La mostra, realizzata a cura dell’Associazione Euresis e della Fondazione “Jérôme Lejeune” e in collaborazione con l’Associazione “Medicina e Persona” e il Centro Culturale “Crossroads”, mette a tema l’uomo e il suo destino proponendo un’indagine sulla «natura umana»: a partire dalla testimonianza del medico e Servo di Dio Jérôme Lejeune; attraverso episodi della vita stessa dello scienziato, presenta gli sviluppi della genetica clinica e le più recenti acquisizioni della biologia evoluzionista sul determinismo genetico.
All’inizio della mostra viene ripercorsa la sua formazione scientifica nel contesto delle conoscenze biomediche del suo tempo e vengono introdotte alcune nozioni base di biologia e di genetica. Successivamente viene descritta la sua attività scientifica, il suo approccio alla ricerca e le sue scoperte: in particolare, come è arrivato a dimostrare nel 1959 il nesso tra sindrome di Down e trisomia 21.
Lejeune è un ricercatore, ma è anche un medico, in particolare pediatra: la sua posizione, e quindi lo scopo della sua ricerca scientifica, è conoscere per curare non per eliminare gli «indesiderabili».
Si introducono esempi di come la ricerca genetica abbia reso possibile curare alcune sindromi ereditarie e, proprio a partire dalla testimonianza di Lejeune, dell’importanza per il malato di un contesto umano anche nei casi dove non ci siano progressi. Vengono evidenziate le basi scientifiche e di fede cristiana sulle quali Lejeune fonda la sua visione dell’uomo, basi che sono all’origine delle sue decise prese di posizione pubbliche in favore della vita: per Lejeune ogni uomo è «unico» e «insostituibile» e come tale deve essere guardato.
Lungo il percorso della mostra si evidenziano i passaggi che hanno portato dalle scoperte di Lejeune ai progressi della genetica moderna. Oggi conosciamo la gran parte dei geni dell’uomo e l’intera sequenza del suo DNA, quindi è possibile individuare le basi genetiche di numerose malattie. Inoltre con le tecnologie attuali possiamo ottenere l’intera sequenza del DNA di numerosissimi singoli individui.
A partire da queste consapevolezze scientifiche, sorgono molte domande alle quali è necessario dare risposta. A che scopo tutto ciò? Che informazione possiamo ricavarne? Questa conoscenza è per curare meglio, come affermava Lejeune, o è per selezionare (eugenetica)? Sarà sempre la testimonianza di Lejeune che ci accompagnerà e ci guiderà paternamente alla risposta, lungo tutto il percorso.
Nella mostra si sottopone a critica l’idea, peraltro molto diffusa, che ci sia un «gene per» ogni caratteristica: è l’idea che l’uomo, e più in generale ogni organismo vivente, è la somma di tanti «geni per».
La moderna biologia evolutiva ci dice che il corredo genetico più che un «programma esecutivo» è un insieme di «strumenti» che l’organismo biologico usa, insieme a molte altre fonti di informazione, come l’ambiente famigliare o l’educazione, per costruire la sua vita. Quindi risulta difficile pensare ai viventi, e soprattutto all’uomo, come a esseri totalmente determinati e dipendenti dai geni. E riaffiora quell’immagine, cara a Lejeune, dell’unicità irriducibile dell’uomo e della contingenza di ogni vivente: lo sguardo su questa grande verità non può non essere una continua e inesauribile fonte di sorpresa, che porta alla domanda «Che cos’è l’uomo perché Te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché Te ne curi?».



Filippo Peschiera
(Dottore Magistrale in Scienze Chimiche, Università degli Studi di Milano. Membro del Centro di Documentazione Interdisciplinare Scienza e Fede (DISF), Pontificia Università della Santa Croce, Roma)

© Pubblicato sul n° 45 di Emmeciquadro

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