“for studies of the structure
and function of the
ribosoma”
Ancora una volta il Nobel per la Chimica ha una motivazione che sembra aver più a che fare con la Biologia che con la Chimica, almeno secondo il senso che la parola chimica prende nell’immaginario collettivo: sintesi di nuove sostanze, analisi dei componenti e così via.
La storia comincia alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, quando Ada Yonath, che aveva una preparazione da cristallografa a raggi X, si mise a tentare di osservare la struttura del ribosoma. La cristallograia a raggi X è un metodo di indagine della struttura molecolare che permette di determinare la posizione di ogni singolo atomo ma per far questo è necessario avere la sostanza in esame in forma cristallina e la precisione delle misure dipende dalla qualità del cristallo. E questo era il problema: ottenere cristalli di buona qualità di grosse molecole, come le proteine, è diicile e la diicoltà aumenta con le dimensioni della molecola: il complesso RNA-proteine del ribosoma è uno degli oggetti molecolari più grandi, nel caso dei batteri il suo peso molecolare varia da 800.000 a 1.500.000 unità di massa atomica (l’unità di massa atomica corrisponde a un dodicesimo della massa di un atomo di carbonio; per esempio l’acqua ha peso molecolare 18). Nel caso delle cellule degli organismi superiori, eucarioti, i ribosomi sono molto più grandi.
L’idea di Ada Yonath è stata quella di lavorare sui ribosomi di batteri che vivono in condizioni estreme supponendo che per poter resistere in tali condizioni possedessero ribosomi particolarmente stabili e quindi in grado di resistere al processo di cristallizzazione. Il primo effettivo successo si ebbe nel 1990 con il ribosoma di un batterio in grado di vivere nelle salatissime acque del Mar Morto (Ada Yonath è israeliana).
Questo era comunque solo il primo passo del problema.
La diffrazione dei raggi X da parte di un cristallo permette, infatti, di determinarne la struttura, cioè posizione degli atomi, con una risoluzione che può arrivare a meno di 0.5 Ångstrom (1 Ångstrom = 0,1 nanometri) per ottimi cristalli di piccole molecole, ma l’informazione ottenuta dalle misure sperimentali di diffrazione è incompleta perché è possibile misurare solo l’intensità della radiazione difratta ma non la fase, e questa è indispensabile per ricostruire la struttura della molecola. La fase può essere solo ricostruita a posteriori con vari metodi che non sono praticabili con strutture di tali dimensioni.
Thomas Steitz trovò il modo di risolvere il problema della fase ricorrendo a immagini al microscopio elettronico a una risoluzione molto più bassa, alla quale però era già possibile individuare la posizione delle lunghe catene di RNA anche senza vederne i dettagli.
Nel 1998 egli pubblicò la prima struttura della subunità grande a una risoluzione ancora piuttosto bassa 9 Ångstrom. In seguito riuscì a bloccare la reazione di sintesi delle proteine in vari momenti risolvendo la struttura del complesso ribosoma proteina in modo da spiegare il meccanismo della reazione di sintesi.
Venkatraman Ramakrishnan risolse la struttura della subunità piccola individuando il meccanismo con cui tale unità controlla la sequenza di amminoacidi della proteina sintetizzata.
L’importanza di questi studi, già rilevanti per la comprensione dei meccanismi fondamentali delle funzioni cellulari, è data dal fatto che molti antibiotici basano la loro attività bloccando le funzioni dei ribosomi dei batteri. Data la spiccata propensione dei batteri a sviluppare rapidamente mutazioni che li rendono resistenti all’attacco di un antibiotico, è necessario continuare a sviluppare nuovi antibiotici; la conoscenza della struttura del ribosoma e quindi dei punti di esso che possono interagire con un farmaco permette di progettare, quasi nel senso ingegneristico del termine, nuovi antibiotici.
Resta da fare un’osservazione: questi esperimenti di diffrazione necessitano di un’opportuna sorgente di raggi X che nei casi più comuni sono tubi a vuoto, come quelli utilizzati negli apparati per le radiografie mediche, ma nel caso di sistemi molecolari di tali dimensioni sono necessarie sorgenti X di elevata potenza.
I sincrotroni, cioè le macchine acceleratrici di elettroni, possono emettere fasci di radiazione elettromagnetica, di elevata intensità tra cui la radiazione X utilizzata per questi tipi di indagini. E questo è l’ennesimo esempio di come un macchina progettata per studi di fisica delle particelle elementari sia diventata uno strumento essenziale per gli studi in altri campi.
Emanuele Ortoleva
(Professore Associato di Chimica-Fisica presso l’Università degli Studi di Milano)
Note
- Venkatraman Ramakrishnan, nato nel 1952 a Chidambaram, Tamil Nadu, India, lavora al MRC Laboratory of Molecular Biology a Cambridge, United Kingdom
- Thomas A. Steitz, statunitense, è nato nel 1940 e lavora allo Howard Hughes Medical Institute della Yale University a New Haven, CT, USA
- Ada E. Yonath, nata nel 1939 a Gerusalemme, lavora al Weizmann Institute of Science di Rehovot, Israele
© Pubblicato sul n° 37 di Emmeciquadro