Giant Magnetoresistance”
Il premio Nobel per la Fisica 2007 è stato assegnato ad Albert Fert e Peter Grünberg per la scoperta della magnetoresistenza gigante (Giant Magneto-Resistance, GMR), con una motivazione che sottolinea le applicazioni di tale fenomeno: «Grazie a questa scoperta, le dimensioni dei computer si sono ridotte notevolmente. Basta ricordare i giganti del 1964. Anche il costo dei personal computer è crollato in modo incredibile» è il commento del Presidente della Commissione per i Nobel.
Abbiamo qui un esempio lampante di una caratteristica dell’attività scientifica in genere e di quella in fisica in particolare, per cui risultati conseguiti nella ricerca di base su tematiche magari anche lontane dalla comune percezione (riassunta nella frase «sì bello, ma a che serve?»), possano invece col passar del tempo dar luogo a importanti applicazioni che incidono profondamente sulla vita di tutti i giorni.
Il brevissimo intervallo di tempo tra scoperta e applicazione in questo caso rappresenta una situazione per nulla comune, dovuta a una serie di circostanze particolarmente fortunate che vale la pena di spiegare prima di passare alla fisica del problema. Com’è ben noto, un modo particolarmente efficace di immagazzinare informazioni comporta l’uso di un supporto magnetico (disco) in cui piccole zone (domini) sono magnetizzate lungo una direzione nel piano con due possibili versi opposti. L’informazione è codificata in maniera binaria: magnetizzazione in un verso corrisponde a «0» e nel verso opposto a «1». Per leggere i bit è quindi necessario un dispositivo che reagisca in modo noto quando si passa da un dominio all’altro. Ciò può essere fatto mediante «testine di lettura magnetoresistive», cioè basate sull’effetto di magnetoresistenza (MR). Tale effetto, già noto ai fisici dell’Ottocento, consiste nella variazione della resistenza elettrica di un filo percorso da corrente indotta dall’applicazione di un campo magnetico. Gli elettroni in moto nel conduttore, responsabili del passaggio di corrente, vengono deflessi dalla forza di Lorentz cui sono soggetti in presenza di un campo magnetico. Ne risultano delle traiettorie modificate con una distanza più lunga da percorrere per andare da un capo all’altro del conduttore e quindi un aumento della resistenza elettrica. Come si può immaginare l’effetto è abbastanza piccolo: nei normali conduttori tipo il rame si osserva una MR che vale al più qualche percento. Nonostante questi piccoli valori, tali variazioni possono tuttavia essere misurate e sfruttate appunto nella lettura dei bit codificati su un disco magnetico.
Veniamo ora all’altro aspetto, forse anche più interessante: qual è l’origine fisica della GMR? Innanzitutto bisogna considerare che l’elettrone possiede un momento angolare intrinseco, lo spin, una proprietà puramente quantistica e senza analogo classico. Allo spin è associato un momento di dipolo magnetico: ogni elettrone è come un piccolo ago magnetico che si può orientare in un campo esterno. Nei materiali ferromagnetici tali dipoli elementari sono allineati parallelamente (elettroni maggioritari) o antiparallelamente (elettroni minoritari) alla magnetizzazione. Questi due tipi di elettroni sperimentano una diversa resistenza nel loro moto all’interno del ferromagnete (minore per i maggioritari che per i minoritari) e la corrente complessiva può considerarsi composta da due canali indipendenti in parallelo, corrispondenti agli elettroni maggioritari e a quelli minoritari. In un materiale massivo ciò non ha alcuna conseguenza misurabile. La situazione cambia quando si considerano materiali nanostrutturati a film sottile.
Fert e Grünberg hanno scoperto che se si realizza una struttura ordinata in cui due strati magnetici (diciamo di ferro) sono separati da un sottilissimo strato (spessore minore di un miliardesimo di metro) di materiale non ferromagnetico (diciamo cromo), l’interazione di scambio mediata dallo strato interposto fa sì che la magnetizzazione dei due strati ferromagnetici punti in versi opposti.
Per quanto riguarda la corrente che scorre nella struttura la situazione è come quella nella parte alta dell’immagine seguente gli elettroni maggioritari trovano una resistenza piccola nel primo strato di ferro e grande nel secondo, e viceversa per i minoritari. Il risultato complessivo dal parallelo tra i due canali dà una resistenza grande. Se ora si applica un campo magnetico esterno (parte bassa dell’immagine), questo forza il secondo strato ad allinearsi col primo, col risultato che gli elettroni maggioritari vedono sempre una resistenza piccola e i minoritari sempre una grande. Il parallelo dei due canali questa volta dà una resistenza piccola. Quindi l’applicazione del campo provoca una notevole variazione di resistenza, dell’ordine del 100%, che è proprio la GMR: dietro le sue importantissime applicazioni, dunque c’è lo studio della corrente polarizzata in spin in multistrati magnetici a film sottile. L’idea di poter controllare e manipolare in maniera opportuna lo spin dell’elettrone è alla base di una nuova branca della scienza, l’elettronica di spin o «spintronica», che punta proprio realizzare dispositivi innovativi che utilizzino questo nuovo grado di libertà, aggiungendo il dualismo spin-su spin-giù a quello elettrone-lacuna che governa la tradizionale elettronica a semiconduttore.
La data di nascita di questa nuova disciplina è fatta risalire proprio alla scoperta della GMR nel 1988.
Si tratta quindi di una disciplina ormai maggiorenne, già presente nei corsi universitari, per esempio nel nuovo corso in Ingegneria Fisica recentemente attivato al Politecnico di Milano, e con ricerche attive in molti centri, non ultimi i nostri laboratori al Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, in collaborazione fra l’altro proprio col gruppo di Albert Fert.
Franco Ciccacci
(Professore Ordinario di Fisica Sperimentale presso il Politecnico di Milano)
Note
- Albert Fert (1938-…), Université Paris-Sud, Orsay, France (Bruno Fert, Invisuphoto)
- Peter Grünberg (1939-…), Forschungszentrum Jülich, Jülich, Germany (© Forschungszentrum Jülich)
© Pubblicato sul n° 31 di Emmeciquadro