Il tema dell’anno scolastico a cui faccio riferimento erano le trasformazioni e i cambiamenti dati dal tempo che passa. I bambini si sono sempre dimostrati curiosi, ma in diversi discorsi emergevano idee piuttosto confuse in merito al latte e alla produzione del formaggio; ricordo ancora un bambino convinto che la mozzarella derivasse da un processo di surgelazione del latte.
Queste perplessità piuttosto diffuse mi hanno spinto ad affrontare un percorso sul latte e il formaggio.



La scoperta del latte attraverso i sensi

Il primo passo è stato quello di portare a scuola del latte fresco su cui abbiamo svolto un’analisi sensoriale. Versato nel bicchiere di plastica bianco, i bambini si sono accorti di come il bianco del latte non fosse uguale a quello del bicchiere, quindi di come hanno sempre colorato il latte in modo un po’ stereotipato.
Questi sono alcuni dei loro commenti: «il latte ha un colore bianco leggero, è bianco con sfumature tendenti al grigio; è bianco panna; ha un colore bianco grigio e dei tratti giallini; è giallino; è bianco, ma è più scuro del bianco del bicchiere di plastica in cui è stato versato; è bianco, ma più scuro dei petali delle margherite; è di un colore bianco giallino, tendente al lucido».
Poi siamo passati all’olfatto e lì mi sono accorta come i bambini scambiassero l’odore del latte con quello del cacao o di altri prodotti che aggiungono al latte al momento della prima colazione.
In realtà non avevano mai odorato solo il latte.
«Il latte profuma di formaggio; ha un odore freddo; sente di fresco; mi sembra di odorare la panna e il formaggio; ha un odore particolare; ha un odore di fresco e di latte e non trovo un altro odore che possa assomigliare a questo».
Infine lo abbiamo assaggiato e per alcuni è stata quasi una prova di coraggio, perché non abituati a bere il latte, ma ne è valsa la pena.
«Ha un sapore dolce; è più caldo di come lo immaginavo; ha lo stesso sapore del formaggio e della panna; ha un sapore fresco; ha un sapore dolce; è dolce e gustoso».



Preparare il formaggio in classe

In quei giorni avevo avuto la possibilità di visitare un caseificio nei pressi di Fidenza (Pr) dove si produce Parmigiano Reggiano e quindi avevo avuto modo di veder da vicino tutte le fasi della filiera produttiva.
Purtroppo non avendo potuto fare un’uscita presso un caseificio con i bambini e memore della mia visita precedente, ho deciso di fare il formaggio in classe.
L’obiettivo della mia proposta era quello di far prendere coscienza ai bambini di come si realizza il formaggio e che è il risultato di un lungo processo di trasformazione, in cui tutto non è dettato dal caso, ma da fasi ben precise.
Ho preso una pentola e vi ho versato 2 litri di latte; ho scaldato il latte su una piastra elettrica fino a farlo diventare tiepido.



Ho fatto mettere nel latte tiepido delle gocce di caglio (procurato da un amico allevatore e casaro della zona).

Dopo qualche minuto il latte iniziava ad addensarsi, o meglio a cagliare (perché risultato dell’azione del caglio).

Intanto che aspettavamo il risultato ho raccontato ai bambini da dove deriva il nome formaggio (da forma), da dove si estrae il caglio e che il formaggio è stata una scoperta casuale.
Poi abbiamo fatto la rottura della cagliata, partendo da un’incisione a croce (il produttore di Parmigiano mi ha spiegato che è buona abitudine farla, è un augurio perché anche quella forma possa stagionare al meglio) e poi l’abbiamo rotta in più pezzettini.
Con una schiumarola abbiamo tolto la parte più solida (la pasta), sgocciolando già buona parte del siero in eccesso e ponendola in uno scolapasta (purtroppo non avevo uno scolino di quelli che si usano per la ricotta, il quale renderebbe maggiormente anche l’idea di forma).

Sopra alla pasta ben pressata abbiamo messo un piatto e un peso per far sgocciolare il siero in eccesso. Così l’abbiamo riposto in frigorifero e abbiamo aspettato un paio di giorni prima di osservarlo nuovamente e di verificare i cambiamenti in quell’arco di tempo.
I bambini sono stati entusiasti del percorso fatto che è stato verbalizzato scandendo le diverse fasi e pretendendo l’utilizzo dei termini più opportuni e di un disegno dal vero.
Quindi è stata un’opportunità per verificare una trasformazione, arricchire il lessico e capire la precisione di un mestiere artigianale.

 

 

Il Formai de Mut

 

I bambini dimostravano di conoscere bene formaggi come la mozzarella di bufala, il pecorino, la burrata, sicuramente formaggi di pregio, ma non conoscevano i formaggi della bergamasca come il Formai de Mut, ricco di una storia particolare e con marchio DOP.

Per cui ho portato a scuola una fetta di questo formaggio e l’abbiamo degustato segnando ogni informazione sulla tabella di rilevazione sensoriale.
Quindi questo percorso ci ha anche permesso di scoprire le ricchezze della nostra provincia. Il percorso sul formaggio ha consentito di fare un breve accenno sulla digestione delle proteine e sull’importanza del formaggio nella nostra alimentazione.

 

 

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Silvia Bonati
(Insegnante presso la Scuola Primaria “San Giuseppe” di Valbrembo (Bg). L’attività descritta è stata svolta nell’anno scolastico 2009-2010 nella classe seconda ed è stata discussa nel gruppo di ricerca Educare Insegnando promosso dall’Associazione “Il rischio educativo”)

 

 

 

© Pubblicato sul n° 44 di Emmeciquadro

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