Stanley L. Jaki
Il confine invalicabile
Ateneo Pontificio “Regina
Apostolorum” – Roma 2010
Pagine 117 – €10,00
Questa pubblicazione è la versione italiana dell’originale inglese Impossible divide or the separation between Science and Religion (Real View Books 2008). È composta da otto capitoli che corrispondono alle otto lezioni tenute dall’autore nell’ottobre 2007 presso l’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”. Poiché i diversi aspetti dell’interazione tra teologia e scienza sono stati alla base degli studi di Stanley Jaki (1924-2009), queste lezioni possono essere considerate come un sunto contenente alcuni degli spunti più significativi di tutta la sua ricerca.
L’idea centrale della sua riflessione, dunque, rimane quella relativa alla peculiarità della scienza che si occupa della quantificazione del reale. Solo partendo da questo assunto di base è possibile stabilire un proficuo rapporto con la dimensione teologica ed evitare tutte quelle difficoltà che scaturiscono da un uso improprio dei contenuti scientifici e religiosi.
Nelle Categorie Aristotele aveva già individuato la specificità della categoria della quantità, non soggetta a variazioni di intensità. Proprio la scelta di una descrizione finalistica dell’Universo, e non puramente quantitativa, non ha permesso agli antichi greci, e ai loro seguaci nei secoli successivi, di conseguire il vero sapere scientifico. Il raggiungimento dell’ottica scientifica è stato possibile solo nel contesto cristiano, all’interno del quale il totale rifiuto del panteismo ha aperto la strada alla quantificazione dei fenomeni.
Jaki riesce in maniera molto convincente a esporre le ragioni per cui le idee, scientifiche o filosofiche, che minacciano la fede sono sempre degenerazioni del pensiero. Si tratta di filosofie che sono state poi smentite oppure di teorie scientifiche che sono andate oltre la dimensione quantitativa, sfociando così in una sorta di dannosa fantascienza.
Il riconoscimento di quel «confine invalicabile», inoltre, inevitabilmente conduce anche alla condanna del concordismo che mira a trovare una corrispondenza tra le conclusioni della scienza e i contenuti delle Sacre Scritture. La teologia cristiana ha contribuito in maniera essenziale alla formazione di un contesto idoneo per la nascita della scienza esatta. Basti pensare, in tal senso, all’importanza che nel periodo medievale, durante il quale è sorta l’impostazione scientifica, ha avuto il passo della Sapienza 11,20: «Tu che hai disposto tutto secondo misura, calcolo e peso». Ma ciò non giustifica la tesi secondo la quale i testi biblici conterrebbero riferimenti scientifici.
L’inutile tentativo di accordare le teorie dell’evoluzione con gli argomenti dei primi capitoli della Genesi è forse la più chiara istanza di tale duplice errore, scientifico e religioso. Nel pensiero di Jaki, pertanto, la necessaria esistenza di questo confine crea problemi soprattutto a quel genere di intellettuali che non vogliono riconoscere che la peculiarità della scienza, vale a dire il suo approccio quantitativo alla realtà materiale, con estrema precisione delinea anche il limite della scienza stessa. «La domanda sul rapporto tra scienza e teologia necessita non solo di una mente lucida, ma anche di una coscienza onesta, che sia consapevole del peccato che è la viltà intellettuale. Ci vuole coraggio per dire, come è stato fatto all’inizio di questo libro, e viene qui ripetuto nella conclusione, che la religione e la scienza si trovano ai due lati di un confine concettualmente invalicabile» (p. 113).
Recensione di Alessandro Giostra
(Insegnante di Filosofia e Storia presso il Liceo Scientifico di Ascoli Piceno – Socio della Stanley Jaki Foundation)
© Pubblicato sul n° 40 di Emmeciquadro