Uno slogan, forse, ma uno slogan che indica un metodo di lavoro valido a tutti i livelli scolari. Per anni abbiamo documentato, attraverso il racconto di esperienze di «scuola in atto» che è possibile promuovere una formazione scientifica consistente – ovvero trasmettere in modo efficace i contenuti della scienza / delle diverse scienze – usando una modalità che rispetti il modo con cui procede la scienza, in particolare per quanto riguarda la dimensione storica e la dimensione sperimentale. Oggi, data la grande ricchezza di contributi che si accumulano in redazione, cominciamo a costruire un catalogo di esperienze raggruppate sotto diversi grandi temi. Le azioni del fare scienza – partendo dall’osservare – documentano l’importanza formativa e didattica di un insegnamento che ha come scopo quello di far incontrare il mondo della natura, non di far imparare a memoria una rappresentazione del mondo scritta sul libro di testo.



Quest’anno il maestro Paolo(1) ha cominciato un nuovo ciclo di scuola primaria in una scuola statale vicino a Milano.
Dopo i giorni «collegialmente» dedicati ai test d’ingresso è andato a esplorare il giardino della scuola con la sua classe. Non una «gita» per alleviare le fatiche del lavoro in aula, ma una attività voluta, accompagnando i bambini a scoprire il mondo in cui viviamo. Davanti a un albero di fico: «di che colore è il tronco dell’albero?» In coro, quasi stupiti per la banalità della domanda, i bambini rispondono: «marrone». «Bene – dice Paolo a una bambina – avvicinati e metti il dito nei punti in cui il tronco è marrone». Possiamo immaginare la faccia di tutti i bambini che scoprono, da protagonisti, che il tronco della pianta di fico ha un colore grigiastro e non ha zone di colore marrone.
Una scena simile si ripete in classe quando, nel disegnare quello che hanno visto, non trovano, tra i pastelli, un colore che lo riproduca esattamente. Perché il mondo è più vario e più ricco della rappresentazione stereotipata in cui i tronchi sono tutti marroni, le foglie tutte verdi, il cielo sempre azzurro, eccetera. Ma soprattutto perché quei bambini sono stati guidati a compiere azioni elementari, ma caratteristiche della ricerca scientifica.
Una prospettiva didattica che riconosce la forte potenzialità formativa delle scienze è «rivoluzionaria» e solitamente censurata sia nella prassi comune sia nei progetti di riforma e/o di valutazione della scuola.
Per esempio, nella scuola secondaria si spacciano come percorsi di apprendimento sequenze di attività a carattere divulgativo, anche usando in modo acritico strumenti mediatici e iniziative (per esempio sull’ambiente) che restano collaterali alla didattica. Nella scuola primaria il tabù si evidenzia bene: gli argomenti di scienze sono difficili, perciò si incominciano solo in terza; i concetti di scienze sono difficili, perciò si «semplificano»; le attività di scienze portano via tempo, perciò si rimandano sempre; i laboratori non sono attrezzati, eccetera. E i sussidiari, che purtroppo fanno da riferimento più di corsi di aggiornamento e teorie pedagogiche, dedicano alle scienze poche pagine, zeppe di argomenti di grande complessità riducendoli ad affermazioni, spesso imprecise e incomplete, da mandare a memoria.
Il maestro Paolo ha una formazione, anche universitaria, di tipo umanistico-pedagogico, e non è stato felice, molto tempo fa, di dedicarsi in modo prevalente all’area scientifico-matematica. Ma, da almeno dieci anni, sta sperimentando una didattica che rispetta le caratteristiche della scienza e del metodo con cui essa procede ed è adeguata alle capacità di comprensione dei bambini ai diversi livelli di scolarità. E sostiene di aver migliorato il suo profilo professionale, non solo perché ha discusso il suo programma in un gruppo di ricerca(2) ritrovando il gusto dello studio, ma perché ha riscoperto e riscopre, insieme ai suoi bambini, ogni volta con una flessione nuova, la ricchezza e la varietà del mondo.
Allora, quali sono i passi che possono dare questo gusto al lavoro di docenti e alunni? Osservare, identificare, classificare, sono tre azioni chiave della scienza su cui si può fondare una didattica nuova. E, se è vero che la validità di un progetto si vede nelle situazioni più difficili, si potrà dare conto di come queste azioni hanno segnato i passi e i frutti di numerose sperimentazioni alla scuola primaria. Osservare implica una domanda di conoscenza generale (il mondo c’è e ci interroga) e, di passo in passo, domande specifiche, elementari, a cui è possibile rispondere con attività sperimentali.
È ovvio che senza il desiderio di conoscere il mondo non ci si guarda neppure intorno (dove finisce col tempo la curiosità dei bambini?), ma senza una domanda specifica (di che colore è il tronco?) si fa fatica a osservare, a far emergere gli oggetti dallo sfondo.
Ecco il racconto di Mara, che insegna a Bologna ed è partita proprio cercando di far sperimentare azioni come osservare, denominare, descrivere, classificare.



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Maria Cristina Speciani
(Caporedattore della Rivista Emmeciquadro, già docente di Scienze Naturali nei Licei)

NOTE:

  1. Paolo Maraschini insegna nellaScuola Primaria “Don Mi­lani” di Cernusco sul Naviglio (Milano)
  2. Gruppo di Ricerca Educare In­segnando promosso dall’Asso­ciazione “Il rischio educativo”

© Pubblicato sul n° 38 di Emmeciquadro

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