Studiare sistemi biologici complessi esplorando i meccanismi della biodiversità; cogliere il fenomeno dell’emergenza lungo le trame dell’evoluzione cosmica e trarne tutte le conseguenze; accostare l’effervescente mondo delle nanotecnologie, al di là delle mode, e individuarne le molteplici implicazioni; ripercorrere la storia di una particella sfuggente come il neutrino, sul quale si concentrano le attenzioni sia dei fisici che dei cosmologi: sono solo alcune delle ricerche di punta della scienza dei nostri giorni, alle quali sono dedicate molte pagine di questo numero.
Sono gli avamposti di una scienza che non ha certo esaurito, come alcuni scettici vorrebbero, la sua carica di novità e quindi può continuare a esercitare sui giovani quell’attrattiva che innesca l’interesse per la conoscenza e che sostiene la fatica dell’indagine e dello studio. Sono punte avanzate interessanti per le prospettive che aprono, per i nuovi livelli del reale che svelano, per i sorprendenti collegamenti che permettono di attivare tra diversi ambiti conoscitivi.
In chi è impegnato nel lavoro di educazione scientifica, la reazione suscitata da temi come questi può facilmente tradursi nell’ansia per un difficile aggiornamento, nell’inseguimento dei nuovi contenuti, nella fretta di aggiungere ulteriori capitoli a programmi già fin troppo densi. Ci sembra invece più produttivo raccogliere due sollecitazioni di tipo essenzialmente metodologico.
La prima. L’inaugurazione di nuovi campi del sapere invita a rileggere e a riconsiderare le acquisizioni precedenti re-inquadrandole nel nuovo scenario. È la fase top-down del processo conoscitivo, che non riduce la carica dirompente delle scoperte recenti ma la può meglio afferrare innestandola in una tradizione culturale; allo stesso tempo riesce a vedere aspetti insospettati della realtà illuminando, come in retroazione, le acquisizioni consolidate con la luce della chiarezza e della vivacità dei debuttanti.
Questa capacità di dialogo tra presente e passato è uno dei segreti del genio creativo di tanti grandi della scienza; ed è un prezioso suggerimento per chi deve comunicare alle giovani generazioni la ricchezza e il senso di un cammino di scoperta come è quello scientifico.
La seconda sollecitazione è di carattere generale e riguarda l’atteggiamento più idoneo ad affrontare la ricerca scientifica (e quindi lo studio delle scienze). Proprio settori «avanzati» come quelli menzionati, per la loro spiccata propensione interdisciplinare, per la loro esigenza di uscire dagli schemi, di trovare nuovi paradigmi, mostrano con evidenza come una conoscenza efficace, fruttuosa, soddisfacente richieda una totale apertura della ragione, uno sguardo continuamente spalancato sul reale, una mente pronta a raccogliere e a rendere fecondo ogni spunto, ogni dettaglio, ogni nesso, ogni sottile implicazione.
Ma una simile predisposizione non vale solo per le ricerche «avanzate»; anzi, è l’obiettivo pedagogico sul quale l’insegnante di discipline scientifiche dovrebbe concentrare i suoi sforzi. Trovando in questo comune compito di apertura della ragione il primo spazio di dialogo con tutti gli altri colleghi.



Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 29 di Emmeciquadro


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