Nella sottile linea di demarcazione tra mondo vivente e non vivente si sviluppa lo studio della composizione/costituzione delle parti mineralizzate degli organismi che popolano la terra e in particolare il mondo acquatico.
Non solo una descrizione, seppure molto affascinante, della varietà di strutture biominerali, ma un’analisi delle interazioni che si stabiliscono con il substrato come ipotesi per spiegare la diversità e un modello, l’ecologia delle larve, per indicare una buona direzione di indagine.
Insomma, questo contributo evidenzia diversi registri, tutti importanti, dalla storia evolutiva delle relazioni tra sistemi viventi e minerali alla evidenziazione di fenomeni e comportamenti che permettono di tracciare, pur a grandi linee, una sorprendente storia naturale.
La storia di una ricerca, ben delineata nel suo punto di partenza e nei suoi obiettivi, che unisce ricercatori delle più diverse discipline.



Ebbero un eclatante inizio i primi passi della chimica biologica, alla fine dell’Ottocento, quando un gruppo di audaci fisiologi fece una scoperta basilare, largamente ispiratrice di riflessioni filosofiche. Un’attenta analisi elementare della materia vivente dimostrava, senza apparenti dubbi, che essa è composta dagli stessi elementi presenti in quella inanimata come le rocce che formano la superficie terrestre.
Il mistero della vita poteva dunque essere aggredito attraverso i tradizionali metodi analitici e la scoperta fece tanto scalpore che uno dei suoi padri, il celebre Justus von Liebig, dichiarò con una punta di imprudenza che «la vita è chimica».
La riduzionistica visione del grande scienziato ha determinato una straordinaria messe di scoperte anche se oggi siamo assai più prudenti sulla definizione della vita rimanendo ancora del tutto misteriosa l’origine del flusso di informazione che si interfaccia con il substrato chimico producendo quella serie di proprietà emergenti che identificano la vita come tale.
Rimane comunque assodata la sostanziale uniformità della composizione elementare della materia – vivente e non vivente – e tale uniformità ha affascinato molti scienziati tra cui l’animo ispirato del padre Teilhard de Chardin che immaginò un’evoluzione cosmica dalle più semplici molecole fino all’uomo come una serie di proprietà emergenti a ogni livello di crescente complessità dovuta all’aggregazione e all’organizzazione di molecole più semplici [Teilhard de Chardin, 1956].
D’altra parte le complesse molecole organiche che costituiscono la materia vivente hanno bisogno di una continua interfaccia con i livelli più semplici, inorganici, o preorganici per dirla con Tehillard: la fisiologia, la chimica biologica, la geochimica e l’ultimogenita delle scienze ad esse collegata, l’ecologia, hanno ampiamente documentato questa perenne interazione che si attua nei cicli biogeochimici dei diversi elementi che continuamente vengono ripresi nella composizione della materia vivente salvo poi, passaggio dopo passaggio lungo le catene trofiche, sfumare di nuovo nell’ambito inorganico grazie all’indefessa opera dei mineralizzatori.



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Giorgio Bavestrello
(Ordinario di Zoologia presso il Dipartimento di scienze del Mare dell’Università Politecnica delle Marche)

© Pubblicato sul n° 34 di Emmeciquadro

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