Nella classe seconda, in cui insegno, il «tema scientifico» dell’anno è quello delle trasformazioni che ho iniziato ad affrontare parlando dell’autunno. O, più precisamente, introducendo i bambini a conoscere l’autunno e i cambiamenti che avvengono in questa stagione attraverso le azioni significative dell’osservare, denominare, raccontare (o rappresentare con disegni).
I bambini hanno portato a scuola molti ricci e castagne, le pannocchie e diversi tipi di foglie. È stata l’occasione per osservare frutti già visti in passato ma con uno sguardo sempre nuovo.
Inizialmente abbiamo osservato le diverse pannocchie (erano di colori differenti) e quindi i bambini hanno capito che ne esistono diversi tipi; ho anticipato i nomi delle diverse parti.
Successivamente li ho invitati a rappresentare le pannocchie: sono rimaste a disposizione dei bambini perché il loro disegno fosse il più possibile corrispondente alla realtà.
Dopo l’osservazione, in un secondo momento, abbiamo denominato (e quindi trascritto sul quaderno) le diverse parti di cui è composta la pannocchia vicino al loro disegno. Denominare è un passo necessario per descrivere quello che accade e favorisce un arricchimento lessicale.
Successivamente abbiamo sgranato le pannocchie e abbiamo utilizzato i chicchi di mais per fare un’attività di matematica (contare e raggruppare). Questo tipo di lavoro è stato fatto anche per i ricci e le castagne.
Così, il riferimento all’autunno tipico dell’inizio dell’anno scolastico si è articolato in una serie di attività didattiche ricche di contenuto e di metodo, preziosa introduzione al lavoro successivo.
L’autunno e l’uva
Un’altra attività molto entusiasmante per i bambini è stata la produzione del succo d’uva.
Molto spesso, all’inizio della classe seconda, si organizza una uscita didattica presso un’azienda vinicola della zona per partecipare alla vendemmia e capire come viene trasformata l’uva per produrre il vino. Per motivi organizzativi non ci è stato possibile effettuare l’uscita, ma abbiamo provato in classe a «trasformare» l’uva: una trasformazione meccanica, che ci ha permesso di ottenere il succo, preparazione base per molte altre produzioni, anche industriali, e di imparare a conoscere il frutto dell’uva in tutte le sue parti.
Dopo l’osservazione, i bambini hanno dipinto l’uva con le tempere su grandi fogli; è stato bellissimo vedere come i bambini siano stati attenti alla preparazione del colore, poiché cercavano quello che corrispondeva maggiormente alla realtà. Hanno fatto disegni molto curati e ho notato un passo di crescita rispetto al primo «disegno scientifico» fatto quest’anno (la pannocchia), indice che il loro sguardo si sta abituando a un’osservazione più minuziosa dei particolari (ognuno ha scelto liberamente il grappolo d’uva da rappresentare).
Anche in questo caso abbiamo denominato le diverse parti della vite e del grappolo d’uva.
In un secondo momento abbiamo prodotto il succo d’uva. Riporto di seguito la sintesi del lavoro come si è svolto; sono foto e osservazioni emerse nella classe parallela, ma l’attività è la medesima svolta anche nella mia classe.
Successivamente è seguito un lavoro linguistico articolato come racconto personale dell’esperienza e come registrazione delle sequenze che narrano le diverse fasi del lavoro.
Dall’uva al succo
Poiché l’anno della seconda è l’anno in cui si studiano le trasformazioni, abbiamo deciso di trasformare per un giorno la classe in un laboratorio.
I bambini sono stati invitati a portare dei grappoli d’uva per poter guardare da vicino questo frutto tipicamente autunnale.
Ci interessa infatti osservare il frutto della vite e vedere come, con l’intervento dell’uomo, ciò che si trova in natura può essere trasformato in qualcosa di utile.
Primo giorno: osservazione dei tralci e dei grappoli
Utilizzando i cinque sensi la nostra uva è stata guardata, toccata, annusata e gustata.
Durante questa prima fase del lavoro chiedo ai bambini se in qualche modo l’uva ci parla, ci dice qualcosa. Ecco le loro risposte, raggruppate secondo i diversi «metodi» di osservazione, a documentare il fatto che ogni bambino ha «incontrato» l’uva in prima persona e ne ha rilevato le caratteristiche sensibili.
Riporto le loro parole anche per mostrare che con i nostri sensi si possono fare rilevazioni anche molto diverse tra loro, ma vere per chi le ha fatte; su questo concetto potremo tornare più avanti, per imparare che esistono anche caratteristiche «oggettive», come per esempio il peso, le dimensioni eccetera.
Guardando con gli occhi (senso della vista) alcuni bambini ne hanno notato la forma e l’aspetto: gli acini sono lucidi; il grappolo non è perfetto perché i chicchi non sono tutti uguali, ce ne sono di grandi e di piccoli; guardandoli da vicino si vedono delle striature sotto la buccia, un po’ come le foglie; non è vero che gli acini sono tutti tondi, perché alcuni sono ovali e altri allungati come la pera.
In modo interessante, la ricerca visiva dei particolari ha portato ad alcune ipotesi e scoperte particolari: se metti un acino contro la luce vicino alla finestra vedi quello che c’è dentro; all’interno ha dei semini; la buccia è sottile e quindi diventa trasparente se lo metti controluce.
Toccando i frutti (senso del tatto) altri bambini ne hanno saggiato la consistenza e la conformazione esterna: l’acino dell’uva è molle; quando lo tocchi sembra che abbia delle gobbette; la parte del chicco attaccata al grappolo è più dura; l’acino d’uva è liscio, mentre il gambo è piuttosto ruvido; è abbastanza appiccicoso quando lo tocchi; tutto il chicco è duro perché l’uva è fresca, ma se la lasci lì per un po’ inizia a diventare molle e anche la buccia si stropiccia.
Ma hanno anche rilevato (si dovrà tornare su queste notazioni) caratteristiche che avranno bisogno di ulteriori approfondimenti: il grappolo è pesante; l’acino è molto delicato, se per sbaglio ti cade, esplode; è un po’ elastico perché quando provi a schiacciarlo si rimpicciolisce e poi ritorna come prima.
Più semplici, anche se non univoche, le rilevazioni compiute con il senso dell’olfatto: ho annusato l’uva e non è molto profumata; ha un buon profumo; profuma d’aceto.
E anche le sensazioni provate con il senso del gusto: è dolce come lo zucchero; è succosa, buona, colorata; è succosa e dolce; quella bianca è un po’ amarognola; la polpa in bocca è più dolce; quando mastichi il chicco la buccia è più dura e ti rimane più in bocca; mentre la mastichi senti i semini piuttosto duri, infatti io l’ho sputata; la parte interna è piuttosto morbida e te ne accorgi solo quando la mangi; l’uva nera mi ricorda un po’ il sapore della ciliegia; quando tieni il chicco in bocca e lo tocchi con la lingua sembra viscido.
Dopo aver osservato con attenzione i grappoli d’uva, gli alunni sono stati invitati a rappresentare un grappolo a loro scelta con le tempere su un foglio da disegno (formato grande).
Secondo giorno: la spremitura
Gustando l’uva molti bambini hanno notato che è «succosa».
Ora si tratta di compiere una serie di operazioni per estrarre e raccogliere il succo dal frutto.
I bambini di oggi sono abituati a bere «succhi» di ogni tipo e capire quante azioni sono necessarie per ottenerli dai frutti e ripeterle in classe è stata una grande conquista.
Va anche sottolineato che le operazioni compiute secondo una precisa successione, dalla cernita degli acini alla compressione meccanica, alla separazione usando un colino, al travaso, hanno richiesto grande attenzione, abilità manuale e collaborazione reciproca, come documentano anche le immagini riportate.
PRIMA TAPPA
L’uva viene dapprima lavata. Gli acini vengono staccati dal raspo e riposti dentro alcune vaschette.
SECONDA TAPPA
Si separa la vinaccia dal mosto usando un colino, schiacciandola con le mani per ottenere tutto il liquido possibile.
TERZA TAPPA
Si travasa il succo nelle bottiglie.
QUARTA TAPPA
Si conclude l’attività con un brindisi di tutti i bambini che hanno assaggiato un sorso di succo d’uva.
Alla fine ogni bambino ha portato a casa un pò del succo d’uva prodotto.
Successivamente è stato fondamentale far raccontare ai bambini, sia oralmente sia sul quaderno, le tappe del lavoro affinché si rendessero più coscienti e consapevoli dell’esperienza vissuta.
Silvia Nobile
(Insegnante presso la Scuola Primaria IMIBERG a Bergamo. L’attività descritta è stata svolta nel corrente anno scolastico nelle classi seconde ed è stata discussa nel gruppo di ricerca “Educare insegnando” promosso dall’Associazione “Il rischio educativo”)
© Pubblicato sul n° 44 di Emmeciquadro