Nel cortile di qualsiasi scuola, anche in quello più «cementato» è molto probabile trovare un acero, albero molto diffuso alle nostre latitudini, in campagna, in collina e anche nei giardini di città. Come dimostra il racconto della maestra Sara, la formazione scientifica, anche al livello più elementare, deve partire da un incontro tra il bambino e la realtà, in cui si impara a guardare il mondo della natura con realismo, così come esso si presenta.
In questo cammino si comincia a dare un nome alle cose, ci si impegna a descrivere gli oggetti osservati, anche nei particolari, destando nuove domande e sperimentando nuovi itinerari di scoperta.
Ancora una volta le azioni fondamentali del fare scienza – osservare, descrivere, classificare – rivelano la loro potenzialità per la costruzione di percorsi didattici. Il racconto della maestra è riportato in prima persona.
Ne abbiamo parlato molte volte al gruppo di ricerca Educare insegnando perciò, all’inizio di un nuovo ciclo, avevo ben chiaro che nel cammino scolastico della primaria conviene cominciare subito l’insegnamento delle scienze, non solo e non tanto perché «fare scienza» aiuta la crescita di una persona, ma anche perché il rapporto con la natura è un «dato» concreto nella vita dei bambini, un dato da cui partire, e soprattutto, in chiave didattica, perché facendo scienze si hanno ricadute e collegamenti importanti con l’area del linguaggio e dell’espressività e con argomenti che sempre si fanno nella classe prima, come per esempio le stagioni.
La prima uscita in giardino, nel mese di settembre, è stata guidata con cura, perché ogni aspetto dell’albero del giardino della scuola che avevamo scelto venisse «guardato» e «registrato»: osservando insieme abbiamo posto le domande, osservando insieme abbiamo riconosciuto le parti dell’albero e intuito l’importanza delle foglie. Abbiamo anche osservato che l’albero ha un vestito «estivo» cioè le foglie sono verdi perché è ancora estate.
Il lavoro svolto nel corso dell’anno, fino ad ora, è documentato attraverso i testi che ho restituito ai bambini, quasi «riassunti» delle conversazioni svolte sul campo e/o in classe.
Voglio sottolineare che nel processo di apprendimento così impostato il momento forte è l’impatto con la realtà, l’uscita nel giardino della scuola in cui ci siamo accorti di cose che solitamente non vediamo. È altrettanto importante il momento della riflessione, per favorire l’acquisizione personale dei dati e anche di concetti (concetti veramente elementari e formulati in termini adeguati all’età dei bambini), non certo per sostituire la fase sperimentale.
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Sara Bergamaschi
(Insegnante presso la Scuola Primaria “L’Arca” di Legnano)
L’attività descritta è stata svolta nella classe prima A nell’anno scolastico 2010-2011 ed è stata discussa nel gruppo di ricerca Educare insegnando promosso dall’Associazione “Il rischio educativo”. Inoltre, ha avuto la collaborazione della studentessa di scienze della formazione Silvia Salvadeo che ne ha fatto il suo lavoro di tirocinio. I commenti (nei riquadri) che accompagnano il racconto della maestra Sara sono di Maria Cristina Speciani
© Pubblicato sul n° 41 di Emmeciquadro