Il recupero della dimensione storica contribuisce a far comprendere la reale natura dell’impresa scientifica, le sue potenzialità sul piano conoscitivo e applicativo, e i suoi limiti intrinseci. A partire da questa affermazione l’autore fornisce una serie di indicazioni metodologiche per un percorso didattico che usi efficacemente della dimensione storica e che eviti nel contempo il rischio dello «storicismo» e quello di una impostazione banalmente storiografica.



La riflessione più accorta di chi si occupa (o si è occupato) di educazione dei giovani riconosce nella spaccatura tra la coscienza che si ha del proprio io nei suoi fattori originali e la propria storia, una delle cause principali dell’impoverimento culturale che è sotto gli occhi di tutti; una crisi che va di pari passo, anche nel dibattito degli intellettuali, con la perdita della consapevolezza dei termini reali del cammino di crescita umana.
La scissione dal proprio passato lascia il giovane sospeso «in una tensione al futuro che diventa in tal modo stolidamente senza volto, che diventa una speranza anonima e senza consistenza, inseparabile dalla violenza e dalla illusione supponente.»1
Questo giudizio, oggi più che mai pertinente, contiene un forte richiamo a non dimenticare che il lavoro dell’insegnante in genere, e degli insegnanti di discipline scientifiche in particolare, è un lavoro si potrebbe dire di frontiera, gravido di responsabilità culturali e quindi educative. È pertanto inevitabile chiedersi quale responsabilità in questo impoverimento dell’umano ha avuto, e ha, una certa concezione di scienza, propagandata in modo consapevole o inconsapevole da chi non possiede alcuna reale dimestichezza con il linguaggio scientifico, ma purtroppo anche supinamente accettata da chi, invece, possiede gli strumenti di metodo e di contenuto per contrastarla, ma rinuncia a impegnarsi, raccogliendo la sfida dell’educazione.
Parto da tre constatazioni. La prima è di carattere generale: oggi è ancora molto diffusa una mentalità secondo cui la conoscenza scientifica possiede una tendenza intrinseca ad abbandonare il proprio passato, a tagliare le radici con la propria tradizione; per gli scienziati questa mentalità può significare la necessità di un’incessante ricerca dei fondamenti oppure, al contrario, la censura della domanda stessa sul significato del proprio fare scienza.
Una seconda constatazione è relativa alla situazione dei giovani.



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Maria Elisa Bergamaschini
(Docente di Fisica, membro della redazione di Emmeciquadro)

Note

  1. Cfr.: L. Giussani, Il rischio educativo, SEI, Milano 1995, p. 161.

© Pubblicato sul n° 21 di Emmeciquadro

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