Non esiste una ricetta per insegnare, e non possono esistere protocolli rigidi per sviluppare i diversi argomenti di un programma scolastico. Neppure i libri di testo, a cui troppo spesso ci si attiene pedissequamente, possono garantire che un’azione didattica sia svolta con successo. Invece, se l’insegnante ha una ipotesi chiara per rispondere al bisogno del bambino di conoscere il mondo, l’esperienza, la competenza, la creatività e l’attenzione alla specificità della situazione in cui opera permettono di costruire percorsi di apprendimento validi. È il caso presentato in questo contributo: la lunga consuetudine di confronto sulla formazione scientifica nel gruppo di ricerca della scuola primaria Educare insegnando rende certi che osservare, identificare, classificare, sono le azioni chiave dell’esperienza scientifica. E, all’inizio di un nuovo ciclo, si «reinventano» cammini di scoperta sugli argomenti fondamentali (in questo caso i viventi – vegetali e animali) che si arricchiscono con aperture ad argomenti correlati (il tempo, il calendario, la misura, eccetera) e che rivelano, soprattutto nel momento della verifica, la loro potenzialità ed efficacia.
L’attività qui presentata è stata svolta in una classe prima nell’anno scolastico 2008-2009
Poco dopo l’inizio dell’anno sono andata con i miei bambini di prima elementare nel Parco della Rocca, dove abbiamo osservato l’autunno che cominciava a mostrare i suoi segni.
È stato anche un momento di gioco, e Re Alfabeto, il personaggio guida del nostro libro di lettura, ci ha regalato una scatola che conteneva un regalo per noi: 2 noci col mallo scuro; 2 ghiande e 2 foglie di quercia secche; 2 castagne di ippocastano.
I viventi: i vegetali
Parlando degli alberi visti nel Parco della Rocca, una volta rientrati a scuola, abbiamo detto che per far crescere una pianta grande ci vuole tempo.
Ho distribuito una scheda (sotto riportata) e ho chiesto ai bambini di colorare solo le figure che rappresentavano i viventi tra tutte quelle disegnate sul foglio.
Qualche bambino, però non era convinto che anche gli alberi fossero dei viventi, perché se è vero che nascono, crescono, si nutrono con le radici, è vero che non si spostano come fanno un cane o un gatto. Una bambina ha anche detto che l’albero non è un vivente, perché lei non ha visto chi l’ha fatto nascere.
Esperimento: la crescita de vegetali .. e non solo
A questo punto abbiamo piantato i semi nei vasi.
Per qualche tempo non è successo niente, ma abbiamo continuato a osservare la terra e l’abbiamo bagnata di tanto in tanto, quando al tatto la sentivamo secca.
Il 3 novembre abbiamo trovato nel vaso delle ghiande una piccola piantina. Subito ci siamo chiesti: «Ma quanto tempo ha dormito?»
Abbiamo usato il calendario per contare i giorni: la ghianda era stata piantata il 10 ottobre. Il seme ha dormito 24 giorni. Negli altri vasi, i semi di ippocastano e di noce dormivano ancora.
Una mattina abbiamo trovato la nostra piccola quercia un po’ piegata verso la finestra, e abbiamo capito che si era mossa per cercare la luce. Per capirlo, ho girato il vaso dalla parte opposta, e a metà mattina abbiamo controllato: la piantina era tornata dritta.
Così ci siamo accorti che non è vero che le piante non si muovono: non camminano come gli animali e gli uomini, ma fanno anche loro dei movimenti, per esempio quelli necessari a trovare la luce.
La nostra quercia cresceva in fretta: di quanto cresce? Come facciamo a misurare la sua crescita?
Qualcuno, cercando nell’astuccio, ha tirato fuori il righello proponendolo come strumento di misurazione. Il metodo, però, non convinceva tutti, la preoccupazione era di riuscire a misurare sempre nello stesso punto, per non sbagliare, così è venuta un’idea: abbiamo messo un bastoncino infilato nella terra, che non doveva mai essere spostato, poi, ogni mattina, si faceva un segno col pennarello e si vedeva di quanto la piantina era cresciuta.
Esperimento: dentro e fuori … per dare il nome alle parti .. e per porre nuove domande
È sorta, a un certo punto, una domanda: ma come fa a esserci una pianta di quercia dentro una ghianda?
Ho portato a scuola una lente di ingrandimento, un coltellino affilato e qualche ghianda: abbiamo guardato prima la parte fuori, poi la parte dentro.
Abbiamo scoperto che: fuori ha una buccia liscia, marrone e legnosa; dentro, subito sotto la buccia c’è una pellicina marrone che ricopre il seme. Il seme è fatto di due parti che stanno vicine: i cotiledoni. Tra i cotiledoni c’è l’embrione da cui nascerà l’albero, ed è così forte, pur essendo piccolissimo, da riuscire a rompere il legno della buccia.
Alcuni bambini hanno esclamato: «È un mistero!».
Durante una passeggiata, ho trovato alcune ghiande germogliate e le ho portate a scuola, perciò abbiamo potuto vedere che la nascita avviene così: prima spunta una radichetta che penetra nel terreno, poi il fusticino, che esce dalla terra e comincia a crescere in altezza.
Le due parti del seme, i cotiledoni, a cosa servono?
Sono il primo cibo a disposizione della piantina, quando ancora le radici non sono abbastanza forti da succhiare dal terreno e soprattutto non ci sono ancora le foglie che fabbricano il cibo usando la clorofilla, che dà il colore verde alle foglie, la luce e l’aria.
Quando sono nate anche le prime foglioline, allora abbiamo fatto un’altra grande scoperta: le foglie piccole e chiare avevano la stessa forma e lo stesso contorno di quelle grandi e secche che Re Alfabeto ci aveva fatto trovare insieme ai semi.
Negli altri vasi non è spuntato niente: come mai?
Non tutti i semi che la pianta madre lascia cadere a terra germogliano, e questo è il motivo per cui le piante producono una grandissima quantità di semi.
Durante il lavoro si sono venuti a toccare temi importanti come l’osservazione, il confronto, la formulazione di domande e la ricerca di risposte vere. Si sono usati strumenti come la lente, o il bastoncino su cui registrare la crescita. Si è osservato il fuori e il dentro e ci si è chiesti quale fosse la funzione di alcune parti.
Il risultato è che quello che si osserva è comunque un mistero non tanto per il funzionamento, quanto per il significato che ogni cosa porta in sé.
Verifiche
Al termine delle osservazioni è stata proposta una verifica studiata apposta perché ci fossero tutti i passaggi della nostra osservazione.
Una bambina ha fatto spontaneamente un disegno in cui si vedeva la piccola quercia cresciuta in classe e una grande quercia nel prato, dimostrando di aver capito il nesso tra l’esperienza fatta in classe e la realtà.
I viventi: gli animali
Il lavoro, con questi bambini, è proseguito, sempre all’interno dello studio dei viventi, con l’osservazione dal vero di due animaletti: un riccio e uno scoiattolo, che abbiamo tenuto in classe per una mattina, in modo da osservarli bene.
Il riccio
Il primo è stato il riccio. I bambini facevano le loro osservazioni ad alta voce, mentre la maestra registrava ogni cosa detta.
Abbiamo guardato un riccio
• Si sentono i rumori |
Poi l’elenco delle osservazioni è stato riportato sul quaderno ed è stato oggetto di ripresa e dialogo a partire da questa posizione: «guardiamo il riccio come lo guarderebbe uno scienziato».
Così abbiamo capito che le osservazioni «è bello», «è felice», «è simpatico» non ci dicevano niente dell’animaletto, ma potevano andare bene per inventare una storia come quelle che si leggono nel libro di lettura, mentre «si appallottola», «ha gli aculei neri e bianchi e le setole marroni», «ha il naso piccolo e annusa l’aria», «si muove camminando su quattro zampe» ci parlavano dell’animale spiegandoci il suo aspetto fisico e il suo comportamento. Così abbiamo evidenziato in rosso le «spiegazioni scientifiche» e in blu le “«osservazioni non scientifiche», e tutte quelle del primo gruppo sono state utilizzate per rispondere alle domande: Com’è? Cosa fa? Cosa mangia? Come si muove? Dove vive? Quali sono le sue abitudini?
Oltre a quello che i bambini hanno detto, è stato svolto un lavoro di ricerca che ha completato la scheda del riccio:
Il riccio visto dallo scienziato
Com’è? • Ha gli aculei bianchi e neri Cosa fa? • Annusa e muove il naso Cosa mangia? • Insetti Come si muove? • Cammina su 4 zampe Dove vive? • In campagna Abitudini
Conclusione: è un vivente |
Le osservazioni non scientifiche sono state usate per inventare una storia che è stata scritta e incollata nel libro di lettura. Questo ultimo passaggio ha reso evidente che c’è un linguaggio specifico per ogni disciplina e uno sguardo adatto alla conoscenza.
Lo scoiattolo
Lo stesso lavoro è stato ripetuto dopo aver guardato una mattina uno scoiattolo:
Abbiamo guardato uno scoiattolo
• È carino |
Lo scoiattolo visto dallo scienziato
• È un animale piccolo Cosa fa? • Si arrampica Cosa mangia? • Semi di girasole Come si muove? • Salta tra i rami Dove vive? • Nelle cavità degli alberi
Conclusioni: è un vivente |
Questa volta i bambini hanno dimostrato di saper individuare anche le motivazioni legate alle caratteristiche dell’animale, perciò sono state date affermazioni come: «ha denti molto forti per rosicchiare il guscio legnoso dei semi», «è marrone e nero per mimetizzarsi con i colori del bosco», «ha le zampe dietro più forti e robuste per poter saltare», «tiene la coda dritta e la fa tremare per segnalare un pericolo» …
Verifica
Al termine del lavoro sui due animali è stata proposta una verifica (sotto riportata) così strutturata: sul foglio sono state scritte frasi che si riferivano a ciascun animale e altre che potevano contenere informazioni giuste per entrambi gli animaletti. I bambini dovevano colorare il contorno delle frasi con un colore riferito al riccio, uno riferito allo scoiattolo ed usarli entrambi per le frasi comuni.
Con gli occhi dello scienziato
Nel frattempo è arrivata la primavera, perciò abbiamo cominciato a guardarci intorno «con gli occhi dello scienziato» e a registrare i cambiamenti attorno a noi.
Dalle nostre osservazioni è emerso che: «si svegliano gli animali dal letargo», ricordando il riccio e lo scoiattolo da noi conosciuti, «sbocciano i fiori», «tornano le foglie sugli alberi», «tornano le rondini», «cresce l’erba», «l’aria diventa più calda», «piove spesso».
È stato anche notato che «le ore di luce sono di più delle ore di buio» e questa osservazione ha dato una nuova possibilità di lavoro: la registrazione del comportamento degli animali, delle piante, l’osservazione del tempo atmosferico e delle ore di luce e buio, che influiscono anche su piante e animali.
A questo punto è chiaro che emerge tutta la potenzialità di un lavoro che permette la ricorsività, perché nei prossimi anni molto di quanto imparato può essere ripreso e approfondito a partire da un’esperienza vissuta e da una stima per le cose vere, ma è chiaro che emerge anche un consapevole uso dei linguaggi, quello scientifico, quello descrittivo e narrativo, quello matematico, che insieme concorrono alla conoscenza ognuno con la propria peculiarità. Questo è un vantaggio anche dell’essere insegnante unico, il quale ha presente tutti gli aspetti e può guidare con precisione i bambini alla conoscenza della realtà intera.
Carla Agostini
(Scuola Primaria “Sacro Cuore” di Cesena)
© Pubblicato sul n° 42 di Emmeciquadro