Significato e Senso nel Lessico Scientifico
Di emergenza, intesa nel significato più comune del lessico ordinario, oggi si parla tanto; di proprietà emergenti parlano molto gli scienziati che studiano il clima, l’ambiente o gli organismi viventi e gli specialisti dei fenomeni caotici. Ma raramente si ha la preoccupazione di inquadrare la questione in un chiaro contesto culturale. L’autore, mettendo a fuoco il significato della parola, la considera in relazione a fenomeni studiati in diverse aree disciplinari e in riferimento a visioni del mondo sostenute dalla scienza e dagli scienziati nel corso dei secoli. Un chiarimento e un quadro di riferimento necessari non solo al mondo accademico o agli esperti di sistemi, ma anche, forse soprattutto, a chi, insegnando a qualsiasi livello di scuola, non può rinunciare a possedere e a comunicare concetti chiave per comprendere la realtà.
Le immagini che corredano questo articolo sono incisioni di Jean de Gourmont (Parigi 1588). Esse sono conservate a Roma, nella Biblioteca Riccardiana, St. 11090, Agostino Ramelli, Le diverse et artificiose machine del capitano Agostino Ramelli dal ponte della Tresia ingegni ero del Christianissimo Re di Francia et di Pollonia. |
Il contenuto di questo articolo è stato presentato ad Ancona il 1° dicembre 2006 in occasione del convegno Esiste una finalità nella natura? organizzato dal Centro Studi Oriente Occidente. |
Nel parlare di sistemi, complessità, informazione, autopoiesi abbiamo spesso utilizzato un concetto che a essi è strettamente collegato e si incontra sempre più spesso nei dibattiti sull’origine della vita: quello di ‘emergenza’.
Dopo aver detto che il tutto è molto di più della somma delle parti, abbiamo precisato che quel «di più» consiste nel fatto che le proprietà del tutto non sono solo quelle «quasi-additive» – cioè quelle stesse delle parti, con le variazioni dovute alla presenza delle altre parti, sommate su tutte le parti – ma anche nuove proprietà che emergono dall’interazione delle parti. In questa nota vogliamo tornare appunto sulla natura e sulle modalità di questo ‘emergere’.
[A sinistra: Macchina per attingere l’acqua da un pozzo. Fig. X]
Il termine fu introdotto nel 1874 dal pensatore e biologo inglese George Henry Lewes (1817-1878) e fu diffuso soprattutto dal filosofo Samuel Alexander (1859-1938), che lo definiva come segue: «l’emergenza di una nuova qualità da qualunque livello di esistenza significa che, a quel livello, viene in essere una certa costellazione [disposizione] o collocazione dei moti che appartengono a quel livello e posseggono la caratteristica che gli è propria; e questa collocazione possiede una nuova caratteristica distintiva del complesso più alto. Questa caratteristica e la costellazione a cui appartiene sono a un tempo nuove ed esprimibili senza residuo in termini del processo proprio del livello da cui emergono; proprio come la mente è una caratteristica nuova distinta dalla vita, con i suoi peculiari modi di comportamento non puramente vitale, ma anche vitale».(1)
Questo passo non brilla per chiarezza, ma bisogna ricordare che Alexander fu uno dei primi, dopo il declino di Aristotele, a rendersi di nuovo conto dell’esistenza dei livelli di complessità e del concetto di emergenza a essi correlato.
[A destra: Macchina per attingere l’acqua da un pozzo molto profondo. Fig. LXXV]
L’universo si presenta come un insieme di oggetti complessi in interazione dinamica. Ogni oggetto può essere costituito da altri oggetti, ciascuno dei quali a sua volta può avere una sua costituzione interna; per cui in ogni oggetto si hanno dei livelli di complessità. Per esempio, in un vivente si possono riconoscere almeno quattro livelli di complessità: quello in cui gli oggetti più complessi considerati come unità sono le biomolecole, quello delle cellule, quello degli organi, quello dell’individuo come tale. Ci sono proprietà che almeno entro certi limiti si possono spiegare a livello di molecole, e tra queste vi è nientemeno che la trasmissione dei caratteri ereditari, ma vi sono proprietà, come la reazione a un pericolo, che mettono in gioco l’intero organismo.
Nei viventi, beninteso, non si assiste fisicamente alla comparsa di proprietà corrispondenti al passaggio da un livello più basso di complessità a uno piu alto, perché in essi ha luogo piuttosto lo sviluppo delle singole parti dell’organismo.
Tuttavia, proprietà come la capacità di reagire a un pericolo ovviamente non si possono ricondurre ai singoli organi, ma sono guidate da un centro che coordina tutto. A questo centro si dà di solito il nome di mente (2), anche nel caso degli animali non razionali.
Si vede così che quando si parla di emergenza di nuove proprietà non s’intende necessariamente il risultato di un processo concreto che segue alla giustapposizione delle parti, ma una caratteristica del sistema considerato che non si può dedurre dalle leggi che governano le parti (emergenza esplicativa) e che non si può in genere ridurre alle proprietà delle parti (emergenza descrittiva).
[A sinistra: Macchina per attingere l’acqua da un pozzo profondissimo. Fig. LXXXV]
Naturalmente, come nel caso di altri concetti, si pensa comunque a un processo ideale in cui dalle parti non interagenti si arriva alla situazione effettiva; è per questo che si pensa alle nuove proprietà d’insieme come se emergessero dalla combinazione delle parti. È giusto notare a questo punto che già Aristotele, seguito da san Tommaso d’Aquino, aveva visto la vita come una caratteristica che emergeva dall’attivazione di «un corpo dotato di organi operativi e capace di vita, ma non vivo».
Vi sono però casi in cui si assiste effettivamente all’emergenza di nuove proprietà per effetto della riunione di più unità. Nell’ambito della tecnica, basta pensare alla differenza tra un motore d’automobile smontato e lo stesso motore montato: il montaggio fa emergere la capacità di trasformare energia chimica in energia di movimento. Nel mondo biologico sono le alghe unicellulari che danno gli esempi più affascinanti di emergenza di proprietà nuove per unione anche di più cellule – nella fattispecie per formazione di una colonia. Nel flagellato Volvox Volvox, per esempio, una volta che le cellule si siano riunite si ha una differenziazione, per cui le cellule con i flagelli si dispongono tutte all’esterno di un insieme sferico o a disco di alcune decine di migliaia di cellule. La colonia così formata si può muovere in tutte le direzioni, il che dimostra che vi è una coordinazione dei flagelli delle cellule esterne: siamo di fronte a una proprietà d’insieme che è emersa dalla riunione delle singole cellule.(3) Dunque, se la colonia si forma da cellule che possono anche essere libere e indipendenti, siamo di fronte all’emergenza come processo osservabile.
Potenza e atto
Che sia osservabile o no, l’emergenza di nuove proprietà è un fatto che già duemilaquattrocento anni fa era stato messo al centro del suo pensiero da Aristotele, e cessò di esserlo dal tempo di Galileo, quando prevalse il meccanicismo, cioè la spiegazione dei fenomeni per analogia con un meccanismo a orologeria e simili, non perché, come abbiamo detto a proposito di un motore, l’emergenza non avesse luogo, ma perché macchine del genere sono talmente semplici che si è già capito come funzionano quando si è capito come si trasmette il movimento da un pezzo a un altro.
Come abbiamo già accennato nelle note precedenti, il recupero si è avuto dopo che gli scienziati avevano cessato di avere basi culturali di tipo tradizionale, ed è per questo che è stato accompagnato dall’introduzione di nuovi nomi, in particolare ‘complessità’ ed ‘emergenza’.
[A destra: Macchina per attingere l’acqua da un pozzo- Fig. LVI]
Per Aristotele e per Tommaso d’Aquino quest’ultima si chiamava «passaggio dalla potenza all’atto». Per esempio: date le parti di un motore, non si ha un motore effettivo, in atto, ma con quelle parti si può ottenere un motore. Quest’ultimo è nelle parti in potenza e quando ‘emergerà’ dalle parti sarà invece in atto. L’emergenza chiude pertanto un ciclo storico del pensiero filosofico-scientifico.
Non ci fermiamo a lungo su questo, ma ricordiamo un caso eclatante già segnalato: la credenza che se si sa risolvere l’equazione fondamentale della meccanica quantistica per un generico sistema di atomi si può fare a tavolino tutta la chimica, quando invece quell’equazione dà risultati interessanti solo se si sa cosa si cerca. L’equazione contiene in potenza tutte le informazioni sulle molecole che si potrebbero formare con ogni dato gruppo di atomi, ma salvo casi semplicissimi le possibilità sono tante. Occorrerebbe anzi tutto decidere quali forme in atto del sistema sono molecole, e questo si fa approssimativamente ricorrendo alle leggi della valenza, leggi che per ora nessuno è stato in grado di ricavare dalla meccanica quantistica se non con appositi modelli.
Persino il fatto che il legame fra due atomi d’idrogeno è un buon modello del legame chimico in generale è una congettura che ha trovato conforto in vari modi, ma non è stata mai dimostrata.(4)
Va aggiunto a questo punto che l’aspetto costruttivo del meccanicismo è stato l’aver messo l’accento sul ‘come’ rispetto al ‘che cosa’; e non si può negare che questo ha costituito un grande progresso culturale, fino a quando l’interesse per il modo in cui avvengono i fenomeni osservati non è scaduto nella perdita di sensibilità per la definizione precisa delle cose. Sia come sia, è importante fermarsi sull’emergenza come fenomeno osservabile direttamente o indirettamente a livello scientifico, perché è stato in relazione a questo suo aspetto oltre che al tramonto della sensibilità filosofica che è nata la confusione sul caso come alternativa al creatore.
Emergenza ed evoluzione
Per entrare in argomento basterà segnalare ancora che il presidente della Società Americana di Mineralogia prese come tema del suo indirizzo al convegno 2006 di quella società l’origine della vita dalla materia non vivente e affermò fra l’altro che l’ipotesi che la genesi della vita è un caso particolare del fenomeno naturale più generale dell’emergenza della complessità.(5)
Rifacciamoci al principio secondo cui le particelle libere sono animate da un moto che obbedisce alla «legge del caso» per poi vedere cosa si deve intendere quando si parla dell’«emergenza per caso», tanto cara a quelli che fanno dell’evoluzionismo non solo una teoria scientifica, ma una dottrina alternativa alle grandi religioni monoteistiche.
[A destra: Leggio a ruota per più libri. Fig. CLXXXVIII]
Il principio base della fisica statistica è la correlazione fra la temperatura di un corpo e l’energia di movimento delle particelle che lo costituiscono. Nel caso di un gas rarefatto ogni molecola si muove di moto uniforme fino a che non ne urta un’altra, dopo di che cambia direzione e velocità come farebbe una pallina di un ipotetico biliardo tridimensionale urtandone un’altra. Con questa premessa, consideriamo un caso concreto e affascinante costruendo uno «scenario», sia pure ipotetico e molto semplificato, per l’emergenza di una stella nell’universo. Prendiamo in considerazione una nube di gas cosmico costituita da atomi d’idrogeno, nonché, in misura molto minore, da atomi di elio e di altri elementi. Una tale nube può avere una densità di 10000 atomi per centimetro cubico. Si tratta di una quantità infinitesima se la si confronta con i 27 miliardi di miliardi di atomi che sono presenti in un cm3 di un gas a temperatura e pressioni normali; ma è quanto basta perché un temporaneo addensamento della nube crei un campo gravitazionale abbastanza forte sia da far avvicinare ulteriormente tra loro gli atomi dell’addensamento sia da attrarre gli atomi più esterni, formando così nella nube un ‘nucleo’ che è una sorta di germe stellare. In questo processo i singoli atomi perdono velocità perché restano «incollati» al nucleo, e la loro energia cinetica si trasferisce al nucleo stesso come energia di agitazione locale, cioè come aumento di temperatura. Si ha pertanto il «collasso » della nube su se stessa, con diminuzione del raggio, così che essa diventa una sfera ad altissima temperatura, con relative reazioni nucleari, insomma una stella.(6)
Lo scenario proposto basta per illustrare il punto che ci interessa qui, cioè il fatto che dal moto caotico degli atomi, a cui è associata una distribuzione suscettibile di fluttuazioni, emerge qualcosa di nuovo. Una fluttuazione casuale autoamplificata per effetto delle forze di gravità ha dato luogo a un processo di «complessificazione » della nube.
Conclusione
Vogliamo infine concludere parlando della ben nota tesi dell’emergenza «per caso» della vita e dell’uomo. Abbiamo visto che l’emergenza è necessariamente la determinazione, il passaggio all’atto, di proprietà della materia che prima erano solo potenziali. Questa determinazione, può essere un vero e proprio processo fisico, se ha luogo in modo che si creino in stadi successivi le condizioni per la comparsa di nuove proprietà di corpi o di insiemi di corpi. In questo senso si può parlare del meccanismo con cui quelle proprietà emergono dalla materia.
A parte questioni di probabilità, un intreccio estremamente complesso di processi in parte originati da fluttuazioni casuali potrebbe anche far emergere l’organizzazione e la vita, perché sappiamo che queste sono una possibile conseguenza dell’azione combinata delle leggi che reggono le interazioni delle particelle elementari e dei corpi da esse costituite.
Le leggi fisiche operano una selezione progressiva sulle fluttuazioni casuali di corpi sempre più complessi.
[A sinistra: Ponte mobile per attraversare fossati. Fig. CXLVI]
La catena delle successive emergenze nella storia dell’universo sarebbe dunque schematicamente la seguente. In principio c’era una materia totalmente indifferenziata, equivalente a una miscela in parti uguali di materia ordinaria e antimateria. In virtù del moto primordiale vi fu una fluttuazione che generò una «rottura di simmetria». Di questa i cosmologi dicono poco o nulla.(7)
In seguito, per un gioco di fluttuazioni e di attrazioni gravitazionali, si generarono i primi addensamenti di materia (nebulose gassose), poi i primi nuclei stellari, e così via fino all’origine della vita.
L’idea che l’emergenza di processi e cose nell’universo sia ‘dovuta’ al caso ha dato adito a polemiche artificiose inizialmente giustificate, in ambiente protestante, dall’aderenza cieca alla lettera della Bibbia, nonché, in ambiente cattolico, da resistenze dovute soprattutto a preoccupazioni principalmente pastorali. La polemica si è intensificata per l’impreparazione culturale di molti di coloro che credono in un Dio creatore, perché, malgrado ripetuti ammonimenti dei papi, in particolare di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, non si sono resi conto che la scienza fornisce sì indizi riguardo all’esistenza di Dio, ma non ha né il compito né gli strumenti concettuali per arrivare a una conclusione.
Qui ci basterà ricordare Sant’Agostino (354-430 d.C.), la cui analisi della relazione fra tempo e creazione è talmente avanzata che ancor oggi è spesso oggetto di confusione. Agostino parte dalla domanda «cosa faceva Dio prima di creare il mondo?» per ricordare che alcuni rispondono «preparava la Geenna per quelli che fanno simili domande» aggiungendo che non avrebbe fatto come loro, perché altro è eludere il problema con una battuta altro è prendere sul serio la questione. Conclude infine che Dio non faceva nulla prima di creare il mondo perché Dio è eterno presente, e crea e vede tutto contemporaneamente, cosicché per lui non ci sono né un prima né un dopo. Ora, quando diciamo che qualcosa è avvenuto per caso intendiamo dire che quel qualcosa non ha una causa efficiente, cioè non è determinato da uno stato di cose che lo precede.
Questa è una limitazione nel tempo e nello spazio, e non vale certamente per la creazione da parte di Dio, siamo noi che, per come siamo fatti, leggiamo il libro della natura nel tempo e nello spazio, e perciò ci serviamo di concetti come quelli di caso e di evoluzione.
Giuseppe Del Re
(Già Ordinario di Chimica Teorica presso l’Università “Federico II” di Napoli)
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- S. Alexander, Time, Space and Deity, pp. 14 e 45-46. Riportato da A. Lalande, Vocabulaire technique et critique de la philosophie, rivisto dai membri e corrispondenti della Società francese di filosofia e pubblicato con le loro correzioni e osservazioni, decima edizione (Presses Universitaires de France, Parigi 1968), alla voce ‘émergence’.
- I cognitivisti radicali sostengono che questo centro «non è altro che» un sistema di circuiti neuronici del cervello, ma comunque ne ammettono l’esistenza. Cfr. Douglas R. Hofstadter: Gödel, Escher, Bach: an Eternal Golden Braid (Harmondsworth, Middlesex (GB): Penguin Books Ltd. 1980). Esiste in traduzione italiana (Adelphi).
- Si veda l’eccellente articolo di V. Giacomini su “Associazioni biologiche”, Encicl. del Novecento (Roma: Istit. Enc. Italiana 1976), vol. I.
- Si veda il nostro articolo: Parole e Scienza: Sistema, in Emmeciquadro n. 20, aprile 2004.
- Robert M. Hazen, Mineral surfaces and the prebiotic selection and organization of biomolecules, in American Mineralogist, Vol.91(2006), pp.1715-29. Ringraziamo il professor Francesco Abbona dell’Università di Torino per averci segnalato questo articolo.
- Cfr. E. E. Salpeter, Encicl. del Novecento (Roma: Istit. Enc. Italiana 1984), vol. VII, p. 149.
- Vedi però Alberto Masani, La cosmologia nella storia, fra scienza, religione e filosofia (La Scuola, Brescia 1996)
© Pubblicato sul n° 29 di Emmeciquadro