La fisica dei raggi cosmici, uno dei più interessanti e vasti campi d’indagine delle scienze fisiche del XX secolo, si è sviluppata grazie anche ai fondamentali contributi di scienziati italiani. Il 2007 offre l’occasione di ricordare uno dei più grandi studiosi italiani di raggi cosmici, Giuseppe Occhialini, autore di scoperte di primaria importanza sia nell’infinitamente piccolo, la fisica delle particelle elementari, sia nell’infinitamente grande, la fisica dello spazio. L’autore presenta con puntigliosa precisione gli eventi, scientifici e non, della sua vita facendone emergere tutta la ricchezza e la complessità. Non solo uno scienziato di grande carisma, ma un maestro severo e appassionato: così lo ricordano i suoi studenti dell’ateneo milanese. Lezioni chiare e affascinanti alla fine del corso di studi diradavano la nebbia attorno alla domanda che urgeva in ciascuno dei prossimi laureati: chi è un fisico? Quanto imparato, spesso in modo frammentario, si componeva in una visione sintetica e la domanda trovava per ciascuno la risposta nella sua viva testimonianza.
Nato nella cittadina marchigiana di Fossombrone nel 1907, da una famiglia di tradizioni liberali e massoniche, Giuseppe (detto «Beppo») Occhialini era figlio d’arte. Il padre, Raffaele Augusto Occhialini (1878-1951), si era laureato in fisica a Pisa nel 1903 e aveva iniziato la sua carriera scientifica come collaboratore di Angelo Battelli (1862- 1916) nella stessa città. Augusto Occhialini continuò la sua carriera all’Università di Firenze (dal 1918 al 1921) come assistente di Antonio Garbasso (1871-1933) e, in seguito, alle Università di Sassari, di Siena e infine di Genova dal 1929 alla morte nel 1951.(1)
Cresciuto a Pisa e a Firenze, Beppo Occhialini rimase con la madre, Etra Grossi, in quest’ultima città anche dopo il trasferimento del padre a Sassari. Iscrittosi ancora quindicenne al Partito Fascista, come atto di ribellione adolescenziale alle idee liberali del padre, maturò un’insofferenza al fascismo già prima dell’omicidio di Giacomo Matteotti nel 1924. Conclusi gli studi al liceo scientifico, Beppo si immatricolò come studente di fisica all’ateneo fiorentino, dove si laureò nel 1929.
La Scuola di Arcetri
Negli anni Venti, l’Istituto di Fisica di Arcetri era sotto la direzione di Antonio Garbasso (1871-1933) e, nonostante versasse in pessime condizioni finanziarie, riusciva a ospitare un’interessante produzione scientifica, soprattutto in spettroscopia, grazie a fisici come Rita Brunetti (1890-1942), Franco Rasetti (1901-2001), Vasco Ronchi (1897-1988) ed Enrico Fermi (1901-1954). Alla fine degli anni Venti, con l’arrivo a Firenze di Bruno Rossi (1905-1993) da Bologna e di Gilberto Bernardini (1906-1995) da Pisa, nacque una grande scuola di fisica italiana, la «Scuola di Arcetri», coeva della più nota scuola romana dei «Ragazzi di via Panisperna» con la quale fu sempre in ottimi rapporti.
[Immagine a sinistra: Alcuni membri del gruppo di Arcetri; in senso orario: Giuseppe Occhialini (seduto in alto), Pier Giovanni Caponi, Daria Bocciarelli, Gilberto Bernardini e Bruno Rossi. Cortesia: Archivio Occhialini-Dilworth]
Un’ulteriore stretta collaborazione si ebbe con l’Osservatorio di Arcetri, il cui direttore, Giorgio Abetti (1882-1982), aveva istituito un «Seminario Fisico e Astrofisico» al quale prendevano parte fisici italiani e stranieri che vi esponevano i dettagli delle loro ricerche.
La nascita della «Scuola di Arcetri» è legata in particolare alla lettura collettiva di un articolo di due fisici tedeschi, Walther Bothe (1891-1957) e Werner Kolhörster (1887-1946). In questo articolo veniva descritto un esperimento che aveva segnato un punto di svolta nelle ricerche sulla radiazione cosmica.(2)
I raggi cosmici erano stati scoperti nel 1912 dal fisico austriaco Victor Hess (1883-1964) come una radiazione proveniente dall’alto grazie a una serie di voli in pallone durante i quali aveva misurato la variazione della velocità di scarica di un elettroscopio a diverse quote. Rimaneva misteriosa la natura di tali raggi. Trattandosi di una radiazione molto penetrante, si ritenne in un primo tempo che si avesse a che fare con raggi gamma di alta energia.
Partendo da questi dati, il fisico americano Robert Millikan (1868-1953) determinò le energie corrispondenti ai cammini di assorbimento (26 MeV, 110 MeV e 220 MeV) e osservò che corrispondevano all’energia delle reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno producenti i nuclei di elio, del gruppo dell’ossigeno e del gruppo del silicio, vale a dire gli elementi più abbondanti nell’universo osservato. Millikan formulò così una teoria cosmologica, la Birth Cry Theory, che considerava i raggi cosmici come i raggi gamma liberati durante le reazioni di fusione nucleare che davano vita ai nuclei dei vari elementi chimici. Erano, pertanto il «grido natale» (birth cry) dei nuclei.
La teoria di Millikan, per quanto affascinante, non resse alla prova delle successive indagini. In particolare, le misure di assorbimento attraverso spessori diversi di materia condotte da Bothe e Kolhörster misero in evidenza la natura corpuscolare della radiazione cosmica. Non i raggi gamma, ma particelle cariche (elettroni o protoni) di altissima energia erano probabilmente i costituenti dei raggi cosmici. Le misure condotte dai fisici tedeschi richiedevano una strumentazione poco costosa, essenzialmente alcuni contatori di Geiger-Müller e lingotti di piombo per la schermatura della strumentazione dalla radiazione.
Oggi sappiamo che i raggi cosmici provenienti dallo spazio, detti «primari», sono in prevalenza nuclei atomici e che, interagendo nell’atmosfera terrestre, possono produrre altri tipi di particelle, i raggi cosmici «secondari»: elettroni, fotoni, pioni, muoni, neutrini.
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Leonardo Gariboldi
(Ricercatore di Storia della Fisica presso l’Istituto di Fisica Generale Applicata e il Museo Astronomico-Orto Botanico di Brera dell’Università degli Studi di Milano)
Note
- Tra le opere principali di Augusto Occhialini, si segnalano in particolare i trattati La radioattività (del 1910) ed Elettrotecnica (del 1921-1922).
- Walther Bothe, Werner Kolhörster, Das Wesen der Höhenstrahlung, in: Zeitschrift für Physik n. 56, 1929, pp. 751-777. Walther Bothe, Werner Kolhörster, Die Natur der Höhenstrahlung, in: Die Naturwissenschaften n. 17, 1929, pp. 271-273.
© Pubblicato sul n° 30 di Emmeciquadro