La naturalezza con cui il bambino guarda, chiede, si stupisce lo rende simile allo scienziato che vede, osserva, interpreta, spiega: «soltanto», quest’ultimo sa dove cercare, che tipo di domande porsi, da dove partire per tentare un’interpretazione e una spiegazione.
L’insegnamento delle discipline scientifiche, a ogni livello, deve incentivare l’habitus mentale innato e nel contempo fornire gli strumenti e trasmettere i metodi più opportuni per l’indagine del reale.
Nello scienziato e nel bambino c’è una grande curiosità verso la realtà; il bambino spesso raccoglie frammenti di cose e ce li mostra come reliquie. Un alunno mi indica la lucertola, che stiamo osservando, chiusa temporaneamente nel contenitore trasparente e mi chiede: «Di che colore è?» mi vuole dire: «Nessun pastello corrisponde alla pelle della lucertola; aiutami a trovare il colore esatto!» «Vedere con gli occhi dei bambini» significa anche questo.
Il bambino e lo scienziato non si scoraggiano: ogni conchiglia graziosa è un tesoro, un piccolo passo in più verso la conoscenza; il sassolino colorato rende più amico il grande mare che si stende oltre la spiaggia. Ma lo scienziato conosce il mondo usando un metodo: il metodo della scienza.
Fare scienza nella scuola, anche in quella primaria, significa conoscere ciò che ci sta intorno indagando con questo metodo, che non è una serie schematica di passaggi, ma è il porsi di fronte alla realtà con intenti conoscitivi.
Presento un percorso che ha come tema l’aria, svolto con i miei alunni della seconda classe della scuola primaria. Ne metto in evidenza i passi anche attraverso pagine tratte dai loro quaderni che si aprono tutti con una riflessione di Isaac Newton.
A me sembra di essere stato solo un fanciullo che gioca sulla riva del mare e si diverte a trovare, ogni tanto, un sassolino un po’ più levigato o una conchiglia un po’ più graziosa del solito, mentre il grande oceano della verità si stende inesplorato dinanzi a me. (Isaac Newton) |
L’aria
«Ma l’aria esiste?» La domanda non è oziosa quando si tratta di conoscere una cosa che non si vede.
«Come si rivela l’aria?»
I bambini, come attenti investigatori, elencano gli indizi, le tracce che sono il segno di questa presenza: il vento muove le foglie, ci rinfresca il viso, fa volare il cappello.
Ma anche noi possiamo «muovere» l’aria agitando le mani, correndo, accendendo il ventilatore.
Vai al PDF dell’intero articolo
Paolo Maraschini
(Docente presso la scuola elementare di via don Milani a Cernusco sul Naviglio (Milano). L’attività è stata svolta in una classe seconda della scuola primaria)
© Pubblicato sul n° 24 di Emmeciquadro