La fede e la tradizione del popolo cristiano hanno da sempre riconosciuto la straordinaria coincidenza fra i racconti evangelici della passione di Cristo e i segni lasciati dall’Uomo della Sindone su questa misteriosa tela.
Segni apparsi ancor più evidenti da quando è stato possibile osservarli con la fotografia ed esaminarli con le numerose altre tecniche moderne sulle quali l’autore compie un sintetico, ma densissimo excursus.
Nonostante la Sindone consenta agli scienziati di fare ipotesi, e di trovare conferme, persino sui meccanismi che possono aver portato alla formazione dell’immagine, un improvviso flusso di energia scaturito dal corpo che avvolgeva, essa ultimamente sfugge alle indagini scientifiche, lasciando il ricercatore libero di aderire, o meno, alla presenza discreta del Mistero.



Una solenne ostensione, a dieci anni dalla precedente, ha richiamato a Torino oltre due milioni di persone fra il 10 aprile e il 23 maggio del 2010.
Pellegrini o semplici curiosi si sono messi in cammino, attirati da uno dei più intriganti misteri dell’umanità: la Sindone, che una lunga tradizione attribuisce alla sepoltura di Gesù Cristo.



Un lenzuolo singolare

È un lenzuolo di lino che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato.
Le macchie di sangue e di siero presenti sono irriproducibili con mezzi artificiali. È sangue coagulatosi sulla pelle di un uomo ferito e ridiscioltosi a contatto con la stoffa umida. Si tratta di sangue umano maschile di gruppo AB che all’analisi del DNA è risultato molto antico.
Oltre al sangue, sulla Sindone c’è l’immagine del corpo che vi fu avvolto. Questa immagine, dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, è paragonabile a un negativo fotografico.
È superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all’acqua, non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca. Non c’è via di mezzo.
Invece sulla Sindone c’è immagine anche dove sicuramente non c’era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Si può dunque ipotizzare un effetto a distanza di tipo radiante. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l’immagine.
La manifattura rudimentale della stoffa, la torcitura Z (in senso orario) dei fili, la tessitura in diagonale 3 a 1, la presenza di tracce di cotone egizio antichissimo, l’assenza di tracce di fibre animali rendono verosimile l’origine del tessuto nell’area siro-palestinese del primo secolo.
Altri indizi: grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra; la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un’altura vicina al Mar Morto.
C’è una perfetta coincidenza tra le narrazioni dei quattro Vangeli sulla Passione di Cristo e quanto si osserva sulla Sindone, anche riguardo ai particolari «personalizzati» del supplizio: la flagellazione come pena a sé stante, troppo abbondante per essere il preludio della crocifissione (120 colpi invece degli ordinari 21); la coronazione di spine, fatto del tutto insolito; il trasporto del patibulum, la trave orizzontale della croce; la sospensione a una croce con i chiodi invece delle più comuni corde; l’assenza di crurifragio; la ferita al costato inferta dopo la morte, con fuoruscita di sangue e siero; il mancato lavaggio del cadavere (per la morte violenta e una sepoltura affrettata); l’avvolgimento del corpo in un lenzuolo pregiato e la deposizione in una tomba propria invece della fine in una fossa comune; il breve tempo di permanen¬za nel lenzuolo.
Il corpo dell’Uomo della Sindone non presenta il minimo segno di putrefazione. Non c’è traccia di spostamento del lenzuolo sul corpo.



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Emanuela Marinelli
(Laureata in Scienze Naturali e Scienze Geologiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma, si interessa della Sindone da oltre trent’anni. Ha fatto parte del Centro Romano di Sindonologia. È stata coordinatrice del Comitato Organizzatore del Congresso Mondiale Sindone 2000. È stata fra i promotori del movimento Collegamento pro Sindone, dell’omonimo periodico bimestrale e del relativo sito Internet (www.sindone.info) che diffonde le principali notizie sindonologiche)

© Pubblicato sul n° 39 di Emmeciquadro

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