«MODELLI» ALLA PROVA.
La dimensione sperimentale nello studio
delle Scienze della Natura

La messa a tema dei modelli nella conoscenza scientifica in un momento come questo non può evitare il riferimento a un modello che sta tenendo col fiato sospeso la comunità dei fisici di tutto il mondo e un po’ tutti quanti vedono le vicende della scienza non confinabili nel recinto dorato degli specialisti.
Ci riferiamo al cosiddetto Modello Standard, elaborato negli scorsi decenni e giunto, dopo numerose prove e conferme, a un grado elevato di coerenza e compattezza, oltre che di eleganza formale. Con relativamente pochi ingredienti basilari – quark, leptoni, fotoni e bosoni – e l’applicazione di rigorosi criteri di simmetria, il modello riesce a dar ragione della costituzione della materia nell’Universo e a spiegare le interazioni fondamentali tra le particelle, consentendo di descrivere il cosmo nello spazio e nel tempo, almeno fino a qualche istante dopo il Big Bang. Il motivo della sua attualità è nelle ricerche in corso presso il grande acceleratore LHC del CERN di Ginevra – se ne parla anche in questo numero di Emmeciquadro – e del possibile goal dei due esperimenti ATLAS e CMS che sembrano molto vicini alla cattura del bosone di Higgs, l’ultimo ingrediente ancora mancante all’appello e che, se trovato, confermerebbe il meccanismo previsto dal modello per spiegare le diverse masse delle altre particelle fondamentali.
È una situazione particolarmente emblematica del ruolo dei modelli nella conoscenza scientifica e della dinamica che si sviluppa, soprattutto nelle scienze sperimentali, tra elaborazione teorica ed esperimenti. Una dinamica che non è a senso unico – dal modello alla sua verifica – e che offre spunto di una riflessione più ampia sulla sfida conoscitiva rappresentata dalle discipline scientifiche e sulla loro valenza educativa.
Per procedere, occorre sgombrare subito il campo dall’immagine riduttiva e fuorviante che vede i modelli come pure convenzioni, come perfette costruzioni matematiche formali ma prive di qualsiasi pretesa di dire qualcosa della realtà. Oggi si parla continuamente di modellizzazione dei fenomeni e di modelli teorici che tentano di inquadrare i più diversi comportamenti della natura in sistemi concettuali e formali ordinati e coerenti; questo anche perché le scienze si inoltrano sempre più nel cuore di situazioni e fenomeni a elevata complessità, che non si potrebbero dominare neppure in minima parte senza una rigorosa selezione dei parametri in gioco e senza il ricorso a una potente modellistica.
Ma anche quando non veniva espressamente dichiarato, la scienza ha sempre proceduto modellizzando: la fisica galileiana è fiorita proprio dalla capacità di semplificare i fenomeni e di proporre modelli armoniosi, eleganti e compatti. Il punto è che si trattava di una semplificazione intenzionale e consapevole, senza la pretesa di esaurire la ricchezza della realtà rappresentata.
Ecco, nella nostra scuola c’è anzitutto bisogno di prendere coscienza di questo «consapevole», quindi dei limiti di ogni modello e delle condizioni della sua applicabilità. E ancor più, c’è bisogno della convinzione che un modello non è un surrogato della natura ed è fortemente ancorato alla realtà che intende rappresentare e spiegare: un modello parte sempre dai dati, deve rendere conto dei comportamenti osservati e misurati, deve prevedere possibili test per poterlo confermare o falsificare, per «metterlo alla prova» (e gli imponenti esperimenti in corso al CERN lo attestano con evidenza anche spettacolare).
C’è insomma un continuo dialogo tra modello e realtà. Anche perché a volte la realtà precede il modello, rivelando fenomeni per i quali non c’è ancora uno schema interpretativo pronto per essere applicato. È il caso della superconduttività, per la quale abbiamo celebrato nel 2011 il centenario della scoperta, raccontata in un precedente articolo e illustrata in questo numero con un’ampia e precisa rassegna delle principali applicazioni.
Far emergere quel dialogo e mettere in luce tutte le possibili sfaccettature del problema è un compito e una sfida per chi è impegnato nell’educazione scientifica: una sfida che continueremo a raccogliere.



Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 43 di Emmeciquadro

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