Difficile dire in poche parole di cosa tratti questo libro, perché i temi effettivamente toccati sono molti: la situazione della cultura scientifica oggi in Italia, nell’istruzione scolastica e universitaria, nella divulgazione scientifica, e nel contesto generale della cultura, ma anche la situazione complessiva della scuola e dell’università dal punto di vista educativo; il tutto visto con la particolare visuale dell’autore che, da storico della matematica quale è, da una parte ha particolarmente a cuore la matematica, tra le scienze, d’altro canto affronta con taglio storico la discussione dei temi trattati.
Nonostante l’ampiezza dei problemi discussi, il libro riesce a essere agile e molto leggibile, senza scadere nella pesantezza e tuttavia ricco di contenuto e di spunti di riflessione. Il merito di questo equilibrio è probabilmente dovuto al taglio storico, per cui l’esposizione di fatti documentati ed episodi di cronaca comunica le tesi dell’autore con più efficacia di quanto forse non farebbe un discorso teorico astratto.
Non proverò, comunque, a riassumere le tesi contenute nel libro, ma piuttosto a dire perché secondo me vale la pena leggerlo.
A molte persone di buon senso, tra gli insegnanti di scuola, i docenti universitari, e i genitori che seguono i propri figli nel percorso scolastico, capita di sentirsi stretti, a disagio, di fronte a certi modi (e mode) dell’insegnamento, praticati e richiesti dai programmi, dagli esperti, dal «sistema». Modi che riguardano la comunicazione della cultura in generale, e quella scientifica in particolare.
Tuttavia, a volte non si riesce a mettere ben a fuoco, in maniera argomentata, quale sia il punto da criticare; altre volte si rimane in soggezione di fronte a un clima culturale che fa apparire certe obiezioni irrimediabilmente «ignoranti e retrograde».
Questo libro ha il coraggio e la chiarezza di andare a fondo di alcuni di questi motivi di disagio, dando un nome e un volto ai cattivi modi di educare e comunicare il sapere scientifico, tracciandone le radici storiche, culturali, ideologiche, nel passato lontano o più prossimo, fino al presente.
Così l’autore passa sinteticamente in rassegna, per esempio, alcune figure scientifiche notevoli del primo Novecento italiano, come Vito Volterra e Federigo Enriques; discute il ruolo di Benedetto Croce e Giovanni Gentile; le vicende della cultura scientifica in Italia sotto il fascismo; quindi il periodo dell’egemonia culturale marxista, fino all’odierna «cultura progressista militante», con le figure – ben diverse tra loro ma accomunate da qualcosa – di Giulio Giorello, Piergiorgio Odifreddi, Enrico Bellone; discute le vicende delle varie riforme scolastiche sotto i ministri dell’istruzione della nostra storia recente; il ruolo della pedagogia e dei «pedagogismi», e infine il recente esplodere della moda dei «festival della scienza».
Pur nella sinteticità necessaria a un testo del genere, il libro riesce ad essere informativo e a dare delle chiavi di lettura che mi sono sembrate ragionevoli e realistiche.
Nella parte conclusiva mi sarei aspettato forse qualcosa di più apertamente propositivo; d’altro canto la natura dei problemi affrontati è tale che non è possibile suggerire facili ricette sul da farsi per rimediare alla situazione.
In ogni modo, penso che questo libro costituisca uno strumento utile per informarsi e attrezzarsi a poter giudicare più criticamente le questioni trattate.
Giorgio Israel
Chi sono i nemici della scienza?
Riflessioni su un disastro educativo e culturale e documenti di malascienza
Lindau – Torino 2008
Pagine 352 – Euro 21,50
Recensione di Marco Bramanti
(Professore Associato di Analisi Matematica al Politecnico di Milano)
© Pubblicato sul n° 32 di Emmeciquadro