David Hilbert
Fondamenti della Geometria
Franco Angeli – Milano 2009
Pagine 320 – Euro 32,00
Sulle orme di una tradizione ben consolidata negli atenei anglosassoni, l’Università di Milano Bicocca ha avviato da qualche anno un’iniziativa editoriale congiunta con la Franco Angeli finalizzata alla realizzazione di una collana di testi di alto profilo culturale che, per ragioni spesso legate al fluttuante mercato editoriale, non sono più – o non sono mai stati – disponibili in lingua italiana.
La collana apre la sua serie di proposte di area scientifica con la ripubblicazione dei Fondamenti della Geometria di David Hilbert. Come l’ampio saggio introduttivo di Renato Betti ben evidenzia, la proposta di geometrie non-euclidee e l’ampio dibattito che ne scaturisce impone alla geometria della fine dell’Ottocento di ripensare i propri fondamenti teorici, e in particolare il proprio rapporto con la realtà empirica.
In Hilbert (diversamente che in Euclide) l’assiomatizzazione privilegia la natura relazionale dei concetti sulla loro ontologia. In Euclide l’oggetto nel discorso matematico risultava definito come primitiva (ovvero attraverso un ricorso all’esperienza empirica e sensibile) le cui proprietà venivano quindi descritte attraverso un insieme di postulati. Il postulato giocava in questo senso il ruolo di verità non ulteriormente deducibile ma estratta, come la primitiva, dall’evidenza empirica. Compito della catena deduttiva risultava poi quello di generare, attraverso i teoremi, ulteriori verità che dai postulati potessero discendere.
La fragilità dell’edificio assiomatico classico risultò tuttavia evidente dal dibattito che seguì i lavori di Lobacevsky, Riemann e Beltrami. Costruire una teoria assiomatica rinunciando a definire oggetti se non in base alle loro relazioni (e quindi rinunciando al concetto classico di primitiva) consentì a Hilbert di uscire dalle ambiguità del rapporto tra teoria ed evidenza empirica.
Nell’assiomatica post-hilbertiana la teoria parla di sé, fissa la propria grammatica e soprattutto il proprio vocabolario; e si occupa primariamente della propria completezza e della propria coerenza. È soltanto attraverso un successivo processo di associazione di significati alle parole della teoria che viene generato un costrutto che può essere confrontato con l’evidenza empirica, e quindi corroborato o falsificato, ove opportuno.
Un approccio che anticipa quello delle teorie della fisica moderna, che non casualmente devono a Hilbert molta parte del proprio armamentario matematico. La separazione tra legge fisica ed evidenza empirica costituisce il necessario punto di svolta e, nei fatti, il compimento di quel progetto di assiomatizzazione delle scienze fisiche cui Hilbert lavorò nei primi anni del Novecento. Anche nelle scienze della natura l’assioma (la legge, il principio) non trae più forza dalla propria immediata evidenza o da percorsi induttivi facilmente ricostruibili. La teoria diventa quindi pienamente un oggetto esterno al mondo fisico che a questo ritorna solo nel momento in cui l’interpretazione della teoria, intesa come atto successivo e indipendente, fornisce nomi riconoscibili a oggetti la cui natura resta tuttavia fissata sul piano delle relazioni interne.
Rileggere con questi occhi i Fondamenti è quindi un appuntamento non solo per il lettore matematico ma, forse anche di più, per quanti hanno un interesse non meramente tecnico per le scienze della natura e per le complesse questioni epistemologiche e di metodo che la fisica moderna ha aperto all’inizio del Novecento, e che solo in parte hanno trovato a tutt’oggi una risposta soddisfacente.
Recensione di Dario Narducci
(Professore associato di Chimica Fisica presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano Bicocca)
© Pubblicato sul n° 37 di Emmeciquadro