for their discovery of
blackbody form and
anisotropy of the cosmic
microwave background
radiation

Quest’anno il Nobel per la Fisica ha premiato John C. Mather (1) [Immagine che segue a sinistra] e George F. Smoot (2) «per la loro scoperta della forma di corpo nero e dell’anisotropia della radiazione cosmica di fondo nelle microonde».
Qual è l’importanza dei loro risultati? La radiazione cosmica di fondo, o radiazione fossile, è la più antica immagine diretta dell’universo primitivo che si può ottenere, perché segna l’istante in cui l’universo diviene trasparente.
Nel modello del Big Bang questa radiazione deve avere esattamente la forma di una radiazione di corpo nero. Le misure del COBE confermano questa previsione con una esattezza di diversi ordini di grandezza superiore alle misurazioni precedenti.
Tuttavia, a un livello di estrema sofisticazione devono presentarsi delle piccole irregolarità che il COBE ha evidenziato confermando quindi le previsioni teoriche. Le ricerche iniziate con la missione COBE proseguiranno con il progetto Planck, a cui partecipa, insieme con lo stesso Smoot, l’astrofisico italiano Marco Bersanelli, a cui abbiamo posto alcune domande.



Intervista a Marco Bersanelli

Che cosa ti ha colpito nella personalità e nel modo di affrontare la scienza di Smoot?

George [Immagine a destra] ha sempre avuto il fiuto sopraffino dello sperimentale, una forza di intuizione non comune. È un entusiasta di ciò che ricerca, una forza della natura. E ha saputo perseguire caparbiamente risultati straordinari. Ricordo gli anni in cui ho lavorato con lui al Lawrence Berkeley Laboratory come decisivi per la mia formazione, pieni di sfide e di soddisfazioni. In quegli anni George lavorava su COBE e al tempo stesso guidava l’esperimento sullo spettro del fondo cosmico, che poi ci avrebbe condotto alle misure fatte al Polo Sud.
George non è mai stato una persona facile per temperamento, ma ha sempre saputo dare una chance a ciascuno. Quando nel 1986 sono arrivato a Berkeley mi ero appena laureato, ero giovane e inesperto, eppure dopo poche settimane lui mi aveva già affidato la responsabilità di uno degli esperimenti. Una collaborazione che è continuata e cresciuta fino a oggi sulla missione Planck. Da lui ho imparato moltissimo, gliene sono grato.



Nell’immagine : George Smoot (il secondo da destra) e Marco Bersanelli con il team di studio durante la spedizione al Polo Sud

Qual’è, in sintesi, il valore del risultato raggiunto, e premiato col Nobel?

George Smoot e John Mather hanno aperto nuove frontiere alla ricerca sulle origini e sull’evoluzione dell’universo studiando la «luce fossile» (detta CMB da Cosmic Microwave Background) che ci proviene dalle profondità dello spazio e del tempo. Le loro ricerche, culminate con i risultati del satellite COBE nel 1989, hanno mostrato per la prima volta le caratteristiche «fini» della prima luce del cosmo. Come ha osservato Smoot, paragonando la scala cosmica alla scala umana, l’osservazione della luce fossile equivale a studiare un embrione di pochi giorni.
Le loro scoperte riguardano due diversi fronti: da una parte l’energia luminosa primordiale ha una distribuzione «ideale», un po’ come il suono purissimo di un diapason. Dall’altra si sono viste per la prima volta lievissime increspature (variazioni di una parte su centomila!) nel mare bollente di radiazione e materia che riempiva l’universo 14 miliardi di anni fa.



Quando Smoot ha iniziato la sua ricerca sulle disuniformità del CMB, quale è stato lo spunto? Che cosa non andava nella iniziale descrizione del CMB?

Quello che «non andava» è che il CMB apparisse completamente uniforme. Negli anni Ottanta gli esperimenti da terra e da pallone avevano raggiunto sensibilità notevoli, ciononostante nessuno era mai riuscito a misurare una deviazione dalla perfetta uniformità. Questo non andava d’accordo con il fatto che nell’universo presente noi osserviamo strutture, come le galassie e gli ammassi di galassie, i cui «semi» iniziali dovevano essere presenti anche nell’universo appena nato. È stato necessario uscire dall’atmosfera con un satellite come COBE e realizzare strumenti con sensibilità superiore per scoprire queste tenui increspature. Come la rugosità di una superficie liscia si può vedere con una lente abbastanza potente.

Quali problemi restano aperti e come in questo si inserisce il ruolo della missione Planck?

La dimostrazione dell’imponenza del risultato di Smoot sta nella messe di nuove domande e nuove ricerche che ha aperto. Dopo COBE è seguita una seconda missione spaziale della NASA, WMAP, ancora in corso. Nel 2008 l’ESA lancerà il satellite Planck, anch’esso interamente dedicato al fondo cosmico. Planck, nel quale l’Italia gioca un ruolo di leadership, ha l’obiettivo di portare a termine quello che COBE ha incominciato: misurare il CMB con una precisione senza precedenti così da poter ricavare il valore dei parametri che regolano l’evoluzione e il futuro dell’universo. Stiamo lavorando su Planck dal 1992, cioè dall’indomani dei risultati di COBE, e siamo orgogliosi di avere George Smoot come uno dei nostri più stretti collaboratori.

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a cura di Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)

Note

  1. John C. Mather (1946- ), fisico, Senior Astrophysicist al Goddard Space Flight Center della NASA, Greenbelt, MD (USA)
  2. George F. Smooth (1945 –  ), astrofisico, Professore di Fisica presso l’University of California. Opera presso il Lawrence Berkeley National Laboratory dal 1970

© Pubblicato sul n° 28 di Emmeciquadro