concerning magnetic
resonance imaging”
Quest’anno il Nobel per la medicina e la fisiologia è stato assegnato a un chimico, Paul C. Lauterbur, e a un fisico, Peter Mansfield, per gli studi compiuti sulla risonanza magnetica.
Il comitato per i Nobel ha ritenuto – ed è già polemica – che tali studi abbiano dato un impulso significativo allo sviluppo della Magnetic Resonance Imaging (MRI), ossia alle tecniche che permettono di «vedere» gli organi interni del corpo umano, più note come Risonanza Magnetica Nucleare (RMN).
Le apparecchiature di RMN attualmente disponibili permettono di «fotografare» con uno straordinario contrasto i diversi tessuti molli che compongono organi e appparati e sono perciò ampiamente utilizzate in campo medico: oggi, in tutto il mondo vengono effettuate ogni anno circa sessanta milioni di esami con la tecnica della RMN.
Nel 1952 il Nobel in fisica premiava la scoperta della risonanza magnetica, che negli anni successivi fu utilizzata dai chimici per studiare la struttura molecolare; gli studi premiati quest’anno sono stati elaborati intorno al 1970. Si deve a Lauterbur la scoperta che si poteva creare un’immagine bidimensionale (impossibile con altri metodi) introducendo gradienti nel campo magnetico: analizzando le caratteristiche delle radioonde emesse poteva determinarne l’origine.
[A destra: Paul C. Lauterbur (1929- ) – Statunitense, lavora presso la University of Illinois di Urbana (USA)]
L’efficacia delle tecniche di RMN è grande sia in termini diagnostici, sia per evidenziare anomalie nei tessuti, sia per seguire gli effetti dei trattamenti terapeutici.
Nel campo della diagnostica per immagini la RMN riveste attualmente un ruolo molto importante specie per quanto riguarda lo studio dell’encefalo, del midollo spinale, delle articolazioni, delle vie biliari e del sistema vascolare; gli effetti negativi che si possono avere con le radiazioni-X (radiologia) non sono stati finora dimostrati in RMN con l’utilizzo dei campi magnetici di intensità diagnostica e delle radiofrequenze; rispetto agli ultrasuoni (ecografia) sicuramente innocui (quando usati a scopo diagnostico) è nettamente migliore la caratterizzazione tissutale e la risoluzione spaziale.
Giorgio Belloni
(Neuroradiologo presso il Policlinico San Marco di Zingonia (Bergamo))
© Pubblicato sul n° 19 di Emmeciquadro