Una delle tecniche diagnostiche oggi più utilizzate in campo medico si fonda sulle proprietà dell’interazione delle particelle subatomiche in campi magnetici variabili, studiate negli anni Settanta del secolo scorso.
Così, a partire dal fenomeno fisico che ne determina le caratteristiche, l’autore rende ragione della grande potenzialità ed efficacia della RMN per «vedere» l’interno del corpo umano.



Gli studi di Paul Lauterbur e Peter Mansfield, premiati col Nobel nel 2003, hanno permesso la realizzazione di apparecchiature diagnostiche che utilizzano il magnetismo per produrre immagini del corpo umano.
Le apparecchiature di Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) attualmente disponibili permettono di «fotografare» con uno straordinario contrasto i diversi tessuti molli che compongono organi e apparati, sfruttando le modificazioni che un campo magnetico esterno produce sui nuclei di idrogeno1 che sono presenti in larga misura nel corpo umano. L’analisi delle diverse parti del corpo viene realizzata secondo sezioni di spessore anche millimetrico, orientate in qualsivoglia piano dello spazio, senza dover spostare il paziente.
La nozione che molti nuclei posseggono un momento angolare e un momento magnetico, cioè che si comportano come minuscole sfere dotate di una carica elettrica e di un movimento di rotazione, il cosiddetto spin della teoria quantistica, risale al 1924 quando Wolfgang Pauli (1900-1958) dimostrò l’esistenza di una «struttura fine» nello spettro degli atomi.
Tuttavia fu necessario aspettare le ricerche di Felix Bloch (1905-1983) e di Edward Mills Purcel (1912-1997), premi Nobel per la fisica nel 1952, per definire in modo chiaro l’esistenza della rotazione nucleare.
Fra gli anni Cinquanta e Sessanta la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) rappresentò uno strumento analitico per chimici e fisici che testavano struttura chimica, configurazione e reazioni di diversi materiali.
Nel 1973 Lauterbur, esperto nell’utilizzo dei campi magnetici in chimica, modificò uno spettrometro per registrare segnali con una codifica spaziale, attraverso una variazione lineare del campo magnetico.
Con questa tecnica venne prodotta la prima immagine di un oggetto disomogeneo (due tubi di acqua), mentre Mansfield nel 1976 produsse le prime immagini di un essere umano vivente.



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Giorgio Belloni
(Neuroradiologo presso il Policlinico San Marco di Zingonia (Bergamo))

Note

  1. Il nucleo dell’idrogeno è costituito da un protone, particella di carica positiva, pari a una carica elettronica (1,6 10-19 coulomb).

© Pubblicato sul n° 20 di Emmeciquadro

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