sulla necessità di esplicitare, insieme agli studenti, passaggi logici che a volte sembrano scontati.



Uno dei nodi, a mio parere irrisolti, nel quadro degli argomenti irrinunciabili dei programmi di chimica, è quello delle «reazioni ». Ossia: come fare perché gli studenti siano in grado di rappresentare in modo corretto le diverse trasformazioni, di dare il nome ai reagenti e ai prodotti, di bilanciare una relazione, di capire il significato dei coefficienti, eccetera.
Utilizzando come struttura di base le parole con cui gli studenti di una classe quarta liceo scientifico hanno «riassunto» il percorso di una lezione di due ore svolta sull’argomento, vorrei proporre ai lettori che insegnano chimica, in particolare a coloro che sono chimici per formazione, un confronto sulle scelte didattiche relative a questo tema.
Come molti insegnanti di scienze naturali alla scuola superiore, la mia formazione è da biologa, per questo caratterizzata da un approccio teso a mettere in evidenza la complessità di un fenomeno.
Queste note vogliono essere un invito a riflettere sul modo in cui comunichiamo i concetti fondamentali della chimica per aprire un dibattito sulla necessità di mettere in atto strategie, e dedicare tempi adeguati, perché gli studenti non si limitino a memorizzare formule, regole e automatismi, ma possano, riflettendo sul lavoro, acquisire il livello concettuale della chimica. Con il desiderio di cominciare a portare allo scoperto, e di capire meglio, le diverse impostazioni didattiche che sono in atto oggi nella scuola italiana.
In altre parole: capita troppo spesso che si imposti un corso di chimica «a partire» dai libri di testo più diffusi, o più propagandati sul mercato mettendo in atto al massimo qualche «adattamento» quando gli studenti sono in difficoltà; mi sembra giunto il momento di superare questa fase acritica, aiutandoci anche a identificare cosa vogliamo da un libro di testo.
Nei molti anni in cui ho insegnato chimica al Liceo, ho sempre dedicato molte ore agli «esercizi» in classe, curando che ogni studente svolgesse «alla lavagna» una reazione o un problema stechiometrico.
Il criterio che mi ha guidato è stato che questa «abilità », intesa come applicazione consapevole delle procedure di rappresentazione del fenomeno che si studia, deve essere conquistata già alla scuola superiore.



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Maria Cristina Speciani
(Docente di Scienze Naturali nei Licei, autore di libri di testo. Membro della Redazione della rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 14 di Emmeciquadro

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