L’autore descrive un percorso realizzato in collaborazione con il maestro Paolo Moraschini nella classe III A della Scuola primaria “Don Milani” di Cernusco sul Naviglio, in un arco di tempo da ottobre a fine aprile dell’anno scolastico 2010-2011. Esso è nato e si è sviluppato nell’alveo del Gruppo di Ricerca Educare Insegnando, promosso dall’ Associazione “Il rischio educativo”: gli insegnanti che vi partecipano collaborano già da diversi anni e la loro esperienza ormai consolidata ha portato frutti evidenti. Nei bambini nascono gusto e voglia di conoscere e imparare, caratteri questi che possono diventare tratti della loro personalità, nella misura in cui il lavoro scolastico li educa a restare «spalancati» di fronte a ciò che incontrano. Del percorso ricco e molto articolato l’autore presenta una sintesi divisa in due unità, delle quali la seconda, relativa alle attività sperimentali realizzate con i bambini, verrà pubblicata su Emmeciquadro n. 43.
Per affrontare un percorso di conoscenza di tipo scientifico con i bambini della scuola primaria, che magari si cimentano per la prima volta con lo studio delle Scienze, occorre partire dalla realtà in cui ci si imbatte, soffermandosi su dei particolari opportunamente scelti dall’insegnante in vista dell’itinerario che si intende intraprendere. Lo spunto iniziale può essere un’uscita didattica in un luogo particolare ma anche semplicemente nel giardino della propria scuola. Questo impostazione, essenziale nella scuola primaria, è importante anche per i ragazzi più grandi della secondaria di primo grado, in quanto una tendenza diffusa che si evidenzia quando le discipline scientifiche progressivamente devono essere affrontate nella loro specificità, è quella di separare fin dall’inizio l’oggetto di studio dal contesto usuale dove esso è inserito, non consentendo così di cogliere i nessi della parte esaminata con il tutto, dove con la parola tutto intendo sia il contesto sia la persona dello studente con la sua esigenza di significato.
L’uscita al Naviglio della Martesana
Il percorso che aveva come obiettivo lo studio delle proprietà dell’acqua è iniziato con l’uscita sul Naviglio: quando l’occasione iniziale è ricca, è opportuno coglierla e sfruttarla al massimo.
Per questo il maestro Paolo ha approfittato per effettuare osservazioni sulla vegetazione e sul territorio, cogliendo i nessi con la geografia: ci troviamo in un tipico ambiente della pianura lombarda, con cascine e canali di irrigazione.
In un approccio elementare, data l’età dei bambini, lo sguardo può, anzi deve, essere ampio, per evitare la dispersione negli infiniti dettagli dell’ambiente.
Le osservazioni sono guidate dal maestro Paolo, che aiuta i bambini a dirigere il proprio sguardo sulle cose «giuste», altrimenti la distrazione prenderebbe il sopravvento. Egli raccoglie l’acqua del Naviglio con un secchiello e invita a osservarne soprattutto il colore, i piccoli viventi che la popolano e i frammenti di terra che tendono a depositarsi sul fondo. La macchina fotografica aiuta a tenere traccia dei particolari osservati, che vengono ripresi una volta tornati in classe: i viventi, sia vegetali che animali, e i paesaggi dell’ambiente visitato.
Dopo essere stati sollecitati da una piacevole uscita è importante fare tesoro di tutta la ricchezza incontrata e in questo il maestro è fondamentale per accompagnare i bambini a recuperare dalla propria memoria gli elementi osservati, riordinandoli adeguatamente dentro un quadro significativo; senza questa fase riflessiva si perderebbe tutto, resterebbero forse delle impressioni che non portano certo a una esperienza di conoscenza. Questo lavoro di ripresa si articola in due fasi descrittive: nella prima si utilizza il linguaggio grafico, nella seconda si costruisce un testo scritto.
Descrivere con il disegno
Il disegno diventa lo strumento per rappresentare gli elementi importanti caratteristici della vegetazione e degli animali inseriti nel loro ambiente.
In questo modo i bambini sono aiutati a interiorizzare ciò che hanno osservato utilizzando le foto come riscontro; i loro disegni poi vengono incollati su cartelloni per essere visibili a tutti.
Il disegno, pur avendo lo scopo di riprodurre aspetti della realtà nel modo più fedele, non è la semplice fotocopia di essa, non solo perché le capacità grafiche dei bambini non lo consentono, ma perché quanto è a loro esterno viene interiorizzato e filtrato in modo personale; infatti ogni bambino è stato colpito da aspetti diversi, ma anche gli stessi aspetti sono da ciascuno riproposti graficamente in modo diverso. In questa fase iniziale il maestro non ha fissato rigidamente dei vincoli riguardo a cosa o come disegnare, per evitare il rischio di frenare l’espressività personale dei bambini. Potrebbe accadere infatti che questi, concentrandosi troppo sulle indicazioni fornite per timore di sbagliare, non assecondino in modo naturale quanto suggerito dal loro mondo immaginativo interiore. Voglio sottolineare il fatto che rappresentare un «oggetto» reale (una pianta, un fiore, un animale) mediante un disegno corrisponde in un certo senso alla costruzione di un modello iconico, come per esempio una carta geografiche o topografica, modellini di aerei o di automobili, che mantengono l’analogia con l’oggetto reale rispettando i rapporti di scala delle sue dimensioni. Anche se non si può chiedere ai bambini una particolare precisione da questo punto di vista, nella rappresentazione per esempio di un animale è però possibile chiedere di rispettare adeguatamente la proporzione delle forme e la disposizione delle parti che lo costituiscono, in modo tale che sia agevole la sua identificazione. Un procedimento che si avvale di modelli anche di questo tipo è tipico del metodo scientifico in quanto utile a mettere in luce gli aspetti essenziali di un oggetto o di un fenomeno che si sta considerando. Per questo motivo il maestro aiuta i bambini a non trascurare particolari importanti: la cura che i bambini mettono nell’eseguire i loro disegni non è dissimile, nella sostanza, a quella di Leonardo Da Vinci nell’eseguire i disegni del corpo umano e delle sue macchine.
Descrivere con le parole
Nella seconda fase i disegni sono stati completati da un testo scritto: si introduce così un’attività di tipo linguistico, che richiede tra l’altro che si impari e si utilizzi il lessico specifico. Anche in questo caso le indicazioni da parte del maestro sono flessibili rispetto al lessico da utilizzare o ai contenuti da esplicitare. Si tratta in prima battuta di permettere a ogni bambino di esprimersi come è in grado, senza bloccarlo con troppe informazioni e suggerimenti che rischierebbero di appiccicarsi alla memoria come una sovrastruttura non effettivamente assimilata; il maestro procede gradualmente nelle richieste attendendo il momento opportuno che ponga i bambini nelle condizioni di effettuare un salto nella propria conquista conoscitiva: allora le descrizioni vengono completate e, guidati dal maestro, essi esprimono in modo appropriato quanto hanno visto e appreso.
L’acqua e i suoi stati di aggregazione
Entrando nel vivo dell’argomento scelto, si sono compiuti passi di avvicinamento graduali, incominciando a discutere e a riflettere con i bambini sulle esperienze quotidiane che essi fanno dell’acqua, sull’uscita al Naviglio e sui risultati di semplici «prove» (non ancora esperimenti con misurazioni): la neve che si scioglie, l’acqua che evapora, eccetera. Anche in questo nuovo contesto di lavoro si vuole condurre i bambini a «ragionare» partendo sempre dalla propria esperienza, sollecitandoli a riferire di ciò che hanno effettivamente capito. È importante già in questa fase preliminare, evitare ogni forma di astrattezza, mettendo in primo piano le osservazioni o le loro conoscenze pregresse. Di seguito sono sintetizzate brevemente le fasi di questa parte del percorso complessivo, documentate da alcune immagini tratte dal quaderno di un allievo; per ogni fase si è individuata «una domanda guida».
Fase 1: in quale «forma» e dove troviamo l’acqua?
Il maestro Paolo pone delle domande con l’intento di fare riflettere i bambini sulle diverse forme in cui si può trovare l’acqua in natura: la pioggia, la rugiada che si osserva sulle foglie degli alberi sono acqua nella «forma» liquida, ma anche la brina, la neve, il ghiaccio sono acqua, ma in «forma» solida: infatti alcuni ricordano che quando per esempio con il sole si sciolgono diventano acqua liquida. Anche la nebbia è acqua; infatti camminando nella nebbia sperimentiamo che contiene goccioline minute che si depositano sui nostri vestiti. Anche le nuvole contengono acqua, infatti qualcuno nota che quando piove ci sono sempre anche le nuvole! Infine i bambini sono invitati dal maestro Paolo a riconoscere dove si trova l’acqua nell’ambiente che ci circonda: il mare, i laghi, i fiumi, i ruscelli, le pozzanghere, gli stagni, eccetera. L’acqua, infine, che si trova in natura, può essere utilizzata dall’uomo per vari scopi come irrigare i campi e allevare gli animali; per lavarci, per bere e fare da mangiare si usa l’acqua che esce dai rubinetti nella nostra casa.
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Fase 2: che caratteristiche ha l’acqua?
Le caratteristiche dell’acqua sono individuate in base alle osservazioni effettuate in precedenza e richiamate alla memoria in classe quando se ne presenta l’occasione. Per esempio, quando è caduta la neve, ne è stata raccolta una certa quantità in un bicchiere e tenuto in classe, se ne è osservata la liquefazione e l’evaporazione. Per quanto riguarda il colore dell’acqua gli allievi guidati dal maestro Paolo giungono alla conclusione che il colore dell’acqua varia a seconda dell’ambiente in cui si osserva; il colore del mare, per esempio, nel suo insieme, è diverso da quello dell’acqua del Naviglio. L’acqua, se non contiene altre sostanze, acquista il colore del recipiente in cui è contenuta o del fondale su cui si deposita. Questo fenomeno accade perché essa è trasparente, ovvero non ha un colore proprio. La superficie dell’acqua riflette come uno specchio qualunque oggetto posto nelle sue vicinanze, come si osserva in un lago o in uno stagno, se essa non è particolarmente increspata dal vento. Il maestro Paolo collega il fenomeno della riflessione della luce su una superficie d’acqua, al lavoro sulla simmetria svolto studiando geometria. Infine i bambini attraverso l’olfatto e il gusto si rendono conto che l’acqua è insapore e inodore.
Prosegue in questa fase l’apprendimento del lessico specifico arricchendo il contesto linguistico di lavoro.
10 Dicembre I colori dell’acqua Il Naviglio era a tratti verde scuro, a tratti macchiato di azzurro, più in là, sotto gli alberi autunnali si colorava di giallo, di marrone, con punti di giallo intenso. Il maestro, sceso sulla riva, calò un bicchiere di plastica trasparente che riempì d’acqua: era limpida, trasparente e abbiamo osservato in essa la presenza di piccoli grumi di terra, di pezzettini di foglie e di un minuscolo animaletto. |
Fase 3: proiezione di immagini
Dopo le vacanze di Natale per facilitare la ripresa del lavoro, ho proiettato sullo schermo immagini che mostrano l’acqua nei suoi diversi stati (pioggia, neve, nebbia, brina, rugiada) e forme (mare, lago, cascata) in cui si presenta.
In questo modo si sono precisati alcuni concetti: la nebbia è piena di goccioline di vapore che, a contatto col suolo freddo, si condensano; le gocce che si trovano sulle foglie si chiamano rugiada e non scendono dal cielo in quanto provengono dal vapore acqueo presente nell’aria; esso diventa invece brina quando la temperatura è molto bassa (al di sotto di zero gradi centigradi).
Infine si mostrano alcuni viventi che vivono nell’acqua: pesci, meduse, paguri, balene, anfibi (tartarughe e rane), pinguini e foche.
Fase 4: la valigia dei tesori
Lo stupore è certamente l’atteggiamento originario tipico del bambino. Per sollecitare il loro desiderio di scoperta, ho portato in classe una valigia da cui ho estratto vari oggetti uno per volta, con calma, alimentando la loro attesa. Questi oggetti aiutano a capire che l’acqua è utile a tantissimi scopi: l’annaffiatoio indica che è essenziale per far crescere le piante; il bicchiere, che senza bere non potremmo vivere; il costume da bagno, che in essa possiamo nuotare; la barchetta, che su di essa possiamo navigare trasportando persone e merci, come succedeva in passato sui Navigli; la pentola infine ci ricorda che senza acqua non si può cucinare.
Fase 5:costruzione di una mappa
Abbiamo costruito una mappa che da un lato sintetizza quanto appreso mettendo a fuoco i punti essenziali del percorso, dall’altro permette di precisare i concetti emersi anche mediante un uso appropriato del linguaggio: non si parla più solo di ghiaccio, ma anche di stato solido dell’acqua; non solo di piccole goccioline, praticamente invisibili, disperse nell’aria ma di stato gassoso; non di forme quindi, ma di stati dell’acqua. Inoltre si mette in evidenza che il lavoro finora si è fondato su osservazioni di tipo qualitativo, mediante i nostri sensi di cui si precisa la denominazione: gusto, tatto, olfatto, vista, udito; cerchiamo di descrivere che cosa con ognuno di essi possiamo scoprire dell’acqua, anche con degli esempi: l’olfatto ci permette di venire a conoscenza della presenza di cloro o sali da bagno nell’acqua, l’udito di percepire il rumore delle onde del mare e della cascata, del ruscello e della pioggia; il tatto di percepire se l’acqua è calda o fredda. Alla fine mettiamo a fuoco le caratteristiche dell’acqua che si erano già evidenziate: essa non ha colore, non ha odore, non ha sapore, ma non per questo è meno speciale.
Attività sperimentale
Una parte importante del percorso come tempo richiesto e come impegno da parte degli allievi, del maestro e da parte mia è stata dedicata alla esecuzioni di esperimenti relativi ai diversi stati dell’acqua e al fenomeno dei vasi comunicanti, fenomeno che sta alla base del ciclo artificiale dell’acqua, che è stato affrontato sperimentalmente a conclusione di questa fase. Si è lavorato a volte con l’intero gruppo classe, a volte con due gruppi, a volte con cinque gruppi di tre o quattro bambini. Così il maestro riferisce di questo lavoro nella relazione stesa a conclusione del percorso: «L’esperimento è un momento irrinunciabile del metodo scientifico e perciò in un percorso di scienze anche a livello elementare deve essere presente. La difficoltà iniziale è stata di concatenare la successione degli esperimenti in modo significativo e dentro un contesto pieno di senso per i bambini, evitando il rischio della frammentazione. L’aiuto dell’esperto [cioè dell’autore di questo resoconto] mi ha permesso di affrontare domande e superare incertezze e di avere l’opportunità di una ampia gamma di esperimenti.»
Gli esperimenti eseguiti secondo una impostazione ben precisa, la modalità di esecuzione e di raccolta dei dati quantitativi, insieme a una valutazione di quanto appreso e del «gradimento» di questa modalità di studio saranno oggetto della seconda parte di questo contributo che sarà pubblicata sul prossimo numero della rivista.
Le chiuse e il loro inventore: Leonardo Da Vinci
A conclusione dell’intero percorso abbiamo approfondito l’aspetto che riguarda l’intervento operato dall’uomo per sfruttare l’acqua; abbiamo visto per esempio utilizzare l’acqua per irrigare i campi, ma anche come via di trasporto.
Abbiamo utilmente richiamato alla memoria dei bambini l’uscita al Naviglio, in particolare facendo notare come nel passato i Navigli fossero utilizzati come vie di comunicazione per trasportare le merci.
Abbiamo approfondito questo argomento, anche da un punto di vista storico, illustrando le invenzioni di Leonardo da Vinci legate ai Navigli, in particolare le chiuse (vedi immagine a lato di un modello in legno di chiusa leonardesca) e le opere di irrigazione e di bonifica da lui perfezionate.
Con il maestro Paolo ho scelto di spiegare il funzionamento delle chiuse adottando il registro recitativo, ovvero mettendo in scena un immaginario dialogo tra Leonardo, impersonato dal maestro Paolo, e una bambina di otto anni (l’età degli allievi), impersonata da me; contemporaneamente ho proiettato le immagini di alcuni disegni e opere di Leonardo e un filmato che mostra come funziona una chiusa.
Vai alla seconda parte dell’articolo: “Incontrare l’acqua alla Scuola Primaria (2): gli esperimenti“
Vai al PDF di questa prima parte dell’articolo
Nadia Correale
(Dottoranda in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro presso l’Università di Bergamo – Chi volesse mettersi in contatto con l’autore può scrivere a [email protected])
© Pubblicato sul n° 42 di Emmeciquadro