Il brano di Leonardo che preannunciava questo numero tratteggia con linguaggio suggestivo l’atteggiamento tipico che muove il ricercatore e che rappresenta una leva potente da attivare anche per una educazione scientifica efficace. Descrivendo con accenti realistici la sua esperienza di esplorazione di una caverna, il genio vinciano parla di una «bramosa voglia di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artificiosa natura» e si descrive animato dal «desiderio per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa». È l’atteggiamento di chi non si limita a passare in rassegna gli oggetti e a registrare i fenomeni naturali, ma accosta le cose con una aspettativa tendenzialmente illimitata, col desiderio di imbattersi in qualcosa di sorprendente, di cogliere di più di quanto appaia a una prima superficiale ricognizione della realtà.
È difficile affermare che si tratti di un atteggiamento legato a particolari inclinazioni del carattere o a una particolare sensibilità estetica: è piuttosto costitutivo della persona, quindi inestirpabile, anche se un contesto sociale sempre meno attento all’umano fa di tutto per imbrigliarlo e incanalarlo su binari prefissati.
Nel caso della ricerca scientifica poi, rappresenta una condizione favorevole per una ricerca più «produttiva» oltre che soddisfacente. La tensione creata dal desiderio del nuovo e del bello e la volontà di evitare delusioni e insuccessi, fanno lo scienziato più acuto, rendono la sua capacità osservativa più penetrante, affinano il suo senso critico. Così lo portano a non accontentarsi delle teorie unanimemente accettate per indagare aspetti trascurati e verificare strade innovative. Emblematico è il caso dell’evoluzione, affrontata in queste pagine con un approccio originale, applicando un paradigma onnicomprensivo e più ampio di quelli neodarwinisti.
La molla del desiderio è anche una condizione basilare per un apprendimento solido e personale; teso a irrobustire nello studente quelle radici senza le quali l’accumularsi delle conoscenze rischia solo di alimentare la confusione. Un apprendimento che consenta al giovane di orientarsi nel panorama culturale attuale, sempre più dominato da un sapere incerto e frammentato. Il desiderio di andare più a fondo in ciò che si è intuito e inizialmente sperimentato può sostenere il giudizio e la necessaria decisione per affrontare le scelte universitarie dopo l’Esame di Stato. Se ne sono resi conto coloro che, realizzando il «Progetto Lauree Scientifiche», hanno offerto agli studenti esperienze significative del «fare scienza» attraverso incontri significativi tra mondo della ricerca e mondo della scuola.
Una scuola che intenda far crescere persone in grado di continuare a imparare, come richiede un mondo del lavoro sempre più competitivo e globalizzato, ha allora il compito di non spegnere questo sguardo carico di aspettativa, anzi di alimentarlo cogliendo tutte le occasioni opportune e utilizzando tutti gli strumenti disponibili.
D’altra parte, l’immagine che l’insegnante ha costantemente e inevitabilmente davanti agli occhi è quella dei volti dei propri studenti: come è possibile non riconoscere in essi una traccia del leonardesco desiderio di vedere di più?
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 30 di Emmeciquadro