Nelle Indicazioni Nazionali per i Licei, di cui è in corso il secondo anno di applicazione, l’ambito delle Scienze Naturali contiene diversi aspetti qualificanti, «punti forti» del rinnovamento metodologico-didattico proposto dal riordino dell’istruzione.
In questo contributo si prendono in esame, uno a uno, i brani più innovativi rispetto alla vecchia «scuola dei programmi» per vedere non solo se hanno avuto qualche riscontro nel «pianeta» scuola, ma per riproporne il significato. Alla fine di questa breve analisi si riconosce che esistono molti nodi irrisolti e che è parecchio difficile scioglierli. D’altra parte, questo non deve essere un freno, ma un invito a creare fatti di novità da proporre e confrontare con altri colleghi.



A pochi giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle Indicazioni Nazionali di Scienze scrivevamo su questa rivista (Emmeciquadro n. 39, giugno 2010) che : «quella contenuta nelle Indicazioni può essere una sfida a rinnovare il mondo un po’ grigio della scuola, e di cui non bisogna avere paura».
All’inizio c’è stato bisogno di capire la struttura portante delle IN, per avviare il nuovo corso nelle prime classi; poi è stato chiaro che non basta «riassestare» dei contenuti, ma occorre cambiare l’impostazione del lavoro nella prospettiva dell’itinerario quinquennale. Oggi sembra che si comincino a «sciogliere» le reazioni immediate di fronte a una prospettiva di cambiamento e c’è una maggiore apertura per capire meglio i principi che hanno ispirato la normativa. Perciò i tentativi di lavorare per gruppi di insegnanti, o di scuole, vanno incrementati, nonostante l’antica abitudine dei docenti alla «autoreferenzialità» e la più recente tendenza a «unificare» metodi, programmi, libri di testo, griglie di valutazione.
Non si tratta di scrivere a tavolino i «dettagli» di una programmazione, ma di mettere in atto, in base alla situazione particolare di ogni classe, di ogni insegnante, di ogni scuola, un curricolo verticale utile allo sviluppo di capacità e competenze a livello adulto.



La struttura verticale

Al termine del percorso liceale lo studente dovrà possedere le conoscenze disciplinari e le metodologie tipiche delle Scienze della Natura, in particolare delle Scienze della Terra, della Chimica e della Biologia.

Sembra facile: occorre «spalmare» i contenuti di biologia, chimica e scienze della Terra nell’arco di cinque anni e le tre aree disciplinari possono/devono essere sviluppate in modo parallelo, dal momento che ognuna di esse ha una specificità che deve essere rispettata. Poi si stende il programma annuale preventivo per la prima classe, ci si ricorda che due ore alla settimana (così in tutti i licei tranne allo scientifico delle scienze applicate) sono «poche», che i libri di testo sono sempre gli stessi e si sceglie una scansione dei contenuti che ripete quella a cui siamo già abituati. In particolare, si comincia dalle scienze della Terra, come sembra richiedere la normativa e il problema sembra risolto. Queste sono state «sul campo» le scelte prevalenti nel primo anno di applicazione.



Nel primo biennio prevale un approccio di tipo fenomenologico e osservativo-descrittivo.
Nel secondo biennio si ampliano, si consolidano e si pongono in relazione i contenuti disciplinari, introducendo in modo graduale ma sistematico i concetti, i modelli e il formalismo che sono propri delle discipline oggetto di studio e che consentono una spiegazione più approfondita dei fenomeni.
Nel quinto anno si approfondiscono temi particolari e complessi con funzione anche di orientamento.

Una collega e amica, in una prima liceo, ha cominciato l’anno con le Scienze della Terra, ricollegandosi al programma svolto nella secondaria di primo grado e poi, come aveva sempre fatto, aprendo gli orizzonti sulle organizzazioni del pianeta – l’atmosfera, la litosfera e l’idrosfera.
Di fronte allo sguardo «perso» di quei quattordicenni ha avuto il coraggio di ricominciare da capo: ha deciso di ridurre drasticamente la quantità di informazioni ed è uscita sul campo a vedere diverse formazioni geologiche e le rocce, insegnando a descriverle e classificarle. Insomma, un percorso conoscitivo non da poco, che tra l’altro fa acquisire, attraverso le azioni tipiche della scienza, un metodo per entrare in contatto con il mondo della natura.
Questo percorso non è reperibile su qualche libro di testo, bisogna reinventarlo.
In una prospettiva di sviluppo verticale (quinquennale) occorre precisare qualche passaggio: la novità delle Indicazioni per le Scienze Naturali è l’intreccio di contenuti (conoscenze disciplinari) e metodi (le metodologie sperimentali proprie delle singole discipline) che si compie attraverso le azioni del «fare scienza», sviluppate nel corso degli anni anche attraverso attività sperimentali nel lavoro di classe, sul campo o in laboratorio.
Osservare, descrivere, classificare sono azioni importanti, perché abituano a uno sguardo attento sugli oggetti e sui fenomeni oggetto di studio (dalle cellule alle rocce, alle trasformazioni chimiche) e insegnano a porre domande al mondo della natura; si possono svolgere nel primo biennio sotto diverse angolature e usando il linguaggio matematico a diversi livelli di complessità.

I concetti chiave, le leggi, il formalismo e le modellizzazioni che caratterizzano l’epistemologia delle diverse discipline – e ne spiegano i fondamenti – sono collocati nel secondo biennio non solo perché più adeguati alla categorialità degli studenti, ma perché spesso la spiegazione dei fenomeni ha aspetti di complessità comprensibili solo a chi possiede già una conoscenza elementare dei fenomeni.
Per esempio, e per citare solo uno dei temi «caldi»: gli aspetti energetici delle reazioni chimiche si capiscono meglio se si sanno già scrivere le reazioni, risolvere problemi ponderali eccetera.
I percorsi di approfondimento previsti per il quinto anno sembrano offrire, sulla carta, la possibilità di creare punti di arrivo personalizzati, se non individualmente almeno per diverse realtà locali. Nella speranza che in Italia venga, prima o poi risolto l’annoso problema del valore legale del titolo di studio.

La scansione dei contenuti

Nell’anno scolastico 2011-2012, anche in base all’esperienza del primo anno, gli insegnanti hanno messo meglio a fuoco le opportunità per la scelta degli argomenti e, dove necessario, hanno corretto il tiro. Ma, per quanto riguarda i contenuti, resta la difficoltà nel concepire un percorso quinquennale (2+2+1) in cui gli argomenti corrispondano all’approccio indicato.
Infatti anche i docenti più aperti spesso non sono convinti della potenzialità conoscitiva (e formativa) di azioni semplici come osservare, descrivere, raccogliere dati, confrontare, ordinare, classificare le azioni che ogni scienziato compie nel suo lavoro. E in ogni caso non è facile svolgere in questa chiave i fondamenti di citologia o di genetica, piuttosto che di chimica o di geologia.
Eppure esiste un criterio semplice per costruire un percorso verticale: rispettare il modo con cui si sono sviluppate le diverse discipline, ripercorrere la storia delle scoperte, non tanto per accanimento cronologico, ma come una storia di domande e di risposte strettamente legate in uno sviluppo concettuale sempre rinnovato e rinnovabile. Allora si può mostrare che Mendel, «descrivendo» la trasmissione dei caratteri nelle piante di pisello, non solo ha «identificato» le caratteristiche del fenomeno (formulandone le leggi), ma ha «raccolto dati» in gran quantità e, analizzandoli, ha aperto la strada alla futura genetica [Immagine a destra: il giardino di Mendel al Monastero di S. Agostino]
Dunque con Mendel c’è tanto da imparare sull’ereditarietà, senza la necessità di spiegare – anticipando i tempi – l’esistenza dei geni e – peggio ancora – la loro struttura molecolare. E si impara molto anche sui metodi della scienza perché, come ha scritto il premio Nobel Francois Jacob (La logica del vivente, Einaudi, Torino 1971): «Grazie a Gregorio Mendel, per la prima volta i fenomeni biologici acquistano il rigore della matematica. […] Ai disegni misteriosi che dall’antichità sembravano modellare i caratteri degli esseri viventi, il metodo sperimentale sostituisce frammenti di materia, particelle, leggi. E l’intera rappresentazione degli esseri viventi ne risulta sconvolta.»
In termini sintetici, un percorso di apprendimento disciplinare deve essere adeguato alla capacità di comprensione degli studenti e deve essere condotto secondo le categorie e il rigore della scienza, per esempio rispettando la storia delle scoperte, per esempio mostrando il percorso che ha condotto a una scoperta, per esempio sottolineando le domande di conoscenza e le risposte conquistate (mai definitive, ma certe per ogni particolare momento storico).
L’amica e collega Anna, molto attenta alla concretezza dei contenuti, cominciando la biologia al primo anno di liceo classico pensava di dover solo «rinfrescare» informazioni fondamentali acquisite sulla cellula, per passare a un affronto storico e sperimentale dei temi «forti» della biologia dell’Ottocento (cellula, trasmissione dei caratteri, evoluzione). Ha scoperto con preoccupazione che gli alunni ricordavano «la scala a chiocciola del DNA», magari anche i nomi delle basi azotate, ma non avevano la minima idea del contesto in cui esiste il DNA né del suo significato informazionale.

Costruire percorsi significativi

L’apprendimento disciplinare segue quindi una scansione ispirata a criteri di gradualità, di ricorsività, di connessione tra i vari temi e argomenti trattati, di sinergia tra le discipline che formano il corso di scienze le quali, pur nel pieno rispetto della loro specificità, sono sviluppate in modo armonico e coordinato.

Gradualità, ricorsività e sinergia sono tre parole chiave perché il percorso di apprendimento in una singola disciplina si compia tenendo lo sguardo attento alle connessioni (armoniche e coordinate) tra le diverse discipline. Sono parole significative, perché guidano la responsabilità e la creatività nella programmazione didattica: costituiscono una specie di «protocollo», ma non sono utilizzabili in modo «rigido» perché determinate dalla competenza dell’insegnante (e dalle sue preferenze), dalle situazioni locali, dalla risposta degli studenti. E chiedono di ripensare e ridefinire il significato di termini come propedeuticità, disciplinarità, multidisciplinarità, relazioni, eccetera.
Se ci credessimo, potremmo cominciare ad abbattere gli steccati che separano le strade tra insegnanti di discipline diverse. Quanti insegnanti di scienze, in prima scientifico, si confrontano con i colleghi di fisica, almeno per coordinare l’«introduzione» all’attività di laboratorio? E con quali risultati? E quanti insegnanti di Scienze Naturali hanno pensato di sviluppare su strade parallele, con riferimenti incrociati, le scoperte nelle discipline loro affidate? E perché molti insegnanti si rammaricano che l’astrofisica sia argomento affidato ai fisici?

Queste domande, che sottolineano dei dati di fatto, suggeriscono anche un modo di «fare scienza» che non appiattisce le diversità disciplinari, come a volte si rischia facendo «scienze integrate», ma permette di capire sempre meglio il quadro epistemologico della conoscenza sperimentale.
Il termine gradualità sottolinea un criterio didattico incontestabile: uno studente acquisisce, ovvero fa proprie, reinventa da protagonista solo le informazioni di cui comprende la struttura e il senso; perciò occorre rispettare i tempi di sviluppo della categorialità degli alunni, promuoverne e accompagnarne la crescita nel cammino di scoperta del mondo. L’alternativa è «imparare a memoria», anche se si tratta di argomenti di attualità.
La logica con cui progrediscono le scienze non è lineare ma ricorsiva. Con poche parole potremmo dire che la ricorsività è un percorso che porta alla complessità: non si può pretendere di indagare un oggetto, un fenomeno, un ambito esaurendone completamente la conoscenza.
Occorre ritornare sui fenomeni già indagati con domande nuove scoprendo livelli più dettagliati (andando a fondo, aumentando i dettagli) e nel contempo ampliando il contesto. Per esempio argomenti di chimica come le reazioni o argomenti di biologia come la cellula (o la varietà dei viventi) possono essere sviluppati in termini semplici, descrittivi e/o fenomenologici, al primo biennio ed essere trattati con riferimento a modelli, teorie, formalizzazioni nel secondo biennio. O, addirittura, costituire quegli «approfondimenti di carattere disciplinare e multidisciplinare, scientifico e tecnologico avranno anche valore orientativo al proseguimento degli studi».

Sperimentare

In tale contesto riveste un’importanza fondamentale la dimensione sperimentale, dimensione costitutiva di tali discipline e come tale da tenere sempre presente. Il laboratorio è uno dei momenti più significativi in cui essa si esprime, in quanto circostanza privilegiata del «fare scienza» attraverso l’organizzazione e l’esecuzione di attività sperimentali, che possono comunque utilmente svolgersi anche in classe o sul campo.

Si afferma nelle Indicazioni che «l’acquisizione del metodo costituisce l’aspetto formativo e orientativo dell’apprendimento/insegnamento delle scienze» ed è «il contributo specifico che il sapere scientifico può dare all’acquisizione di strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà». Per questo l’attività sperimentale è «un aspetto irrinunciabile della formazione scientifica, anche quando non siano possibili attività sperimentali in senso stretto»; affermazione importante, in una scuola in cui i contenuti scientifici vengono trasmessi spesso come dati di fatto incontrovertibili o come teorie a-storiche e autoconsistenti.
Infatti, nel lavoro sperimentale, anche il più semplice, insegnanti e studenti operano insieme, attenti a ogni fatto che accade, previsto o imprevisto. In più, la riflessione critica su quello che è accaduto e la stesura di una relazione aiuta a ripercorre la logica delle fasi di lavoro e chiede un uso coordinato di linguaggio ordinario, linguaggio grafico e linguaggio formale (matematico).
In questa prospettiva, nelle fasi iniziali della formazione liceale gli insegnanti di scienze hanno una grande responsabilità.

Problemi aperti

Il riordino dei percorsi di studio è stato pensato per superare la frammentazione e favorire l’autonomia. Ed è caratterizzato da un incremento orario della matematica, della fisica e delle scienze. Inoltre, la lingua inglese è studiata in tutti i percorsi di studio per cinque anni e una disciplina non linguistica è studiata in lingua straniera nel quinto anno di licei e istituti tecnici.

I punti segnalati nel brano sono una novità nel mondo della scuola. E, mentre chiedono all’insegnante una responsabilità nella scelta dei temi da sviluppare e nella costruzione di percorsi didattici, permettono di strutturare e scandire liberamente il proprio lavoro.
Una vera inversione di rotta, dopo una stagione – non ancora conclusa – di analiticità e prescrittività nei documenti di fonte ministeriale, come in quelli per la secondaria di I grado. In alcune scuole si è già cominciato a studiare le Scienze della Terra (del quinto anno) in lingua inglese, ma i problemi non sono pochi.

La «Commissione di studio», istituita con decreto ministeriale del MIUR n.26 del marzo 2010, aveva il compito di «coordinare e orientare le Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia, del primo ciclo e dei Licei, secondo criteri di unitarietà e di verticalità coerenti con i processi di progressivo approfondimento e sviluppo delle conoscenze e delle abilità e di maturazione delle competenze caratterizzanti le singole articolazioni del percorso scolastico.»

Alla luce delle riflessioni che si stanno conducendo nel mondo dell’istruzione sulle indagini internazionali (PISA, TIMSS) e sulle indagini del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) è sempre più importante definire che cosa caratterizza i diversi ordini di scuola, in particolare negli anni di passaggio tra la primaria e la secondaria di primo grado e tra la secondaria di primo e quella di secondo grado. Occorre un confronto articolato sia ai diversi livelli di scolarità sia nella prospettiva della verticalità.
Dunque c’è molto ancora da lavorare, per rinnovare davvero la scuola e renderla sempre più appassionante per gli studenti e per gli insegnanti.
Per chi desidera confrontarsi sulla didattica delle Scienze, segnalo che dal sito della rivista Emmeciquadro, accessibile liberamente on-line all’indirizzo www.emmeciquadro.eu, è possibile scaricare molti articoli, anche in versione integrale, e/o richiedere numeri arretrati o articoli di interesse a: redazione_mcquadro@tiscali.it.

Maria Cristina Speciani
(Caporedattore della Rivista Emmeciquadro, già docente di Scienze Naturali nei Licei)

© Pubblicato sul n° 43 di Emmeciquadro

 

 

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