Ricorre quest’anno il cinquantenario del primo volo umano nello spazio. L’autore rievoca i protagonisti e gli eventi fondamentali degli inizi della epopea della conquista umana dello spazio, che ha segnato positivamente la storia umana della seconda metà del XX secolo, contribuendo a strapparla al terribile destino di guerre e distruzioni al quale i conflitti e le contese ideologiche della prima metà del secolo sembravano averla condannata.
Nell’Unione Sovietica, la prima seria proposta di una esplorazione umana dello spazio fu avanzata verso la metà degli anni cinquanta dal leggendario «progettista capo»
Korolev aveva inizialmente formato, all’interno della sua organizzazione, un piccolo gruppo di tecnici, con l’incarico di studiare la possibilità di compiere brevi voli suborbitali, lanciando con un missile una navicella abitata fin negli strati superiori dell’atmosfera; all’inizio del 1958 un secondo gruppo aveva ampliato tali studi alla possibilità di un volo orbitale.
Un sovietico in orbita
Alla fine di quell’anno Korolev decise di abbandonare l’idea dei lanci suborbitali e concentrò gli sforzi del suo ufficio sul progetto di un veicolo orbitale in grado di portare un equipaggio umano, riconvertendo un progetto che era stato inizialmente concepito come satellite spia. Il governo sovietico approvò ufficialmente questo progetto, che prese il nome di Vostok (oriente) nel maggio del 1959, più o meno negli stessi mesi in cui negli Stati Uniti iniziavano i lavori sul progetto Mercury, volto a mettere in orbita un singolo astronauta.
Il primo, che aveva una forma sferica, era in grado di alloggiare un singolo pilota, di proteggerlo sia nella fase di lancio, sia in quella di rientro sulla Terra, e di garantire le sue funzioni vitali per un massimo di 10 giorni (in caso di malfunzionamento dei razzi di rientro, questo era il periodo in cui l’orbita sarebbe gradualmente decaduta, fino a innescare un rientro spontaneo).
Il secondo, che aveva una forma conica, svolgeva le funzioni di raccordo fra il missile di lancio e la navicella, alloggiando vari sistemi strumentali e ausiliari, oltre al motore di rientro.
Dopo la fase di progetto e costruzione, la messa a punto del Vostok durò circa un anno, durante il quale furono effettuati sette lanci orbitali di prova, con risultati non sempre positivi.
In questo periodo i sovietici proseguirono nella pratica di utilizzare dei cani per testare le possibilità di sopravvivenza di esseri viventi nelle condizioni di volo e di rientro in atmosfera, così come avevano fatto fin dall’inizio del loro programma spaziale (già un mese dopo il lancio del primo Sputnik, la famosa cagnetta Laika, aveva orbitato attorno alla Terra sullo Sputnik-2).
Il percorso orbitale del volo di Gagarin
Il programma Vostok subì diversi ritardi, a causa di vari inconvenienti e incidenti, il più grave dei quali avvenne nell’ottobre del 1960, quando nel poligono di lancio di Baikonour esplose un grande missile di tipo R-16, provocando ingenti distruzioni e la perdita di molte vite umane. Gli ultimi due lanci di prova, condotti nel marzo del 1961, con a bordo un cane e un manichino che simulava un astronauta, ebbero però pieno successo, così che si poté arrivare al lancio del 12 aprile 1961, con a bordo Gagarin.
Tutte le fasi di volo furono completamente automatiche (il pilota avrebbe avuto delle parziali possibilità di intervento solamente in caso di gravi emergenze), compresa la fase di rientro che iniziò quando la capsula si trovava ancora sull’Africa, per concludersi nel sud della Unione Sovietica, non lontano della città di Engels, nella regione di Saratov.
Gagarin compì la parte finale della discesa appeso a un paracadute, dopo essere stato espulso dalla capsula con un seggiolino eiettabile, a circa 7000 m di altitudine.
Le prime persone che Gagarin incontrò, una volta a terra, furono un’attonita contadina e la sua nipotina, alle quale dovette ripetere più volte: «Sono un amico, compagne, un amico!».
Radio Mosca aveva dato la notizia del lancio ancor prima che il volo fosse concluso, e la conferma del suo successo fece una enorme impressione.
Il nome di Gagarin divenne in poche ore noto in tutto il mondo come lo era divenuto il termine Sputnik quattro anni prima; il cosmonauta sovietico, grazie anche alla sua buona comunicativa, fu subito considerato un divo e un eroe anche dall’uomo della strada, oltre a divenire un simbolo della potenza militare e tecnologica sovietica.
I Satelliti Artificiali L’esplorazione dello spazio iniziò «ufficialmente» il 4 ottobre del 1957 quando i sovietici lanciarono lo Sputnik, che fu il primo oggetto costruito dall’uomo a rimanere per qualche tempo in orbita attorno alla Terra. In realtà questo evento fu preceduto da una lunga preparazione in qualche modo iniziata quasi un secolo prima, con le prime idee «fantascientifiche» sui voli nello spazio (il romanzo Dalla Terra alla Luna di Julius Verne è del 1865), consolidatasi nei primi anni del Novecento con le idee «profetiche» del matematico russo Konstantin Tsiolkovsky, e proseguita dopo la prima guerra mondiale con il lavoro pionieristico su razzi e missili di Robert Goddard in America, e di Hermann Obert, Wernher von Braun e molti altri, in Germania. |
Yurij Alekseyevic Gagarin
Yurij Alekseyevic Gagarin [Immagine a destra], aveva ventisette anni quando compì la sua impresa, essendo nato nel 1934 nel piccolo villaggio di Klushino, vicino a Smolensk, dove suo padre lavorava come falegname in un kolchoz.
La sua prima destinazione fu la base militare di Nikel, situata 300 km a Nord del circolo polare, dove perfezionò le sue capacità di pilota. Qui lo raggiunse sua moglie Valya (si erano sposati alla fine del 1957) e nacque la sua prima figlia. Intanto il programma spaziale sovietico aveva iniziato a prender forma e nell’ottobre del 1959 una commissione esaminatrice visitò le principali basi militari per selezionare possibili cosmonauti. Gagarin si sottopose entusiasticamente a tutte le prove, e riuscì a entrare nel primo lotto di 2200 candidati.
Completato con successo il lungo e pesante addestramento, verso la fine di gennaio del 1961 Gagarin apprese di essere entrato nel gruppo dei sei cosmonauti destinati alle prime missioni spaziali, ma solo qualche giorno prima del volo gli fu comunicato di essere stato prescelto per il lancio con la Vostok, con il suo compagno Gherman Titov come riserva.
Dopo l’impresa del 12 aprile del 1961, Gagarin fu accolto a Mosca come un trionfatore, e iniziò una serie di viaggi intorno al mondo, al servizio della macchina propagandistica sovietica, durante i quali ricevette riconoscimenti e onori di ogni genere. Nominato responsabile dell’addestramento dei nuovi cosmonauti, passò diversi anni presso la Città della Stelle, ma non fu mai più riutilizzato come pilota.
Nel 1968, desideroso di riprendere l’attività di volo anche come semplice pilota di velivoli militari, nel corso di una missione di addestramento ebbe un incidente, dovuto probabilmente a un guasto, e perì insieme a un amico nello schianto del caccia a reazione sul quale stava volando.
I Primi Americani nello Spazio Il progetto Mercury, iniziato nell’autunno del 1958, fu il «contenitore» nel quale si svolsero le attività che portarono alla messa in orbita del primo astronauta americano, nel febbraio del 1962, circa dieci mesi dopo il primo volo di Gagarin. Il progetto Mercury mise subito alla prova le capacità della NASA (National Aeronautica and Space Administration) l’organismo nazionale che era stata fondato dagli americani il 1 ottobre del 1958, per coordinare tutte le attività di ricerca e sviluppo in campo aeronautico e spaziale. |
Le navicelle Vostok 2, 3, …6
Dopo il primo volo di Gagarin il programma spaziale sovietico era proseguito, nell’agosto del 1961, con il lancio della Vostok 2, sulla quale Gherman Titov era rimasto per un intero giorno in orbita attorno alla Terra. Circa un anno dopo le navicelle Vostok 3 e Vostok 4 erano state lanciate quasi in contemporanea, e avevano orbitato nelle stesse ore attorno al nostro pianeta, avvicinandosi fra di loro fino alla distanza di qualche chilometro.
Uscendo da questa navicella, per mezzo di una apposita camera stagna, e vestito con una speciale tuta, l’astronauta Aleksej Leonov, nel marzo del 1965 compì la prima attività extraveicolare, conquistando all’Unione Sovietica un ulteriore primato.
Con la Voskhod cambiò notevolmente la tecnica di rientro a terra dei cosmonauti sovietici, in quanto, per far spazio all’interno, era stato necessario eliminare il sedile eiettabile. La navicella scendeva quindi appesa ai paracadute, e i piloti rimanevano seduti al loro posto fino al contatto col terreno, ma nelle ultimissime fasi di volo la velocità di discesa veniva ridotta quasi a zero dall’accensione di retrorazzi frenanti.
L’erede dei primi veicoli spaziali sovietici fu la Soyuz (unione), il cui primo lancio pienamente riuscito avvenne nell’ottobre del 1968.
La lunga fase di messa a punto operativa del veicolo era stata condotta fra la fine del 1966 e la metà del 1968, con vari lanci sia a vuoto che pilotati; purtroppo durante la fase di rientro del primo lancio con equipaggio, era morto l’astronauta Vladimir Komarov.
La Soyuz era formata da tre moduli: un modulo strumentale di forma cilindrica, che alloggiava i sistemi elettrici e propulsivi, un modulo di rientro dove l’equipaggio alloggiava nelle fasi di ritorno a Terra, e un modulo orbitale, di forma sferoidale dove i tre occupanti compivano varie attività durante la loro permanenza in orbita.
Il veicolo Soyuz, nelle sue numerose varianti e versioni, ha avuto una vita operativa lunghissima; l’ultima versione, la Soyuz TMA, è tuttora in uso, in particolare nell’ambito dei programmi legati alla stazione orbitante internazionale (è a bordo di una Soyuz TMA che l’astronauta italiano Paolo Nespoli ha raggiunto nello scorso dicembre 2010 la stazione spaziale, dove rimarrà fino al maggio del 2011).
Gagarin e Dio Dopo il volo di Yurij Gagarin ci furono molte polemiche attorno a una frase che egli avrebbe pronunciato, mentre era in orbita, del tipo «Non vedo nessun Dio, quassù». Le fonti storiche non sono concordi nel riferire se queste parole siano state realmente dette da lui (pare che non ce ne sia traccia nelle registrazioni delle comunicazioni dallo spazio) o siano state a lui attribuite dalla propaganda sovietica. È peraltro riportato da fonte certa che l’anno successivo, un altro dei cosmonauti sovietici, Gherman Stepanovich Titov, affermò, durante una visita negli Stati Uniti, alla Seattle World’s Fair: «Nei miei viaggi attorno alla Terra non ho visto né Dio né angeli». |
I sovietici e la corsa alla Luna
L’Unione Sovietica riuscì a precedere gli Stati Uniti nella messa in orbita dei primi satelliti artificiali e dei primi cosmonauti, ma perse la «gara» per la conquista della Luna.
Anzi, sui loro progetti per la conquista della Luna i sovietici mantennero sempre uno stretto segreto. Se ne seppe ufficialmente qualcosa solamente dopo l’inizio della glasnost, quando vennero alla luce le numerose difficoltà, i ritardi e gli insuccessi che avevano travagliato il programma.
Va peraltro subito detto che il programma spaziale sovietico, a differenza di quello americano, non ebbe, perlomeno fino al maggio del 1965, quando fu creato un apposito ministero, né una organizzazione centralizzata, né un piano a lungo termine. Ciò può sembrare incredibile e paradossale, visto che l’Unione Sovietica appariva in quegli anni come la quintessenza della programmazione e della centralizzazione.
Non abbiamo spazio per approfondire le ragioni di tale situazione, e ci limitiamo quindi ad accennare al fatto che fu proprio il leader sovietico Nikita Khrushchev a rifiutare una proposta di riorganizzazione e centralizzazione delle attività spaziali dell’URSS fatta ancora nel 1959 da quel Sergei Korolev che ebbe tanta parte nelle attività spaziali sovietiche.
Inoltre, nonostante la pressione esercitata dagli organismi tecnici, la decisione politica di impegnarsi in un programma di esplorazione umana della Luna tardò molto a maturare; per giunta, quando fu finalmente presa, nell’agosto del 1964, le autorità sovietiche approvarono due progetti paralleli, il primo sostenuto dal bureau OKB-1 di S. Korolev e il secondo dal bureau OKB- 52, diretto da Vladimir N. Chelomei (fu esaminata la fattibilità anche di un terzo progetto, portato avanti dal bureau OKB-5 di Mikhail Yangel, che aveva sede in Ucraina).
Nel primo caso i sovietici si proponevano di far atterrare un uomo sulla superficie lunare entro il 1968, nel secondo di effettuare anche una missione circumlunare (senza allunaggio) entro l’ottobre del 1967, per celebrare i cinquant’anni della rivoluzione russa.
Chelomei avrebbe invece realizzato un veicolo lunare denominato LK-1 equipaggiato con un potente razzo di manovra che avrebbe evitato la necessità di rendezvous in orbita terrestre e lunare (come era invece previsto nel progetto di Korolev e anche in quello ameri¬cano). Ciò implicava peraltro la necessità di disporre di un vettore di lancio molto potente e quindi di sviluppare una versione potenziata del missile Proton, al quale il suo bureau stava lavorando dal 1962.
Per ragioni varie, che qui non esaminiamo, nessuno dei due progetti giunse però a compimento. Quello del bureau OKB-1 perse molto del suo impeto per la malattia e la morte di Korolev, avvenuta nel gennaio del 1966 e subì poi numerosi ritardi e battute d’arresto, specie a causa degli insuccessi nello sviluppo del vettore N1.
Quello di Chelomei già agli inizi, nell’ottobre del 1964, subì il contraccolpo della destituzione di Khrushchev, che ne era un forte sostenitore (suo figlio Sergei lavorava nel bureau OKB-52).
Nella corsa alla Luna i sovietici riuscirono ancora a precedere gli americani solamente con l’allunaggio morbido della sonda lunare Luna 9 (gennaio 1966) e con la messa in orbita lunare della sonda Luna 10 (aprile 1966). Ma anche questi veicoli automatici, destinati a studiare il suolo lunare in vista della missione umana, furono presto surclassati, quanto a prestazioni, dalle analoghe sonde americane Surveyor e Lunar Orbiter.
Dopo aver perso la corsa alla Luna, vinta dagli americani con la missione Apollo 11 (luglio 1969), i tecnici sovietici cercarono di riorientare i loro programmi puntando a una missione che consentisse la permanenza prolungata sulla Luna di due o tre cosmonauti (invece delle brevi missioni americane), ma nonostante il completamento di alcune attività preliminari, questi progetti non furono mai adeguatamente finanziati dal governo sovietico e le attività gradualmente si esaurirono, senza raggiungere risultati significativi, nel corso dei primi anni Settanta.
Qualche breve riflessione finale
La prima orbita attorno alla Terra compiuta da Yuri Gagarin una cinquanti¬na di anni fa diede inizio alla conquista umana dello spazio, rinfocolando al contempo l’aspra «competizione» fra Sovietici e Americani che era iniziata tre-quattro anni prima con il lancio dei primi satelliti artificiali, e che si sarebbe in qualche modo conclusa nel luglio del 1969, con lo sbarco del primo uomo sulla Luna.
Molto è stato scritto sul fatto se le ingenti risorse materiali e umane impiegate dai due contendenti in questa competizione siano state ben impiegate (si stima che i soli americani abbiano speso, fra il 1958 e il 1969, circa 100 miliardi di dollari, in moneta 1994, per portare l’uomo sulla Luna), e abbiano procurato qualche vantaggio non solo ai competitori, ma all’intera umanità.
Oltre alle indubbie ricadute tecnologiche che le imprese spaziali hanno avuto in numerosi campi della scienza e della tecnologia, con enormi conseguenze anche in campo economico (secondo alcuni ugualmente ottenibili anche concentrando l’attenzione su obiettivi più «terrestri»), ci pare non trascurabile il fatto che la competizione tecnologica che portò i primi uomini nello spazio, costituì anche una importante valvola di sfogo per le grandi tensioni internazionali di quegli anni, indirizzando poderose energie umane verso una meta positiva, invece che verso la guerra, in una sorta di ripetizione del leggendario duello fra Orazi e Curiazi, che forse non fu uno degli eventi meno importanti che contribuirono a evitare lo scoppio di un conflitto nucleare.
Gianluca Lapini
(Ingegnere, già ricercatore presso ERSE S.p.A., Milano)
Indicazioni Bibliografiche
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Roger E. Bilstein, Flight in America, The Johns Hopkins University Press, Baltimore, 1987
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Marcus Lindroos, The Soviet Manned Lunar Programm, www.fas.org/spp/eprint
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Trevor I. Williams, Science.Invention and Discovery in the 20th Century, Harrap, London 1990
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Alvin M. Josephy Jr, Storia del volo, Feltrinelli, Milano, 1962
© Pubblicato sul n° 41 di Emmeciquadro