Il linguaggio formale della matematica «scolastica» è molto lontano dalle abitudini linguistiche degli allievi di ogni livello di scolarità.
Nascono spesso gravi difficoltà di apprendimento da parte degli studenti, ma anche di comunicazione da parte di chi insegna e di chi scrive libri di testo.
L’autore riflette sulle caratteristiche della lingua matematica e ne individua le differenze con il linguaggio ordinario, suggerendo percorsi efficaci per superare i contrasti e le contraddizioni.
Introducendo il lettore a una problematica di tipo linguistico intrinseca a ogni insegnamento scientifico che non dovrebbe essere ignorata, come purtroppo ancora troppo spesso accade, da chi insegna discipline letterarie.
Un testo di Hermann Maier, Il conflitto tra lingua matematica e lingua quotidiana per gli allievi, pubblicato nel 1998 in collaborazione dalla Editrice Pitagora di Bologna e dal Gruppo Editorial Iberoamérica, tratta brevemente, ma con grande efficacia, di alcune problematiche linguistiche molto importanti nella scuola, per qualsiasi ordine di insegnamento.
Incomincia con una chiara definizione dell’obiettivo: illustrare la diversità delle convenzioni della lingua quotidiana e della lingua matematica; proporre la necessità di far prendere familiarità agli allievi con una lingua, differente da quella che usano correntemente, che subisce l’influenza del linguaggio formale della matematica scolastica; formulare suggerimenti per la collaborazione tra insegnanti di matematica e di lingua.
Per porre il problema della vasta gamma di difficoltà generate dalla lingua nell’insegnamento della matematica, l’autore si serve di quattro esempi, che presenta all’inizio dell’opera, e a cui fa costante riferimento nel seguito. Li riporto brevemente.
Primo esempio
Allievi di quattordici anni. Un ragazzo descrive per mezzo di un testo una rappresentazione geometrica e un altro deve eseguire la figura servendosi solo del testo fornito dal compagno.
Emergono difficoltà nel descrivere la direzione delle rette e le relazioni tra le rette e i punti di intersezione.
Ogni retta non parallela ai bordi del foglio viene chiamata «inclinata»o «in diagonale», per descrivere posizioni reciproche vengono usate parole come «al di sopra», «al di sotto», «a destra», «a sinistra», «vicino a».
La parola «verticale» è utilizzata per designare una parallela ai lati (sinistro o destro) del foglio e non in senso geometrico, cioè in relazione ad altre rette o piani.
Gli allievi hanno usato parole della lingua quotidiana, poco precise e non appropriate per una descrizione geometrica. Pertanto i testi non sono risultati sufficientemente precisi per servire da guida alla riproduzione di una rappresentazione geometrica.
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Anna Paola Longo
(Docente di Analisi matematica. Politecnico di Torino)
© Pubblicato sul n° 22 di Emmeciquadro