Owen Gingerich

Cercando Dio nell’Universo

Lindau – Torino 2007

Pagine 135 – Euro 14,00

Il volume riporta tre conferenze che Owen Gingerich, docente di astronomia e di storia della scienza a Harvard, tenne nel novembre 2005.
Nel prologo l’autore descrive i suoi primi lavori e interventi sul rapporto fede-scienza e in particolare sul problema dell’interpretazione letterale delle Sacre Scritture, sottolineando «Come il pensiero filosofico giudaico-cristiano sia stato un terreno particolarmente fertile per la nascita della scienza moderna».
Parlando poi di «Quanto il nostro Universo sia incredibilmente ospitale e quanto sia adatto allo sviluppo di forme di vita intelligenti», tratta «della natura della scienza stessa. Perché la scienza non è semplicemente una raccolta di fatti; essa, piuttosto, è un grande arazzo formato sia dai fatti sia dalle ipotesi che uniscono questi fatti all’interno di un modello di spiegazione omnicomprensivo. […] Nel creare la sua brillante raffigurazione della natura, la scienza si muove all’interno di una struttura prestabilita. Mentre la realtà si spinge molto più a fondo. Gli scienziati lavorano con la fisica, ma (forse senza volerlo) possiedono un sistema di credenze più vasto: la metafisica».
Nelle sue pagine Gingerich presenta «un arazzo scientifico del mondo fisico, ma [esse] si confrontano anche con la struttura metafisica al cui interno è possibile interpretare l’Universo. A guidarle, l’idea che l’Universo sia stato creato intenzionalmente e in vista di un determinato scopo, e che tale credenza non interferisca con la prassi scientifica».
Il tono dell’intera opera è data dalla prima conferenza, intitolata La mediocrità è una buona idea?, in cui Gingerich affronta il tema del rapporto tra l’esegesi biblica e le teorie scientifiche con particolare riferimento alla teoria geocentrica copernicana. Per introdurre lo sviluppo delle sue riflessioni, egli pone la domanda già formulata da Sir John Pulkinghorne: «perché l’acqua sta bollendo nella teiera?», dando le due possibile risposte: quella «scientifica », legata all’interpretazione in termini cinetico-molecolari del passaggio di stato liquido-vapore nell’ebollizione e quella più semplice e immediata che «l’acqua sta bollendo perché vogliamo farci un tè.
La prima risposta illustra ciò che Aristotele chiamava una causa efficiente, la spiegazione cioè di come il fenomeno avviene, mentre la seconda, “perché vogliamo farci il tè”, è una causa ultima, la ragione per cui il fenomeno avviene. […] Per quanto mi riguarda, la fede in una causa ultima, in un Dio-Creatore, offre una spiegazione coerente del perché l’Universo appaia tanto congeniale all’esistenza di forme di vita intelligenti e capaci di riflessione. In un certo senso – per usare le parole di Freeman Dyson – questo è un universo che doveva già sapere che saremmo arrivati. E senza pretendere che tali considerazioni siano la prova dell’esistenza di un Creatore, ribadisco come ai miei occhi, così interpretato, l’Universo abbia più senso. Nello stesso tempo, in quanto scienziato, il come dell’Universo mi interessa quanto il suo perché».
Il percorso prosegue poi con le altre due conferenze, intitolate Osa uno scienziato credere nel disegno? e Domande senza risposta.
Alla fine del Prologo, Gingerich afferma: «Non ho toccato che una minima parte di quanto si potrebbe osservare a proposito delle relazione di Dio con questo mondo e con noi. Vi sarebbe davvero molto, molto di più. E nonostante io abbia tentato di portare avanti un discorso ragionevole, non trovo di meglio, per concludere, delle parole di Blaise Pascal, il quale nei suoi Pensieri scrisse: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”».
Un cuore che certo non contraddice, ma piuttosto compie, lo slancio della ragione.



Recensione di Villi Demaldé
(Docente di Chimica presso il Liceo Artistico “Dosso Dossi” di Ferrara)

© Pubblicato sul n° 38 di Emmeciquadro

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