Angelo Guerraggio
Pietro Nastasi
L’Italia degli scienziati.
150 anni di storia nazionale
Bruno Mondadori Saggi
Milano 2010
Pagine 325 € 22,00
«Non solo poeti, santi e navigatori, ma anche scienziati, tecnici e inventori hanno fatto, e talvolta fatto grande, l’Italia. Tuttavia, dal 1861 a oggi, questo aspetto della storia nazionale non ha sempre ottenuto adeguata attenzione. A 150 anni dall’Unità è giunto il momento di raccontare il ruolo significativo che la cultura scientifica ha avuto e continua ad avere nella storia d’Italia, nei suoi intrecci fondamentali con politica e società, insieme alla rilevanza profonda dei contributi applicativi e delle scoperte che hanno inciso sulla struttura economica e sul benessere della nazione.» (dal risvolto di copertina).
Adocchiato questo libro sui banchi di una libreria, proprio nei giorni in cui si celebrava l’anniversario dell’Unità, letta nel risvolto di copertina la ampiamente condivisibile dichiarazione d’intenti che abbiamo sopra riportato, e considerato che uno degli autori, Angelo Guerraggio, é ben noto nell’ambiente scientifico, la «tentazione» di leggerlo è stata subito forte. In effetti, se non mancano i libri su singoli scienziati o su singole discipline e periodi storici della scienza italiana, quasi niente esiste sul mondo scientifico italiano nel suo complesso, e quindi l’idea di raccontare gli eventi di un periodo storico piuttosto lungo e soprattutto di grandissimo sviluppo scientifico a livello mondiale, come quello che ha coinciso con i centocinquant’anni dell’unità d’Italia, ci è subito sembrata lodevole e degna di attenzione. Purtroppo, benché la lettura de L’Italia degli scienziati, non sia stata nel complesso una perdita di tempo, né probabilmente lo sarà per chi vorrà avere almeno una prima idea di cosa sia stata la scienza italiana di quest’ultimo secolo e mezzo, il libro non ci sembra mantenga le promesse, sostanzialmente per due motivi.
In primo luogo gli autori prendono in esame quasi esclusivamente i primi cento anni dell’Unità, e agli ultimi cinquant’anni di storia scientifica italiana dedicano solamente un ultimo, breve capitolo.
Si potrebbe forse comprendere che essi abbiano volutamente evitato di analizzare gli anni più recenti, in realtà ricchi di spunti interessanti e di premesse per il futuro, per mantenere un certo distacco dalle vicende presenti, ma un buco quasi completo fra gli anni Sessanta-Settanta e la fine del XX secolo, con solo brevi accenni a qualche premio Nobel, come Dulbecco, Rubbia e Levi-Montalcini, ci sembra eccessivo.
In secondo luogo, anche nei primi cent’anni che vengono presi in considerazione, si notano per un verso alcune strane dimenticanze, per l’altro delle sottolineature perfino eccessive. Per esempio, nel descrivere il primo decennio che fece seguito alla proclamazione del Regno d’Italia non c’è neppure un accenno a quella grande impresa non solo tecnica, ma anche scientifica che fu il traforo ferroviario del Frejus, che impegnò per molti anni illustri scienziati di quel tempo.
Per altro verso il rilievo e lo spazio dato ai comportamenti degli scienziati italiani nel periodo fascista ci sembra eccessivo, nell’economia complessiva del libro, tanto da indurre il sospetto che gli autori abbiano voluto riutilizzare, un po’ troppo ampiamente, loro precedenti studi su questo periodo.
In sostanza si ha l’impressione che per essere tempestivi per la celebrazione dell’anniversario dell’Unità e quindi per produrre un testo commercialmente appetibile, gli autori siano stati un po’ troppo frettolosi nella sua redazione. Ne è risultato un saggio che si può considerare interessante in un’ottica di divulgazione storico-scientifica, ma che non ci sembra raggiunga l’obiettivo di una esauriente analisi storica del periodo considerato.
Recensione di Gianluca Lapini
(Ingegnere Aeronautico e Ricercatore CESI)
Pubblicata sul n° 42 di Emmeciquadro