La comunicazione scientifica ha l’obiettivo di favorire l’avvenimento di un incontro: quello tra il soggetto che conosce e la realtà che si vuol conoscere, sia essa la natura nei suoi vari aspetti, sia il complesso e non meno reale mondo della matematica. Perché sia un incontro generatore di conoscenza devono verificarsi alcune condizioni che riguardano i vari momenti del processo comunicativo, ma che hanno come comun denominatore la parola «esperienza».
Ciò vale, a livelli diversi, per tutte le forme di comunicazione della scienza che oggi sono più che mai diversificate e vivono una fase di espansione e di rinnovato interesse.
Questo numero, proseguendo sulla linea già tracciata nel precedente, offre una visione trasversale di tale ricco panorama e consente di collocare meglio e rendere meno generico il richiamo all’esperienza. Quando si parla di divulgazione, o meglio di comunicazione scientifica, ci si riferisce ormai a una pluralità di realizzazioni: si può fare riferimento al classico articolo per una rivista di grande diffusione come all’inserto settimanale di un quotidiano; si può pensare a un cd-rom sedicente educativo come a una pagina web ricca di animazioni e di news più o meno attendibili; ancora si può trattare di una mostra didattica interattiva oppure, come inizia ad accadere, di una rappresentazione teatrale che pone la scienza come suo contenuto centrale.
Parlare di esperienza significa coinvolgere entrambi i poli della comunicazione.
Da parte di chi comunica l’invito è a partire non tanto dal bagaglio delle conoscenze acquisite quanto dal vivo della propria esperienza. Si scoprirà che il comunicare non è un semplice trasferimento di notizie, di idee, di risultati ma una preziosa occasione di arricchimento e di crescita. «Comunicando si impara »: non è un facile slogan, ma corrisponde a una dimensione essenziale della scienza, perché la realtà ha una profondità insondabile e ogni volta che la si rivisita rivela particolari e aspetti nuovi e sorprendenti.
Da parte di chi riceve la comunicazione, al di là delle sensazioni e delle emozioni immediate, peraltro esasperatamente sollecitate dalle tendenze comunicative più recenti, si tratta di aver chiaro dove indirizzare l’attenzione. A noi sembra che l’attenzione debba essere polarizzata sul guadagno di conoscenza che si può ricavare dal momento comunicativo; e sul conseguente gusto che deriva dalla scoperta di nuovi aspetti della realtà. Deve essere un’esperienza analoga a quella che si vive quando si entra in un nuovo ambiente o si visita per la prima volta una città: lo sguardo è proteso a cogliere gli elementi di novità e di singolarità e l’animo è pronto a gioire nell’impatto con qualcosa di bello.
Vissuta così, la fruizione della scienza è molto di più di un puro ricevere informazioni, ma viene ad assumere uno spessore culturale e una valenza rilevante nella formazione della persona; diventa perciò una componente non trascurabile e non facoltativa nel cammino educativo di un giovane.
Se ciò è vero per la comunicazione scientifica in genere, tanto più deve valere per quella modalità di comunicazione che è l’insegnamento, dove l’interesse per la persona e per la sua crescita dovrebbe essere dominante.
È qui, prima che nei palinsesti televisivi o nei piani editoriali dei grandi magazine, che si gioca una battaglia culturale alla quale tutti siamo chiamati a partecipare.
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 15 di Emmeciquadro