Massimo Temporelli

Il Codice delle Invenzioni.
Da Leonardo da Vinci a Steve Jobs

Hoepli, Milano 2011

Pagine 263 – Euro 19,90

Massimo Temporelli è un giovane laureato in Fisica che, dopo una breve esperienza in campo industriale ha deciso di giocare la sua carriera nel campo della divulgazione scientifica lavorando prima al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove in particolare è stato curatore responsabile delle nuove sezioni su telecomunicazioni e informatica, e da qualche tempo per il gruppo industriale BasicNet, per la progettazione del nuovo museo dell’informatica di Torino. Dopo aver scritto molti articoli per varie riviste, e aver collaborato a varie trasmissioni radiofoniche e televisive, pubblica questo suo primo libro, dedicato alla storia delle invenzioni, nel quale mantiene «anche sulla lunga distanza» le caratteristiche di chiarezza, brillantezza e facilità espositiva con le quali si era già messo in luce con chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
In questo senso, dalla bella introduzione al volume, scritta da quel grande esperto di storia delle telecomunicazioni che è Peppino Ortoleva, ci pare valga subito la pena di citare questo giudizio, che inquadra bene le caratteristiche dell’opera:
«Quello che il lettore ha tra le mani è un libro ben strutturato, ben scritto e soprattutto molto utile. Propone infatti una sintesi accurata e piuttosto esauriente di un tema, quello relativo all’invenzione e agli inventori, che è insieme cruciale e per molti versi sfuggente. Traccia una mappa ordinata di un territorio che può apparire ampiamente esplorato e dissodato, […] e che invece risulta spesso ingannevole e scivoloso per chi lo percorre.»
In effetti le prime due parti del libro, intitolate rispettivamente L’inventore e Le invenzioni costituiscono una lucida, accurata e nel contempo leggibilissima ricostruzione di quel lungo processo che è alla base dello sviluppo scientifico e tecnologico dell’Occidente moderno, cioè del graduale dispiegarsi della capacità di inventare o, per meglio dire, della graduale «invenzione del metodo per inventare» (per riprendere una felice espressione di Alfred North Whitehead) che costituisce la più profonda natura della società moderna.
Nella prima parte del libro Temporelli delinea l’evoluzione della figura dell’inventore proponendo una periodizzazione in tre fasi che definisce rispettivamente come: periodo dei «progettisti di stato», che va all’incirca dal 1760 al 1860, periodo degli «inventori-imprenditori», compreso fra il 1860 e il 1930, e periodo «dei tecnologi della ricerca e sviluppo», che va dal 1930 a oggi.
La prima fase storica è caratterizzata dalla nascita delle scuole tecniche militari e civili in Francia (Ecole de Ponts et Chaussées, Ecole Polytechnique, Ecole de Mines), e dall’affermarsi dei personaggi di grande eclettismo tecnico, come quelli che caratterizzano l’ingegneria inglese di inizio Ottocento (Watt, Stephenson, Telford, Brunel, e altri), in grado di progettare grandi macchine (treni, navi) e complesse opere infrastrutturali (canali, ferrovie, ponti, stradi, porti) in un periodo di forte crescita e competizione degli stati nazionali. Nella seconda fase prevalgono le figure di inventori che a partire dalla loro creatività tecnica riescono a costruire dei veri imperi industriali (si pensi a Edison, Siemens, Marconi, e molti altri). La terza fase, che arriva fino ai giorni nostri, vede infine una sorta di istituzionalizzazione del processo inventivo che si svolge prevalentemente all’interno di complesse organizzazioni di ricerca e sviluppo, nazionali o societarie.
Nella seconda parte del volume l’autore passa a definire cosa sia un’invenzione esaminando i contesti che ne possono favorire la nascita, perché «le idee hanno una origine culturale e nello studiare la storia di qualunque idea o invenzione non si può tralasciare e sottovalutare il contributo che il contesto (micro e macro) ha dato alla nascita di quella invenzione», ma anche gli strumenti, come il disegno, che ne rendono possibile l’espressione, perché «se la matematica è il linguaggio privilegiato per formalizzare il pensiero scientifico, il disegno è quello più adatto a concretizzare l’immaginazione tecnica».
Dedica anche un ampio capitolo alla origine e alla definizione di cosa sia e di che ruolo abbia giocato l’istituto dei «brevetti» ed esamina inoltre il ruolo che per il successo di una invenzione svolgono le importanti fasi della ingegnerizzazione, industrializzazione e commercializzazione dei prodotti.
Infine, nella terza parte, come esempi di quanto in precedenza definito in linea generale, l’autore ripercorre la storia di alcune invenzioni-paradigma: il telefono, la radio, la televisione e il personal computer. Si tratta di oggetti dalla presenza pervasiva nel nostro mondo moderno, sui quali l’autore ha molto lavorato durante la sua permanenza al museo milanese: storie a dir la verità abbastanza note, ma in ogni caso ripercorse con vivacità e arguzia.
In conclusione ci sembra che il pregio del libro di Temporelli sia soprattutto quello di svolgere in maniera semplice, ma non semplicistica, l’analisi storica, ma anche tecnica e per certi versi sociologica di un processo, quello dell’inventare, assai complesso, ma fondamentale per la società moderna; processo che, certamente, già altri hanno delineato, ma che normalmente richiede per essere minimamente compreso la lettura di numerosi e spesso noiosi volumi, e che qui viene invece delineato in maniera agile e appassionante.
In questo senso ci pare che Il codice delle invenzioni potrebbe avere un’ottima funzione di supporto didattico ai corsi di storia e di materie tecnico-scientifiche delle superiori e che la sua lettura sarebbe molto utile anche per gli allievi ingegneri.



Gianluca Lapini
(Ingegnere aeronautico. Ex-ricercatore presso CISE e CESI Ricerca SpA)

© Pubblicato sul n° 43 di Emmeciquadro


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