Se la matematica è il regno dell’astrazione, il vero dilemma nell’insegnamento e nell’apprendimento è il passaggio dall’esperienza al pensiero astratto. Come favorirlo?
Nell’articolo gli autori analizzano diverse strategie didattiche sperimentate sul campo, ponendo l’accento sull’importanza del racconto come metodo per fissare l’esperienza e cogliere l’idea in essa contenuta.
Un primo contributo relativo a situazioni di scuola elementare.



Nella didattica della matematica si è ormai affermata la convinzione che nella scuola elementare non si possa far apprendere ai bambini questa disciplina senza fare uso di materiale concreto.
Sembra però avere ragione Lucio Russo quando afferma che nonostante molte innovazioni didattiche i bambini non sono introdotti all’astrazione: si potrebbe dire che i «bastoncini» non diventano per loro «segmenti», parafrasando il titolo di un suo ben noto libro.
Al contrario dei maestri, la maggior parte degli insegnanti di scuola media e, a mio avviso, la totalità degli insegnanti di scuola superiore pensano di poter insegnare la matematica solo in modo formalizzato, senza ricorrere a modelli e strumenti concreti.
Queste considerazioni inducono a chiedersi se ci sia una differenza di natura tra la matematica del primo livello e la successiva e se le diverse posizioni didattiche dipendano da questo. Non credo che si possa rispondere affermativamente: la matematica ha sempre le stesse caratteristiche, mentre sul piano del metodo didattico le differenze tra i vari livelli di scuola ci sono ed è giusto che ci siano.
Dice con molta chiarezza Hermann Maier (1999): «Tutte le nozioni matematiche sono fondamentalmente ideali. […] Certe nozioni matematiche possono essere rappresentate da oggetti, da modelli o da forme reali (come triangolo e cubo) e possono anche essere costruite mentalmente a partire da esperienze reali. Ma, fondamentalmente, i modelli restano distinti dalla nozione stessa, non solo a causa dell’astrazione propria alla nozione (passaggio dall’oggetto alla classe di oggetti) ma anche a causa dell’idealizzazione (passaggio dall’oggetto reale alla sua immagine ideale, mediante il passaggio intermedio del modello).»



Come provocare l’astrazione?

Siccome gli oggetti matematici e le relazioni che li legano vivono solo sul piano astratto, l’affermazione di Russo contiene una dura verità: il pericolo che molti bambini i quali nella loro attività scolastica disegnano, ritagliano, corrono, discutono, tuttavia non imparino la matematica, e forse non solo per una loro carenza personale, ma anche per mancanza di mediazione didattica.
D’altra parte, anche chiudendosi nel piano della formalizzazione i risultati didattici non sono migliori e quindi non mi sentirei di escludere la necessità di abbassare il livello della formalizzazione almeno nella scuola media, ricorrendo anche a giochi e costruzioni.



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Giovanna Avataneo (Insegnante della Scuola Elementare Regina Elena di Roma) – Anna Paola Longo (Svolge attività di ricerca e formazione sull’apprendimento della Matematica – Politecnico di Torino)

© Pubblicato sul n° 16 di Emmeciquadro

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