Alla “Fattoria dei fiori” di Entratico (Bg), dove siamo andati nel mese di ottobre, abbiamo partecipato a due incontri, uno sull’uva e la vendemmia e uno sul mais.
Abbiamo effettuato questa uscita perché ci interessava: osservare la vite e i suoi frutti; osservare il granoturco e le pannocchie; vedere come, con l’intervento dell’uomo, ciò che si trova in natura può essere trasformato in qualcosa di diverso – in particolare dall’uva ottengo il vino e dalla pannocchia la farina di mais.
Un altro scopo è stato quello di fare un affondo sui cinque sensi che abbiamo utilizzato per «osservare» uva e mais (vedere, toccare, annusare, assaggiare e ascoltare). Iniziando così, fin dalle prime classi, l’introduzione allo studio del corpo umano.



La stesura di un testo collettivo

Rientrati dalla gita, abbiamo steso collettivamente un testo che raccontasse la giornata vissuta, cercando di far emergere in modo particolare quel che avevamo visto e imparato.
Abbiamo lavorato sul testo pensando, insieme ai bambini, alcune domande guida che ci aiutassero a raccontare tutto quel che era successo e, quindi, facendo un vero e proprio lavoro sulla cura della forma, del lessico, dell’ortografia eccetera.
Lo abbiamo scritto in metà facciata di quaderno e poi abbiamo proposto ai bambini un lavoro di abbinamento di immagini alle sequenze, utilizzando in parte foto fatte durante l’uscita, e in parte chiedendo loro di far dei disegni.



Ieri, mercoledì 19 ottobre 2011, noi alunni di 2°A e 2°B, con le maestre, siamo andati in gita a Entratico, in una cascina, per imparare come si producono il vino e la farina del mais.
Appena arrivati, abbiamo conosciuto Cristian, un contadino, che ci ha mostrato la vite e ci ha insegnato i nomi delle sue parti.

 Abbiamo pigiato l’uva, prima con i piedi e poi nella pigiatrice.

Con il torchio, abbiamo separato le vinacce dal mosto.

Nella cantina, abbiamo travasato il mosto in una botte di legno.
Nel frattempo Cristian ha trovato un riccio e ce l’ha mostrato.
Infine tre nostri compagni hanno tappato una bottiglia con la tappatrice.



Dopo aver lavorato tanto, ci siamo gustati degli ottimi panini per pranzo.
Nel pomeriggio, abbiamo imparato come si produce la farina gialla.
Dopo aver sgranato le pannocchie, abbiamo messo i chicchi di mais nel mulino e Cristian li ha macinati.

Con l’impasto di mais, zucchero, latte e uova abbiamo preparato dei biscotti.
Mentre cuocevano, Cristian ci ha servito squisiti pop-corn per merenda.
In seguito ci ha mostrato la vigna.
La giornata si è conclusa con un giro sul calesse, trainato dal pony Carletto.
È stata una gita davvero indimenticabile!

Ogni bambino ha poi scritto in modo autonomo il momento della giornata che gli è piaciuto di più.

 

 

I nomi della vendemmia

 

Il secondo lavoro proposto è stato quello di stendere la nomenclatura relativa a uva e vendemmia: in classe, abbiamo ricordato i nomi che avevamo imparato da Cristian, la nostra guida, rispetto all’uva e al mais, e abbiamo scritto in modo collettivo le definizioni.
Le ho poi assegnate ai bambini da studiare.

 

Vigneto o vigna
campo coltivato a vite

 

Vite
pianta rampicante che produce l’uva

 

Grappolo
insieme di acini attaccati al raspo e al tralcio

 

Raspo
grappolo senza acini

 

Tralcio
ramo della vite da cui pende il grappolo

 

Viticcio
rametto ricciolino che fa arrampicare la vite

 

Pampino
foglia della vite

 

Acino
chicco di uva con all’interno polpa e semi

 

Pigiatrice
macchina che serve a pigiare l’uva

 

Mosto
succo che si produce pigiando l’uva

 

Torchio
macchina che separa le vinacce dal mosto

 

Vinacce
scarti della pigiatura che si utilizzano per produrre la grappa

 

Botte e bottiglie
contenitori per il mosto e il vino

 

 

Le trasformazioni del mosto

 

Parallelamente abbiamo osservato e registrato i cambiamenti del mosto.
Infatti, alla fattoria ci hanno consegnato parte del mosto ottenuto dalla pigiatura effettuata dai bambini; una volta a scuola, lo abbiamo versato in un contenitore e ogni giorno abbiamo osservato quel che succedeva: i bambini attendevano questo momento e si mostravano molto attenti nel registrare i cambiamenti.
Ho preso nota di quel che dicevano i bambini, aggiornando il “Diario delle osservazioni”, che ho poi appeso in classe: ho scelto le osservazioni che mi sembravano rilevanti, le ho suddivise secondo i «sensi» messi gioco e ho tenuto conto delle loro domande.

 

Diario delle osservazioni

 

Giovedì 20 Ottobre
Vuotiamo il mosto dalla bottiglia in un catino. Il succo è rosso scuro, bordeaux.
Il mosto manda un forte odore.

 

Venerdì 21 ottobre
Abbiamo travasato il mosto nella ciotola. I bambini osservano che le bucce si sono gonfiate, ci sono delle bolle e il mosto è più scuro rispetto a ieri. Ha un odore pungente, che sembra di vino.

 

Lunedì 24 ottobre
L’odore è sempre più forte. Sopra al mosto c’è qualcosa di bianco, come dei sassolini; sembra ghiaccio, una polverina, gelatina. Un bambino suggerisce che è una “patina” e ci spiega cos’è la patina: una copertura molto sottile che si forma su alcune cose. Sotto invece è liquido.
I bambini notano anche che si vedono più bucce di prima…… perché sono venute a galla, si sono gonfiate….. ma non galleggiano…..perché la patina le tiene ferme.
Rispetto al colore si accorgono che il succo sotto è nero, sopra è viola.

 

Giovedì 28 ottobre
I bambini notano che la “patina” si è gonfiata, è più densa e più scura.
Ha un odore sempre più pungente.
Proviamo a mescolare….. I bambini osservano che abbiamo alzato, rotto la “patina”, che è andata a fondo, come se fosse affogata.
Se peschiamo col cucchiaio dal fondo… prendiamo la “patina” ….. e le bucce! Non c’è più il fondo, perché si è rimescolato.

 

Mercoledì 2 novembre
Ci accorgiamo che sopra al mosto e sulle pareti della ciotola ci sono dei “vermetti”. Le bucce non ci sono più, sono affondate: il “terriccio” si è formato perché le cose più pesanti come le bucce e la polpa, sono andate sul fondo.
L’odore è sempre più pungente, più forte.

 

Lunedì 7 novembre
L’odore del mosto si è fatto sempre più intenso. Tutti concordiamo sul fatto che “sembra odore di aceto”. Come dice Sara: può essere che il nostro mosto si sia trasformato in aceto anziché in vino; per fare il vino serve che il mosto riposi a una certa temperatura, al buio … noi qui a scuola non le abbiamo rispettate.

 

 

Non solo mosto

 

In grammatica, abbiamo ripassato le parole con GNI e fatto un affondo su quelle con NI proprio a partire dalle parole VIGNA e VIGNETO che abbiamo appena imparato.

Abbiamo anche proposto un problema di matematica relativo agli acini di due grappoli d’uva.

Problema

Ieri ho comperato due grappoli d’uva.
Sul grappolo di uva nera ci sono 80 acini. Su quello di uva bianca ci sono 70 acini.
Quanti acini posso mettere nella macedonia?

Disegno

 

Operazione
80 + 70 = 150

 

Risposta
Possiamo mettere nella macedonia 150 acini d’uva.

 

Durante l’open day i bambini hanno tenuto una lezione ai genitori in cui abbiamo letto il testo, raccontato le parole studiate tramite due cartelloni attacca – stacca e raccontato i cambiamenti del mosto corredati da una proiezione di foto.

È stato interessante notare come i bambini si siano messi in gioco nel raccontare ai genitori l’esperienza vissuta e le «scoperte» fatte.

 

 

Attività correlate

 

Il lavoro è proseguito con la collaborazione della maestra Emanuela (biologa che si occupa, nella nostra scuola, di animazione) che ci ha aiutato a capire meglio diversi tipi di trasformazione.
Abbiamo allestito un banco con una tovaglia su cui abbiamo esposto gorgonzola e latte, birra e malto, vino e uva, pane e farina e il mosto.
Abbiamo osservato gli alimenti: cosa hanno in comune?
Cosa osserviamo di diverso tra la materia prima e il prodotto finito?
La maestra Emanuela ha raccontato che le materie prime sono «trasformate» grazie alla presenza di piccolissimi viventi, lieviti saccaromiceti che agiscono sugli zuccheri contenuti, per esempio, nella farina e nel mosto.
Utilizzando altri materiali (panetti di lievito fresco, provette, zucchero, acqua, palloncini di diverso colore) abbiamo eseguito un esperimento. Prima i bambini, divisi in gruppi, hanno osservato, annusato, toccato, assaggiato un panetto di lievito. Poi abbiamo allestito tre provette.
La provetta n. 1 contiene acqua + zucchero ed è ricoperta con un palloncino rosso.
La provetta n. 2 contiene acqua + lievito di birra ed è ricoperta con un palloncino giallo.
La provetta n. 3 contiene acqua + lievito di birra + zucchero ed è ricoperta con un palloncino azzurro.
Dopo circa mezz’ora abbiamo notato che il palloncino azzurro, posto sopra la terza provetta, si è gonfiato. Abbiamo quindi, oralmente, «tirato le conclusioni»: il palloncino si gonfia solo dove sono presenti lieviti e zucchero, perciò i saccaromiceti “lavorano” e producono gas trasformando lo zucchero. Dalla conversazione di classe ho ricavato un testo che ho consegnato ai bambini.
In seguito, ogni bambino ha descritto in un testo le caratteristiche del lievito rilevate e le fasi del’esperimento effettuato.

 

 

E adesso?

 

Il nostro percorso proseguirà a gennaio: ci chiederemo «Cosa abbiamo usato per “osservare”, “capire come è fatta” l’uva?».
L’abbiamo assaggiata (gusto), annusata (olfatto), osservata (testo collettivo di descrizione di un grappolo) (vista), toccata (tatto): avvieremo così il lavoro di studio dei cinque sensi che completeremo con l’udito.
Mi sembra, dopo aver fatto questo lavoro, di aver più chiaro che le diverse discipline che entrano in gioco in un percorso didattico come quello seguito a questa uscita, aprono dei piccoli squarci sulla realtà che poi, sintetizzati sotto la guida della maestra, hanno portato i bambini alla conoscenza: la realtà, infatti è una, e affrontarla da diversi punti di vista (le discipline), ci ha aiutati a sistematizzarla e classificarla per andare sempre più a fondo nella conoscenza.

 

 

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Sara Bergamaschi
(Insegnante presso la Scuola Primaria “L’Arca” a Legnano. L’attività descritta è stata svolta nel corrente anno scolastico nelle classi seconde ed è stata discussa nel gruppo di ricerca Educare insegnando promosso dall’Associazione “Il rischio educativo”)

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 44 di Emmeciquadro


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